Da “Evasione
e compensazione occulta” (2012) di Umberto Eco, riportato in “Pape Satàn
Aleppe” – “La nave di Teseo” editrice (2016), pagg. 469, € 20 – alle pagine
298-300: Ci sono evasori fiscali in tutti i paesi perché il dispiacere di pagar
tasse è profondamente umano. Ma si dice che gli italiani siano più inclini di
altri popoli a questo vizietto. Perché? Devo riandare ad antichi ricordi, e
rievocare la figura di un vecchio padre cappuccino di grande umanità, dottrina
e bontà, a cui ero molto affezionato. Ora questo amabile vegliardo, nel
comunicare a me e ad altri giovani i principi dell'etica, ci aveva spiegato che
contrabbando ed evasione fiscale, se sono peccati, lo sono in modo veniale
perché non contravvengono a una legge divina, bensì solo a una legge dello
Stato. Avrebbe dovuto ricordare sia la raccomandazione di Gesù di dare a Cesare
quel che è di Cesare, sia quella di San Paolo ai Romani ("Rendete a
ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le
tasse"). Ma forse sapeva che, nei secoli passati, alcuni teologi avevano
sostenuto che le leggi fiscali non obbligano in coscienza, ma soltanto in forza
della sanzione. Però, nel riportare oggi questa opinione, Luigi Lorenzetti,
direttore della "Rivista di Teologia Morale" commenta: «Si fa torto,
però, a quei teologi se si ignora il contesto sociale ed economico che li ha
indotti a inventare tale teoria. L'organizzazione della società non era per
niente democratica; il sistema fiscale ingiusto, gli esosi balzelli opprimevano
i poveri». Infatti il mio cappuccino citava un altro caso, quello della
compensazione occulta. Per dirla nel modo più semplice, se un lavoratore
ritiene di essere ingiustamente sottopagato, non fa peccato se sottrae
tacitamente quel di più a cui avrebbe diritto. Ma solo se la sua paga è
evidentemente iniqua e gli si nega la possibilità di appellarsi alle leggi
sindacali. Però su un argomento del genere lo stesso san Tommaso aveva suoi
dubbi. Da un lato «quando una persona versa in tale pericolo… allora uno può
soddisfare il suo bisogno con la manomissione, sia aperta che occulta, della
roba altrui. E l'atto per questo non ha natura di furto o di rapina» (Summa
Theologiae II-II, 66, 7). Dall'altro «chi prende la roba propria a chi la
detiene ingiustamente, pecca non già perché fa un torto a costui… ma pecca
contro la giustizia legale, perché si arroga il giudizio sui propri beni
scavalcando le regole del diritto» (Summa II-II, 66, 5). E sulle regole del
diritto san Tommaso aveva idee chiare e severe, e non avrebbe concordato con
Berlusconi quando diceva che i cittadini erano da comprendere se evadevano un
fisco troppo esoso. Anche per Tommaso la legge era la legge. Tuttavia la
concezione tomista del diritto di proprietà era cattolicamente più
"sociale", in quanto la proprietà era da considerarsi giusta
"quanto al possesso" ma non "quanto all'uso": se io ho un
chilo di pane acquistato onestamente ho diritto di esserne riconosciuto
proprietario, ma se accanto a me c'è un barbone che muore di fame dovrei
dargliene una metà. Sino a che punto l'evasione è compensazione occulta? In un
"Trattato di teologia morale" che trovate su Internet sul sito Totus
Tuus, mentre si raccomanda di attenersi alle leggi vigenti e si osserva che «la
parte più sana della popolazione» paga le tasse e non fa contrabbando, si
ammette tuttavia che «l'evasione comunque non è riguardata come fatto lesivo
dell'onore (la stessa legge la considera illecito amministrativo e non reato),
sebbene crei un senso di disagio morale». E quindi avrebbe torto Monti a dire
che gli evasori sono ladri: sono solo delle persone che dovrebbero provare
disagio morale. Ma il mio ecclesiastico di cui dicevo prima non scendeva in
queste sottigliezze casuistiche, si limitava a dire che evasione e contrabbando
non sono peccati mortali perché vanno "soltanto" contro le leggi
dello Stato. E in questa sua posizione mi pare riflettesse una educazione che
aveva ricevuto da giovane, prima dei Patti Lateranensi, per cui lo Stato era
una cosa così cattiva che non bisognava dargli retta. Si vede che qualcosa di
queste antiche idee è rimasto nel Dna del nostro popolo.
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