"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 14 gennaio 2020

Letturedeigiornipassati. 82 «L’amore cristiano non ha nulla di consolatorio».


Tratto da “La parola di Gesù sul lettino di Freud” dello psicoterapeuta - lacaniano - Massimo Recalcati, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di gennaio dell’anno 2013: (…). Per il padre della psicoanalisi, (…), l’uomo religioso è abbagliato da una illusione narcisistica. A partire da Freud – forse con la sola eccezione significativa di Lacan – la tradizione psicoanalitica ha sostenuto compattamente l’idea della religione come “nevrosi” o, addirittura, come “delirio dell’umanità”.
L’uomo religioso è l’uomo che rifiuta la responsabilità di affrontare le asprezze reali della vita per rifugiarsi nella credenza illusoria di un “mondo dietro il mondo” – come direbbe Nietzsche – , regredendo allo stato di un bambino che trasferisce su Dio tutti quei tratti di infallibilità e di perfezione che prima attribuiva al proprio padre. (…). Gesù ci insegna a non avere paura di accogliere la forza e la trascendenza del desiderio che ci abita e che spinge la vita umana al di là del campo animale del soddisfacimento dei bisogni. L’egoista non è chi segue con fedeltà la chiamata del suo desiderio, ma colui che pretende che gli altri si uniformino al suo. Chi invece segue con decisione la chiamata del proprio desiderio, come fa, al limite della truffa, il fattore disonesto raccontato in una parabola dall’evangelista Luca, non è un egoista in senso dispregiativo, ma qualcuno che sa rendere la sua vita generativa. Per questo (…) (si) vede nel completamento cristiano della Legge ebraica una sovversione radicale del rapporto tra Legge e desiderio. La forma più alta e liberatoria della Legge non entra in conflitto repressivo col desiderio perché coincide in realtà con il desiderio stesso. In questo senso Gesù insegna il desiderio, insegna a non rinunciare al proprio desiderio. Com’è liberatoria questa versione della parola di Gesù rispetto alla sua riduzione ad un ammonimento morale! (…). Prendiamo come esempio quella nota a tutti del buon samaritano. L’interpretazione catechistica la riduce al fatto che tutti noi dovremmo dedicare del tempo a chi giace inerme e ferito sulla nostra strada, al nostro prossimo più sfortunato. (…). ...invece (si) identifica il prossimo non con lo sventurato che chiede aiuto, ma con chi offre in modo disinteressato il suo aiuto. Strabiliante! Il prossimo è il buon samaritano! Ed è per questo, per come ci ha soccorsi e donato il suo tempo senza esigere riconoscenza alcuna, né farci sentire in debito, che occorre amarlo, amare il samaritano come nostro prossimo. Per questa ragione l’amore cristiano non ha nulla di consolatorio, non è un rifugio illusorio, non è una negazione del carattere spigoloso del reale. L’amore in Gesù è – come avviene nell’incontro con il buon samaritano – una forza che ci scuote e che porta con sé la necessità dello strappo e della separazione. Nella celebre parabola del figliol prodigo tra i due fratelli il peccato più grande – il solo che conta – l’ha compiuto chi si aspettava che l’eredità fosse semplicemente una questione di clonazione, di fedeltà passiva al passato. Il figlio che resta accanto al padre è il figlio nel peccato perché non accetta la Legge del desiderio che è la Legge della separazione. Gesù è l’incarnazione pura di questa forza separatrice («Non sono venuto a portare la pace ma la spada!»). Molte delle parabole (…) mettono il dito nella piaga mostrando il rischio che il legame familiare scivoli verso un legame incestuoso che impedisce lo sviluppo pieno della vita. È questo il caso dei racconti delle resurrezioni, come quella del figlio della vedova di Nain, della figlia di Giairo o dello stesso Lazzaro. La parola di Gesù risveglia dalla morte perché strappa la vita da legami mortiferi che non la fanno accedere alla potenza generativa del desiderio. “Vieni fuori!” – il grido che Gesù rivolge a Lazzaro – deve essere preso come un nuovo imperativo categorico che consegna la vita umana alla Legge del desiderio. “Vieni fuori!” significa: non stare nel riposo incestuoso, non evitare il rischio della perdita, non delegare il tuo desiderio a quello dell’Altro, non smarrire la tua più singolare vocazione! È questo il volto di Gesù (…) che ribalta un altro luogo comune che vorrebbe liquidare la verità del cristianesimo come un evitamento dell’incontro col reale (la morte, il sesso, la malattia, l’angoscia, ecc). La lettura (…) rovescia anche questo pregiudizio mostrando come il reale scaturisca proprio dall’incontro con la parola di Gesù perché questa parola spinge ciascuno di noi ad assumere la Legge del proprio desiderio. Gesù non vuole proteggere la vita dalle ustioni del reale, non si offre come riparo consolatorio, né tantomeno pretende di guidare le nostre vite. Egli è l’incarnazione della Legge del desiderio; non ci guida, ma ci attrae a sé. È causa del desiderio e non emissario di una Legge sadica che opprime il desiderio.

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, è senza dubbio affascinante e rivoluzionaria questa interpretazione che Recalcati ci dà della figura di Gesù e del Vangelo. Ma mi riesce difficile accettarla e condividerla totalmente, senza avere prima approfondito e puntualizzato alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra "Legge" e "desiderio". Il desiderio occupa un posto fondamentale nella vita umana. E, secondo me, lungi dall'essere preda del materialismo più sfrenato, il mondo dei desideri rimanda essenzialmente alla dimensione spirituale, perché invita a uscire da se stessi per elaborare un progetto, a scommettere su di esso, portando a compimento quanto ci sta realmente a cuore, perché capace di dare senso, significato e direzione alla propria vita. In ambito psicologico il desiderio, a differenza del bisogno, attraversa tutti gli aspetti della vita, intellettuale, spirituale, relazionale. Nel desiderio c'è un elemento di continuità che indica una direzione, un percorso, un senso al vivere, a differenza del bisogno che è puntuale, limitato, circoscritto e di breve durata. Non è quindi il cieco impulso, l'istinto incontrollato, ma una tendenza significativa verso qualcosa di veramente apprezzabile. Intendo il desiderio come motore di ricerca di senso nella vita, come linfa che nutre l'amore per la vita, perché rinnova il gusto di interrogarci su di noi, sul nostro rapporto con il mondo, con gli altri. Il desiderio così inteso non è contrario alla "Legge", se Essa è stata interiorizzata, ma, provenendo dalla nostra interiorità, non può che essere che chiaro riflesso di quello che noi interiormente abbiamo scelto di essere e quindi siamo. La "Legge"si identifica con quella Verità che abita dentro di noi, della quale dobbiamo diventare consapevoli, perché tale consapevolezza genera desideri conformi alla " Legge "e non in conflitto con Essa. Grazie per questo post coinvolgente e buon lavoro. Agnese A.

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