"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 26 febbraio 2017

Scriptamanent. 73 “La nuova solitudine repubblicana”.



Da “Il populismo d'Occidente che cancella i moderati” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 26 di febbraio dell’anno 2016: (…). Scopriamo improvvisamente, in questi ultimi anni, che il meccanismo democratico da solo non ci protegge. Anzi, potremmo dire che la scoperta è più radicale: la democrazia non basta a se stessa. Nasce il disincanto della rappresentanza, la nuova solitudine repubblicana. Tutto diventa fragile e transitorio, nulla merita un investimento a lungo termine, dunque la stessa politica tradizionale finisce fuorigioco perché cerchiamo risposte individuali a problemi collettivi. C'è un elemento in più. Prima della crisi il ceto medio emergente aveva tentato di diventare soggetto politico mettendosi in proprio, autonomizzandosi sia dalla grande borghesia che dal proletariato: in Italia questa avventura aveva avuto come demiurgo Berlusconi con la promessa di uno Stato più leggero, di una forte riduzione delle tasse, di un sovvertimento della classe dirigente. Il fallimento del progetto berlusconiano - che non aveva evidentemente nulla di moderato e ben poco di conservatore - e il gelo della crisi hanno frustrato due volte questo tentativo di emancipazione di soggetti sociali che perdono la speranza di produrre politica direttamente dai loro interessi legittimi, si proletarizzano per le difficoltà finanziarie e ripiegano sconfitti in quella che De Rita chiama la "grande bolla" del ceto medio. L'esito di questi percorsi collettivi è il riflusso da ogni discorso pubblico o appunto la ribellione, l'antipolitica. Nella convinzione che il cittadino possa disinteressarsi dello Stato, senza accorgersi che nello stesso tempo lo Stato si disinteressa di lui, perché quando la sua libertà non si combina con quella degli altri e l'esercizio dei suoi diritti resta soltanto individuale, lui diventa un'unità anonima da rilevare nei sondaggi, realizzando la vera solitudine dei numeri primi. Si capisce che a questo crocevia tra la solitudine e la ribellione stia accampato il populismo, interessato ad entrambe. Tutti diversi tra loro, i leader radicali hanno un tratto in comune: propongono soluzioni semplici a problemi complessi (il "puerilismo", lo chiamava Huizinga) danno sempre la colpa ad un nemico esterno, attaccano un potere gigantesco e indefinito, berciano sulle élites, si rinchiudono nell'ossessione territoriale, immaginano complotti perché investono su un indebolimento dello spirito critico a vantaggio di una visione mitologica dell'avventura presente. I problemi veri - il lavoro che manca, la crescita che arranca, Daesh che uccide - vengono evocati e cavalcati, ma in forma fantasmatica, all'insegna di una sfiducia perenne nei confronti delle istituzioni e della stessa democrazia. (…). È la ricetta semplice e forte del fondamentalismo che negando valore ad ogni teoria divergente o preesistente costruisce quel senso di falsa sicurezza tipico di chi vive murato all'interno delle fortezze, pensando - come spiega Bauman - di tagliare fuori così "il caos che regna all'esterno". È il destino della destra italiana che spento il fuoco pirotecnico del berlusconismo consegna le sue ceneri a Salvini, rassegnandosi dopo il titanismo del Cavaliere all'imitazione da Asterix padano del lepenismo. (…).

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