"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 3 febbraio 2017

Primapagina. 26 “Donald&Steve”.



Da “Bannon, l’uomo forte che ha dettato a Donald la linea anti-immigrati” di Vittorio Zucconi, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 31 di gennaio 2017: C’è qualcosa di marcio nel castello del nuovo sovrano, c’è un uomo che dalla curva più estrema della Destra americana più scalmanata controlla dall’interno della Casa Bianca i pensieri e le opere di Donald Trump. Il suo nome è Steve Bannon. Il suo potere è immenso. Le sue impronte digitali sono sulle prime decisioni prese dal presidente. (…). Fanaticamente reazionario, ammirato dalla Destra Suprematista fino al Ku Klux Klan, devoto del potere alla Dart Fenner di Star Wars che aveva esaltato in una sua dichiarazione, Steve Bannon è tutt’altro che uno sprovveduto o uno zotico pescato da quella “pancia” dell’America ruspante e frustrata che ha fatto vincere Trump. Viene da una famiglia di lavoratori della Virginia che lo avevano allevato come Democratico, fino alla devastante delusione di Jimmy Carter alla fine anni ’70, che spinse Steve dall’altra parte del fossato e poi nella prateria selvaggia della alt-right, la destra alternativa anche alla destra tradizionale dei Repubblicani, prima Tea Party, oggi trumpista. È stato ufficiale di Marina per quattro anni, studente con lauree in università di grande prestigio, come Georgetown e Harvard e poi, sempre per la leggenda della “Piccola Classe Media” dimenticata, dirigente della Goldman Sachs, quella finanziaria dalla quale provengono ben sei dei massimi consiglieri nel Team Trump. Dalla Goldman uscì per crearsi una propria “boutique” finanziaria per speculazioni ardite e, fatti abbastanza milioni, poi venne il passaggio alla pubblicistica online con la creazione di Breitbart e la produzione di notizie “fake”, prima che le “notizie false” diventassero di moda. I suoi scoop immaginari divennero, insieme con la propaganda dei commentatori radiofonici vicini all’estremismo della destra neonazionalista, il pane quotidiano di milioni di consumatori, avidi di odio per “il nero usurpatore” Obama e per i “liberal”, per i progressisti. «I travestiti sono i più affetti dall’HIV». «Le donne nere sono disoccupate perché falliscono nei colloqui di lavoro». «La pillola rende le donne brutte e ripugnanti». «Huma Abedin (la amica più stretta di Hillary) è legata al terrorismo islamico». «Lesbiche devastano un negozio di abiti da sposa». «Planned Parenthood (la rete di cliniche ginecologiche e abortiste) ha origini naziste». «Bill Kristol (opinionista repubblicano che sconfessò Trump) è un ebreo rinnegato». «Il tour dei froci torna nei Campus Universitari». E questo crescendo di pseudogiornalismo culminò in una domanda che Steve Bannon fece nella versione radiofonica del suo sito: “Preferireste che vostra figlia diventasse femminista o avesse un cancro?”. Ora l’autore di questi titoli siede nel circolo più stretto e segreto che condiziona il presidente, senza dover rispondere a nessuno, non al Parlamento, non ai tribunali, perché il Consiglio per la Sicurezza Nazionale è formato, e funziona, a totale discrezione del Capo. E la “Formula Bannon”, si è vista all’opera nella stessa tecnica utilizzata per costruire prima i notiziari calunniosi e poi nella campagna elettorale che lui, di fatto, ha guidato negli ultimi mesi decisivi. È la tecnica che in radio fu definita quella dello “Shock Jock”, del fantino degli shock, colui che frusta il cavallo dell’opinione pubblica con sferzate sempre più forti per fare dimenticare gli errori di ieri e per sbalordire con la botta di domani. Il prevedibile caos creato dall’ordinanza presidenziale sull’immigrazione, pubblicato prima che le guardie di frontiera, gli uomini della Sicurezza Nazionale, il Dipartimento di Stato fossero consultati o avvertiti, ha creato, nella polarizzazioine di folle apparse agli aeroporti e nell’applauso dei “boia chi entra”, il perfetto diversivo.
È stata la sensazionale arma di “Distrazione di Massa”, sempre costruita con lo strumento della paura indispensabile nella cultura del nazionaltrumpismo, per fare dimenticare l’unmiliazione subita dal Messico con l’annullamento della visita di stato del presidente Peña a Washington e l’imbarazzo dei parlamentari repubblicani di fronte alla demolizione del sistema assicurativo per il quale non hanno nessuna alternativa credibile. Il fatto che centinaia di viaggiatori, residenti, profughi con documenti e visti in perfetto ordine, uomini e donne anziani, bambini, siano stati bloccati nella confusione o fermati all’imbarco dalle compagnie aeree, che il mondo intero sia rimasto sbigottito di fronte alla irrazionalità di un decreto imposto a sorpresa, non ha turbato il piccolo, formidabile Richelieu della corte di Trump, ma ne ha accresciuto la statura agli occhi del sovrano, che infatti lo ha promosso a membro permanente del Consiglio. L’ombra di un maestro del falso giornalismo e dell’elettroshock propagandistico si allunga, come vero burattinaio, dietro la sagoma di cartone di Donald Trump.

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