"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 5 giugno 2016

Paginatre. 39 “Eco e la recensione editoriale dell’Odissea”.



Da “Dolenti declinare (rapporti di lettura all’editore)” (1972) di Umberto Eco, tratto da “Diario minimo”, prima edizione Oscar narrativa Mondadori (ottobre 1988), pagg. 148-150:

Omero. Odissea

A me personalmente il libro piace. La storia è bella, appassionante, piena di avventure. C'è quel tanto di amore che basta, la fedeltà coniugale e le scappatelle adulterine (buona la figura di Calipso, una vera divoratrice d'uomini), c'è persino il momento "lolitistico" con la ragazzina Nausicaa, in cui l'autore dice e non dice, ma tutto sommato eccita. Ci sono colpi di scena, giganti monocoli, cannibali, e persino un po' di droga, abbastanza per non incorrere nei rigori della legge, perché a quanto ne so il loto non è proibito dal Narcotics Bureau. Le scene finali sono della migliore tradizione western, la scazzottatura è robusta, la scena dell'arco è tenuta da maestro sul filo della suspense. Che dire? si legge di un fiato meglio del primo libro dello stesso autore, troppo statico col suo insistere sull'unità di luogo, noioso per eccesso di avvenimenti – perché alla terza battaglia e al decimo duello il lettore ha già capito il meccanismo. E poi abbiamo visto che la storia di Achille e Patroclo, con quel filo di omosessualità nemmeno troppo latente, ci ha dato grane col pretore di Lodi. In questo secondo libro invece no, tutto marcia che è una meraviglia, persino il tono è più calmo, pensato se non pensoso. E poi il montaggio, il gioco dei flash back, le storie ad incastro... Insomma, alta scuola, questo Omero è veramente molto bravo. Troppo bravo direi... Mi chiedo se sia tutta farina del suo sacco. Certo, certo, scrivendo si migliora (e chissà che il terzo libro non sia addirittura una cannonata), ma quello che mi insospettisce – e in ogni caso mi induce a dare parere negativo – è il caos che ne conseguirà sul piano dei diritti. Ne ho parlato con Eric Linder e ho capito che non ne usciremo facilmente. Anzitutto, l'autore non si trova più. Chi lo aveva conosciuto dice che in ogni caso era una fatica discutere con lui sulle piccole modifiche da apportare al testo, perché è orbo come una talpa, non segue il manoscritto, e dava persino l'impressione di non conoscerlo bene. Citava a memoria, non era sicuro di avere scritto proprio così, dice che la copista aveva interpolato. Lo aveva scritto lui o era solo un prestanome? Sin qui niente di male, l'editing è diventato un'arte e molti libri confezionati direttamente in redazione o scritti a più mani (vedi Fruttero e Lucentini) diventano ottimi affari editoriali. Ma per questo secondo libro le ambiguità sono troppe. Linder dice che i diritti non sono di Omero perché bisogna sentire anche certi aedi eolici che avrebbero una percentuale su alcune parti. Secondo un agente letterario di Chio, i diritti andrebbero a dei rapsodi locali, che praticamente avrebbero fatto un lavoro da "negri", ma non si sa se abbiano registrato il loro lavoro presso la locale società autori.
Un agente di Smirne invece dice che i diritti vanno tutti a Omero, tranne che è morto e quindi la città ha diritto a incamerare i proventi. Ma non è la sola città ad avanzare queste pretese. L'impossibilità di stabilire se e quando il nostro uomo sia morto, impedisce di avvalersi della legge del '43 sulle opere pubblicate dopo cinquant'anni dalla morte dell'autore. Ora si fa vivo un tale Callino che pretende di detenere tutti i diritti ma vuole che con l'Odissea si comprino anche La Tebaide, Gli Epigoni e Le Ciprie: e a parteche non valgono gran che, molti dicono che non sono affatto di Omero. E poi, in che collana li mettiamo? Questa gente ormai tira al soldo e ci specula. Ho provato a chiedere una prefazione ad Aristarco di Samotracia, che ha autorità e ci sa anche fare, perché mettesse a posto le cose, ma è peggio che andar di notte: lui vuole addirittura stabilire, all'interno del libro, cosa sia autentico e cosa no, così facciamo l'edizione critica, e ti saluto la tiratura popolare. Allora è meglio lasciare tutto a Ricciardi, che ci mette vent'anni e poi fa una cosina da dodicimila lire e la manda omaggio ai direttori di banca. Insomma, se ci buttiamo nell'avventura entriamo in un ginepraio giuridico che non ne usciamo più, il libro va sotto sequestro ma non è uno di quei sequestri sessuali che poi fanno vendere sottobanco, è sequestro puro e semplice. Magari tra dieci anni te lo compra Mondadori per gli Oscar, ma per intanto i soldi li hai spesi e non sono tornati a casa subito. Mi spiace molto, perché il libro merita. Ma non possiamo metterci a fare anche i poliziotti. Io quindi lascerei perdere.

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