Da “Dolenti
declinare (rapporti di lettura all’editore)” (1972) di Umberto Eco, tratto da “Diario minimo”, prima edizione Oscar
narrativa Mondadori (ottobre 1988), pagg. 148-150:
Omero. Odissea
A me personalmente il libro piace. La storia
è bella, appassionante, piena di avventure. C'è quel tanto di amore che basta,
la fedeltà coniugale e le scappatelle adulterine (buona la figura di Calipso,
una vera divoratrice d'uomini), c'è persino il momento "lolitistico"
con la ragazzina Nausicaa, in cui l'autore dice e non dice, ma tutto sommato
eccita. Ci sono colpi di scena, giganti monocoli, cannibali, e persino un po'
di droga, abbastanza per non incorrere nei rigori della legge, perché a quanto
ne so il loto non è proibito dal Narcotics Bureau. Le scene finali sono della
migliore tradizione western, la scazzottatura è robusta, la scena dell'arco è
tenuta da maestro sul filo della suspense. Che dire? si legge di un fiato
meglio del primo libro dello stesso autore, troppo statico col suo insistere sull'unità
di luogo, noioso per eccesso di avvenimenti – perché alla terza battaglia e al
decimo duello il lettore ha già capito il meccanismo. E poi abbiamo visto che
la storia di Achille e Patroclo, con quel filo di omosessualità nemmeno troppo
latente, ci ha dato grane col pretore di Lodi. In questo secondo libro invece
no, tutto marcia che è una meraviglia, persino il tono è più calmo, pensato se
non pensoso. E poi il montaggio, il gioco dei flash back, le storie ad
incastro... Insomma, alta scuola, questo Omero è veramente molto bravo. Troppo
bravo direi... Mi chiedo se sia tutta farina del suo sacco. Certo, certo,
scrivendo si migliora (e chissà che il terzo libro non sia addirittura una cannonata),
ma quello che mi insospettisce – e in ogni caso mi induce a dare parere
negativo – è il caos che ne conseguirà sul piano dei diritti. Ne ho parlato con
Eric Linder e ho capito che non ne usciremo facilmente. Anzitutto, l'autore non
si trova più. Chi lo aveva conosciuto dice che in ogni caso era una fatica
discutere con lui sulle piccole modifiche da apportare al testo, perché è orbo
come una talpa, non segue il manoscritto, e dava persino l'impressione di non
conoscerlo bene. Citava a memoria, non era sicuro di avere scritto proprio
così, dice che la copista aveva interpolato. Lo aveva scritto lui o era solo un
prestanome? Sin qui niente di male, l'editing è diventato un'arte e molti libri
confezionati direttamente in redazione o scritti a più mani (vedi Fruttero e
Lucentini) diventano ottimi affari editoriali. Ma per questo secondo libro le
ambiguità sono troppe. Linder dice che i diritti non sono di Omero perché
bisogna sentire anche certi aedi eolici che avrebbero una percentuale su alcune
parti. Secondo un agente letterario di Chio, i diritti andrebbero a dei rapsodi
locali, che praticamente avrebbero fatto un lavoro da "negri", ma non
si sa se abbiano registrato il loro lavoro presso la locale società autori.
Un
agente di Smirne invece dice che i diritti vanno tutti a Omero, tranne che è
morto e quindi la città ha diritto a incamerare i proventi. Ma non è la sola
città ad avanzare queste pretese. L'impossibilità di stabilire se e quando il
nostro uomo sia morto, impedisce di avvalersi della legge del '43 sulle opere
pubblicate dopo cinquant'anni dalla morte dell'autore. Ora si fa vivo un tale
Callino che pretende di detenere tutti i diritti ma vuole che con l'Odissea si
comprino anche La Tebaide, Gli Epigoni e Le Ciprie: e a parteche non valgono
gran che, molti dicono che non sono affatto di Omero. E poi, in che collana li
mettiamo? Questa gente ormai tira al soldo e ci specula. Ho provato a chiedere
una prefazione ad Aristarco di Samotracia, che ha autorità e ci sa anche fare,
perché mettesse a posto le cose, ma è peggio che andar di notte: lui vuole
addirittura stabilire, all'interno del libro, cosa sia autentico e cosa no,
così facciamo l'edizione critica, e ti saluto la tiratura popolare. Allora è
meglio lasciare tutto a Ricciardi, che ci mette vent'anni e poi fa una cosina
da dodicimila lire e la manda omaggio ai direttori di banca. Insomma, se ci
buttiamo nell'avventura entriamo in un ginepraio giuridico che non ne usciamo
più, il libro va sotto sequestro ma non è uno di quei sequestri sessuali che
poi fanno vendere sottobanco, è sequestro puro e semplice. Magari tra dieci
anni te lo compra Mondadori per gli Oscar, ma per intanto i soldi li hai spesi
e non sono tornati a casa subito. Mi spiace molto, perché il libro merita. Ma
non possiamo metterci a fare anche i poliziotti. Io quindi lascerei perdere.
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