Da "Se
la Gran Bretagna esce meglio evitare la vendetta e fare accordi di libero
scambio" di Eugenio Occorsio, intervista all’economista Joseph Stiglitz – premio Nobel
nell’anno 2001 – sul quotidiano la Repubblica del 15 di giugno 2016: "Non
userei la parola catastrofe, ma la Brexit sarebbe sicuramente un fattore di
enorme incertezza sui mercati, che si aggiunge ai tanti già esistenti, da Trump
ai tassi Usa. La responsabilità sta tutta nell'Europa: se non vuole che questa
incertezza sfoci in catastrofe dovrà uscire dal suo letargo evitando di
vendicarsi e negoziando una serie di accordi "intermedi" con Londra
che non la isolino ulteriormente". (…).
Quante chance dà al "leave"? "Io
so solo che il danno già è stato fatto. E l'Europa ne porta la responsabilità.
Non è riuscita a migliorare le condizioni di vita dei cittadini, a ridurre le
disuguaglianze. Ha lasciato che al suo interno prendessero corpo forze
anti-establishment sempre più violente. L'euro poi è quello sì un disastro, mal
congegnato, portatore di altre diseguaglianze stavolta fra Paesi, il tutto
aggravato dalla folle politica di austerity che ha acuito le tensioni e
prolungato la crisi. Come possiamo stupirci che la Gran Bretagna pensi di
chiamarsi fuori?".
A questo punto, se Brexit sarà, quale
dovrebbe essere la risposta? "Dicevo: evitare la vendetta. Ci sarà rancore
verso gli inglesi per lo sconquasso che avranno provocato se vincono i
"leave", perché avranno distrutto un sogno europeista di
sessant'anni. Ma bisogna essere realisti. Le banche americane usano il Regno
Unito come porta dell'Ue. I "passport rights" consentono di collocare
i servizi finanziari nell'intera unione dalla base di Londra. Con la Brexit
questo "link" sarebbe perduto, e le finanziarie dovrebbero creare un
nuovo quartier generale. Il 40% delle prime 250 multinazionali ha a Londra la
sede europea, contro l'8% di Parigi. Il 30 per cento delle vendite americane
nella Ue è diretto in Gran Bretagna. Tutto questo non può essere cancellato con
un colpo di spugna: vanno negoziate condizioni speciali sul modello norvegese o
svizzero mantenendo l'area di "free trade". Intanto va riavviata
l'integrazione europea, completata l'unione bancaria, data più dignità a un
bilancio comunitario che è pari all'1 per cento del Pil del quale il 40 per
cento va ai sussidi agricoli".
Evitare le vendette significa non sottrarre
a Londra il ruolo di capitale finanziaria? "Uscendo dalla tutela Bce,
della quale il Regno Unito fa parte pur fuori dall'euro, sarebbe automatica
l'uscita dal sistema di pagamenti Target 2: le banche inglesi avrebbero
difficoltà a finanziarsi e i tassi salirebbero a danno dell'economia. La
sterlina sarebbe svalutata rischiando lo status di valuta di riserva che
condivide con euro, dollaro e yen. Tutto questo va evitato per non trovarci in
condizioni disperate nella seconda parte dell'anno quando altre sfide ci
attendono".
Si riferisce alle elezioni americane? "A
proposito di forze anti-sistema, Trump sarebbe l'uomo del caos globale. E'
anti-tutto: trattati commerciali, immigrazione, politica del lavoro, senza
nessuna alternativa. Ma alla fine sento che per Hillary sarà un trionfo".
Lei della Clinton è consigliere economico:
qual è la prima cosa da fare? "Uscire dalla visione "corta" che
condiziona le imprese impedendo di investire a lungo termine, formare le
persone, sviluppare l'innovazione. Finora non si è fatto e perciò la ripresa
Usa è così debole che la Fed non riesce ad alzare i tassi".
E lei, De Botton, ha pianto davvero per la
Brexit? "(…). Abbiamo fatto un errore colossale. Questo è il lato triste
dell'Inghilterra. Ma non ce l'ho con chi ha votato l'uscita dall'Europa".
E con chi ce l'ha? "Con certi politici.
Quello che hanno fatto Johnson, Farage e il ministro Gove è immorale. Sono dei
bugiardi. Hanno bombardato di frottole i cittadini, soprattutto i più poveri.
Li hanno imbrogliati con le loro promesse farlocche e insostenibili. E sono
così disonesti che se le stanno già rimangiando. Ma purtroppo la democrazia dà
diritto di parola anche a loro".
Non è che la democrazia ha bisogno di limiti
per preservare se stessa? "Impossibile. Non si può negare il diritto di
espressione neanche a un cialtrone come Farage. Gli unici che possono fermare i
demagoghi sono cittadini e media intelligenti. Rispondere colpo su colpo con i
fatti, pazientemente".
C'è chi dice che siamo entrati in una
democrazia post-fattuale, in cui la solidità dei fatti, soprattutto online, si
sgretola. Lei cosa ne pensa? "È vero. Ma è un fenomeno di radici antiche.
C'è sempre stato nella storia chi ha sfruttato gli istinti e le passioni per
sopraffare la ragione. Spero solo che questo referendum infonda una nuova
serietà negli inglesi di fronte a certe scelte. Eppure sono sempre stati dei
cittadini sensibili e misurati".
E stavolta, invece, cosa è successo? "Sono
stati trascinati in un'utopia distorta. E ne sono rimasti stregati. Questo è un
fatto inedito per noi. Lo stesso sta succedendo con Trump in America. La
società contemporanea è entrata in una nuova forma di oblio, di
decadenza".
Cosa intende per decadenza? "Una
società che dimentica sempre più spesso quanto fragili siano in realtà
ricchezza, pace e saggezza. E che poi reagisce dando calci a tutto quello che
si trova davanti. Così prendono voti Trump e simili. Ma non si risolvono i
problemi".
Problemi comunque innegabili. Johnson e
Farage hanno conquistato i cuori delle persone soffocate da un disagio sociale
ed economico. E questo problema è politico, non crede? "Certo. È
innegabile che in tanti soffrano la globalizzazione, l'immigrazione incontrollata,
la povertà. Ma credo che il benessere economico collettivo sia un delicato
equilibrio tra imprenditoria, mercato e cittadini, non le fandonie dei
demagoghi che otterranno solo un risultato: recessione, uscita dal libero
mercato, identici flussi migratori e isolazionismo. Con la Brexit non c'è
niente da guadagnare. Ma alla fine il Regno Unito non lascerà l'Ue, nonostante
il referendum".
Cioè? "Johnson diventerà primo ministro
e andrà a Bruxelles. Ma non attiverà mai la clausola 50 per uscire dall'Europa.
Sa che il mercato unico è fondamentale. E quindi proverà a trattare per
rimanere nell'Ue, nonostante il disastro di cui è corresponsabile. Così
placherebbe anche la furia indipendentista della Scozia".
Lei ha dedicato molti libri alle relazioni amorose.
Come descriverebbe la liaison tra Europa e Regno Unito? "Molto complicata.
Tanti britannici sono euroscettici, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale
contro 'la demoniaca Europa'. Ma a volte in una relazione si possono trascurare
i sentimenti e restare insieme per convenienza".
La Brexit sarà il colpo mortale per
l'Europa? "No. Anzi, paradossalmente la accompagnerà sulla strada giusta.
Non ho mai creduto agli Stati Uniti d'Europa. Il futuro dell'Europa sta nel
mezzo: non un superstato opprimente, ma un club di buoni amici".
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