"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 1 giugno 2016

Scriptamanent. 13 “Potere e denaro”.



Da “Perché ad alcuni potere e denaro non bastano mai?” di Umberto Galimberti, sul settimanale “D” del 1° di giugno dell’anno 2013: Che cosa spinge i politici, e non solo loro, a non separarsi mai dal potere? E che cosa porta i superricchi ad accumulare denaro senza limite, a volte a qualunque costo? Oltre alla dipendenza dall’alcool, dalle droghe, dal gioco, dal sesso, esiste anche una dipendenza dal potere e dal denaro. E come chi ha già bevuto abbastanza non si lascia convincere che forse e meglio che smetta, o chi ha già perso somme significative al tavolo da gioco non è in grado di interrompere le puntate, o chi dipende dal sesso non sa contenersi in alcuna circostanza che cerca o gli si offre, così chi è affetto da dipendenza dal potere o dal denaro è costretto ad accrescerlo o almeno a mantenerlo a tutti i costi, non perché il livello raggiunto non gli basta, ma perché se si arrestasse nella sua rincorsa al potere o al denaro ne andrebbe della sua identità. Più specificatamente, l’incapacità di abbandonare il potere sembra sia connessa a una carenza di identità dovuta a scarsi riconoscimenti nell’infanzia, accompagnati da soverchianti richieste genitoriali che generano un senso di inadeguatezza a cui i più si rassegnano, mentre gli uomini di potere non cessano di cercare nel riconoscimento esterno.
Questa teoria, formulata da Manfred Kets De Vries, della Harvard Busines School, trova conferma nel fatto che per compensare il bisogno di attenzione, riconoscimento e affetto non riscosso da bambino, l’uomo di potere ha una sorta di coazione a comparire, a farsi vedere, riscuotere approvazione, consenso, séguito, per non fare i conti con la scarsa stima di sé che segretamente avverte. Apprendo (…) dalla lettura di (…) una ricerca dell’Università di Surrey (che) ha comparato un gruppo di 39 manager di successo con altrettanti criminali, riscontrando in entrambi i gruppi caratteristiche antisociali, immoralità e un alto tasso di aggressività, che nei manager, (definiti ‘psicopatici di successo” a differenza dei criminali, “psicopatici senza successo”) non è immediatamente visibile e quindi più pericolosa, accompagnata da un cinismo non dissimile da quello riscontrato nei criminali. Come si fa, con questa natura, a separarli dal potere? Per quanto riguarda invece la coazione ad accumulare denaro senza alcun limite e misura, la spiegazione la si può leggere nel primo libro del Capitale, dove Marx scrive che ciò che affascina nel denaro non è la sua materialità, ma la sua “sistematicità”, dovuta alla sua capacità di sostituire tutti i valori, per cui il capitalista non è avaro, ma ‘feticista”. Su ciò conviene anche il filosofo Jean Baudrillard che scrive: “Ciò che si adora nel denaro è la conclusa perfezione di un sistema che viene “feticizzato” e non il ‘vitello d’oro’ o il “tesoro”. La patologia di chi accumula denaro al di là di ogni misura è simile a quella del collezionista a cui non interessa la natura delle cose raccolte, ma la sistematicità dell’insieme collezionato, che gli garantisce la sicurezza di un mondo chiuso e invulnerabile. E questa invulnerabilità che interessa a chi accumula denaro, non il denaro in sé. Queste mie risposte (…) sono naturalmente solo delle interpretazioni, non esaustive ma senz’altro indicative di comportamenti, (…), altrimenti inspiegabili.

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