Da “Una
domanda a Renzi” di Marco Travaglio, su “il Fatto Quotidiano” dell’8 di giugno
2016: (…). Ora (…) c’è una questione (…) più seria che intendiamo sottoporgli
(al Renzi Matteo di Rignano sull’Arno n.d.r.). Niente numeri: ci basta un Sì o
un No (e non stiamo parlando del referendum costituzionale). Come forse Renzi
avrà notato, il Fatto racconta da una settimana, in beata solitudine, lo
scandalo del primo giudice costituzionale sotto inchiesta (e per corruzione)
della storia repubblicana. E cioè del costituzionalista ed ex parlamentare del
centrosinistra Augusto Barbera, eletto alla Consulta il 16 dicembre scorso in
quota Pd dal Parlamento in seduta comune, dopo ben 32 fumate nere. Insieme a
lui, a “pacchetto”, furono eletti anche Franco Modugno (proposto dai 5Stelle) e
Giulio Prosperetti (da Ncd-Udc), tutti con i voti di Pd e M5S, più le solite
frattaglie centriste. Il Fatto fece notare che la scelta di Barbera era
inopportuna: non perché il prof mancasse dei requisiti scientifici per occupare
quel posto; ma perché risultava denunciato dalla Guardia di Finanza alla
Procura di Bari per il suo ruolo in una serie di concorsi universitari truccati
o pilotati. Siccome le indagini prima o poi si concludono, la Corte
costituzionale rischiava di ritrovarsi un giudice inquisito o addirittura
imputato. Ma il Pd se ne infischiò e tirò diritto. Barbera aveva dato prova di
assoluta fedeltà alle “riforme” renziane della legge elettorale (Italicum) e
della Costituzione. La speranza del Pd e del governo era che, entrando alla
Consulta, Barbera facesse asse con Giuliano Amato per ribaltare la maggioranza
che nel 2014 aveva bocciato il Porcellum per gli stessi vizi di
costituzionalità poi riprodotti dall’Italicum. Ora si scopre che un anno prima
della sua elezione, il 18 dicembre 2014, Barbera si era presentato alla Procura
di Bari per rendere spontanee dichiarazioni. E lì aveva appreso di essere
indagato per corruzione, tant’è che i pm l’avevano invitato a eleggere
domicilio e a nominarsi un difensore. Quindi, quando fu eletto, sapeva da 12
mesi di essere inquisito, e per un reato così grave. Nella stessa indagine era
indagata anche la costituzionalista Silvia Niccolai, che i 5Stelle in un primo
tempo intendevano indicare alla Consulta. L’interessata però scrisse loro una
lettera per invitarli a cambiare candidato, proprio per la sua veste di
inquisita.
Così i 5Stelle consultarono Gustavo Zagrebelsky, che suggerì loro il
nome – assolutamente apolitico e indipendente – di Modugno. E votarono anche
per Barbera solo dopo essersi sincerati presso il capogruppo del Pd alla Camera,
Ettore Rosato, che il prof bolognese del Pd non fosse indagato (dalle cronache
giornalistiche, risultava soltanto denunciato dalle Fiamme Gialle). Rosato li
rassicurò: Barbera non era indagato. Così il terzetto
Barbera-Modugno-Prosperetti ottenne i voti necessari per riempire le tre
caselle della Consulta, vacanti da uno-due anni. Ora, la domanda è molto
semplice: Barbera avvertì il Pd, cioè Rosato e a maggior ragione Renzi, di
essere indagato per corruzione, così come fece la Niccolai con il M5S? Se non
lo fece, ingannò il suo partito e, di riflesso, anche i 5Stelle che gli diedero
i loro voti decisivi. Se invece lo fece, furono Renzi e Rosato a truffare il
M5S e, soprattutto, a mandare consapevolmente alla Consulta un indagato per
corruzione. Il tutto dopo che lo stesso Pd, a metà settembre, aveva rifiutato
di votare il senatore e avvocato forzista Donato Bruno che –come il Fatto aveva
rivelato – era indagato a Isernia per un reato meno grave della corruzione:
l’“interesse privato del curatore negli atti del fallimento”. La notizia aveva
fatto saltare il patto Pd-FI, provocando il ritiro di Bruno e Violante. Lo
stesso accadde quando Repubblica rivelò che il candidato centrista Giovanni
Pitruzzella era sotto inchiesta a Catania per un presunto arbitrato comprato
(su cui i pm avevano chiesto due volte l’archiviazione). Ora, come poté il Pd
votare un proprio indagato per corruzione subito dopo aver bocciato due
candidati inquisiti per faccende minori? (…). Gentile presidente Renzi, lei si
renderà conto della massima importanza e urgenza di una risposta chiara a
questa domanda: il Pd sapeva o non sapeva che Barbera era indagato per
corruzione quando lo mandò alla Consulta? In attesa di un cortese riscontro,
porgiamo distinti saluti.
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