“Scriptamanent” del 25 di giugno
dell’anno 2014, tratto da “La nostra
vita da immigrati digitali” di Zygmunt Bauman, pubblicato sul quotidiano la
Repubblica: (…). …ci sono perdite che affliggono le nostre facoltà mentali; prima
di tutto le qualità/ capacità ritenute indispensabili per trovare uno spazio
fondamentale per la ragione e la razionalità, per dispiegarvisi e realizzarsi
appieno: attenzione, concentrazione, pazienza e la possibilità di durare nel
tempo. Quando per connettersi a Internet è necessario un minuto, molti di noi
si irritano per la lentezza del proprio computer. Ci stiamo abituando ad
aspettarci sempre risultati immediati. Desideriamo un mondo sempre più simile
al caffè istantaneo. Stiamo perdendo la pazienza, eppure i grandi risultati
necessitano di grande pazienza. Il periodo di tempo in cui si è in grado di
tenere desta la soglia di attenzione, l’abilità a restare concentrati per un
tempo prolungato – in definitiva, quindi, la perseveranza, la resistenza e la
forza morale, caratteri distintivi della pazienza – sono in calo, e
rapidamente. Tra i danni meglio analizzati e al contempo teoricamente più
nocivi provocati dal calo e dalla dispersione dell’attenzione ci sono il
peggioramento e la graduale decrepitezza della disponibilità ad ascoltare e
delle facoltà di comprendere, come pure della determinazione ad “andare al
cuore della faccenda” (nel mondo online ci si aspetta di “navigare” tra le
informazioni convogliate visivamente o acusticamente) – che a loro volta
portano a un continuo declino delle capacità di dialogare, una forma di
comunicazione di vitale importanza nel mondo offline. Strettamente connesso ai
trend descritti è il danno inferto alla memoria, oggi sempre più spesso
trasferita e affidata ai server, invece che immagazzinata nel cervello. L’altra
cosa di cui tenere conto è il verosimile impatto di tutto ciò sulla natura
stessa dei rapporti umani. Allacciare e spezzare legami online è più comodo e
meno imprudente che farlo offline. Non comporta obblighi a lungo termine, e
tanto meno promesse del tipo “finché morte non ci separi, nella buona e nella
cattiva sorte”; non esige un obbligo così prolungato e coscienzioso come
esigono i legami offline. Non stupisce quindi che, avendo collaudato e
confrontato le due tipologie, molti internauti, forse la crescente maggioranza,
preferiscano la varietà online.
(…). Numerosi osservatori hanno accolto la
possibilità di assistere in “tempo reale”, in modo universale, facile e comodo
agli eventi internazionali – unitamente alla possibilità di fare un ingresso
altrettanto universale, ugualmente facile e indisturbato nella scena pubblica –
come l’autentica, radicale, effettiva svolta nella storia breve e tempestosa,
seppur ricca di avvenimenti, della democrazia moderna. Al contrario delle
aspettative abbastanza diffuse secondo le quali Internet rappresenterà un
grande salto in avanti nella storia della democrazia e coinvolgerà noi tutti
nel processo di dar forma al mondo che condividiamo, si vanno accumulando le
prove per le quali Internet potrebbe servire anche a perpetuare e a rafforzare
conflitti e antagonismi. Paradossalmente, il pericolo nasce dalla propensione
della maggior parte degli internauti a fare del mondo online una zona esente da
conflitti. Internet porta alla creazione di una versione perfezionata di
“comunità residenziale protetta”: a differenza del suo equivalente offline, ciò
non impone ai residenti di pagare un affitto esorbitante e non richiede
vigilantes armati o una rete complessa e avanzata di telecamere di sorveglianza
a circuito chiuso; è sufficiente disporre di un semplice tasto “cancella”. Il
vero problema è che in questo ambiente online, sterilizzato e decontaminato in
modo artificiale, è davvero molto difficile poter sviluppare una forma di
immunità nei confronti delle velenose controversie endemiche dell’universo
offline. (…). …è ovviamente prematuro valutare gli effetti aggregati di un
cambiamento-spartiacque, così determinante nella condizione umana e nella
storia culturale. (…).
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