"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 15 gennaio 2025

Lastoriasiamonoi. 27 Franco Piperno: «È proprio degli stupidi prendere un sasso e lasciarselo cadere sui piedi».

                 Sopra. La "pagina della cultura" del quotidiano "la Repubblica".

(…). Ma lei è sempre un rivoluzionario? "Sì, però l'esperienza mi ha detto che la rivoluzione va fatta senza prendere il potere. Prima pensavo il contrario, cioè prendere il potere e poi fare la rivoluzione".

E allora la rivoluzione come si fa? "Attraverso l'autorganizzazione. Alcuni esperimenti sono possibili su scala locale. Sul piano politico invece sono rassegnato, l'unica possibilità di vincere è accumulare altre sconfitte".

Compresa la Coalizione sociale? "Spero di no, anche perché a pensarci bene non sono mica sicuro che perdere sempre aiuti a vincere...". (Tratto da «Piperno: "Landini un capo operaio, ero lì a curiosare"», intervista di Matteo Pucciarelli pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 10 di giugno dell’anno 2015).

“In memoria di Franco Piperno”. “Piperno, il cattivo maestro da Potere operaio all’università”, testo di Concetto Vecchio pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di ieri, 14 di gennaio 2025: Se ne è andato Franco Piperno a 82 anni a Cosenza, dov’era ricoverato in una struttura sanitaria. Era malato da tempo. Cosa viene subito in mente? L’etichetta di cattivo maestro che gli è rimasta appiccata per tutta la vita e quella frase sulla «geometrica potenza» dispiegata dalle Brigate Rosse in via Fani, che fa il paio con quella sulla «terribile bellezza» del 12 marzo 1977, quando il centro di Roma venne messo a ferro e fuoco dagli autonomi. Alla fine si è ricordati per una sola cosa. E queste uscite, in linea con la vanità del personaggio, spiegano il clima di disumanità di quell’Italia. Poi è sempre tutto più complesso, perché non va dimenticato che Piperno tentò la mediazione per salvare Aldo Moro, stabilendo, con Lanfranco Pace, un contatto con le Brigate Rosse sotto l’egida del ministro socialista Claudio Signorile. È Repubblica a dare a Signorile, 87 anni, la notizia alle dieci di sera. È in treno. Accende l’interruttore dei ricordi. «Chiesi a Mario Scialoja dell’Espresso di segnalarmi un interlocutore per una trattativa che portasse alla liberazione del presidente dc. Mi fece il nome di Piperno. Un uomo ambizioso, con una grande considerazione di sé, desideroso di avere un ruolo. Ci conoscevamo dai tempi del Sessantotto, avvertii Fanfani...». Com’è finita purtroppo lo sappiamo. Come raccontarlo a un giovane? Uno dei capi della sinistra extraparlamentare. Leader del Sessantotto nella Capitale, una stagione che definì così: «L’elemento centrale del 1968 è stata senza dubbio l’irruzione degli studenti nella vita degli operai». Ideologo e fondatore del movimento extraparlamentare Potere operaio. Figlio degli anni Settanta. Un intellettuale meridionale dai tratti aristocratici. Catanzarese, studi di fisica a Pisa, si era iscritto al Pci ma nel 1967 lo cacciarono per attività frazionistica. Quindi l’approdo a Roma, dove si era trasferito per una borsa di studio nei laboratori di fisica di Frascati, e dove divenne rapidamente uno dei capi più ascoltati. «Di bell’aspetto, seducente e carismatico, Piperno avvinceva con una facondia trascinante», lo tratteggia Roberto Colozza ne’ L’affaire 7 aprile, (Einaudi), la vasta inchiesta giudiziaria del 1979 a Padova sull’Autonomia operaia. L’altro capo dell’Autonomia è Toni Negri. «Ridotte all’osso le visioni di Piperno e di Negri differivano per quelli che oggi possono apparire dettagli e che perfino allora, sotto la coltre degli arzigogoli oratori, sfuggivano talvolta alla comprensione dei compagni dei compagni meno sofisticati», scrive Colozza, fotografando un mondo. Come Negri anche Piperno era un professore universitario. Nel 1971 aveva sposato Fiora Pirri Ardizzone, docente anche lei, figlia di una nobildonna palermitana, Ninni Monroy, e dell’editore del Giornale di Sicilia, che finì in carcere per una vicenda di terrorismo e venne graziata da Pertini nel giugno del 1985: un atto che suscitò un vespaio politico. Piperno era riparato in Canada, dove venne raggiunto da un mandato di cattura. Rilasciò un’intervista che cominciava con una citazione di Mao: «È proprio degli stupidi prendere un sasso e lasciarselo cadere sui piedi». Tornato in Italia, lasciatosi alle spalle le lotte, aveva insegnato all’Università della Calabria fisica della materia e a metà degli anni Novanta era stato anche assessore alla cultura del Comune di Cosenza ai tempi di Giacomo Mancini sindaco. Aveva anche fondato una radio, Radio Ciroma. Nel maggio 2006, all’epoca dell’elezione di Giorgio Napolitano, rimediò alcuni voti. Tante volte gli è stato chiesto di raccontare dal di dentro il caso Moro (ammise di avere incontrato il capo dei brigatisti Mario Moretti nei giorni del sequestro), ma rifuggiva la logica dei misteri: «Chi ne parla continua a farlo per coprire l’incapacità a capire».

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