"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 10 gennaio 2025

MadreTerra. 35 Mariolina Venezia: «L'acqua è come i sentimenti. Nutre, sostiene, rigenera, ma bisogna canalizzarla per non farla straripare. Altrimenti può travolgere, annientare, distruggere».


Storied’Acqua”. 5 “Perché l’acqua è come i sentimenti”: Dove c'è acqua c'è vita. Continuo a ripetermelo mentre sto qui, in questo utero di roccia, a osservare l'acqua trasparente giù in basso. Una lama di luce filtra da una feritoia e la riempie di riflessi che si proiettano sui muri di cocciopesto. Fuori, chissà, ci sono le stelle, e la luna. Oppure il cielo è impallidito ed è già spuntato il sole. Una volta? Due? Immerso in questo chiarore diafano sto rannicchiata da chissà quanto su uno spuntone di pietra, a mezza altezza, senza muovermi: il mio corpo sembra quasi un organismo primordiale che si nutre di umidità, per osmosi, e non ha altri bisogni. Un'entità prenatale ancora indifferenziata. Strane immagini si creano nell'acqua, sulla superfice, e nel fondo, a forza di guardarla. Forme fluttuanti. Ingannevoli, forse? Ci si incanta e si dimentica tutto il resto. Saprei dire però da dove viene ogni goccia, e che strada ha percorso per arrivare fin qui. Da sorgenti lontane, fra i boschi. Da piogge che scivolano fra le rocce o sull'argilla. Da canaline di pietra, da salti, condense, pozzi, vasche di decantazione e vasi comunicanti. Piccoli rigagnoli che hanno attraversato le murge pietrose e aride, arrivando dove mi trovo adesso, nell'imbuto della città scavata nella roccia. In una cisterna. E sì. Da queste parti non si è i mai sprecato niente, è risaputo, neanche una goccia d'acqua! Con poco, si è fatto molto. Se così non fosse stato, non ci sarebbe stata vita, storia, e civiltà. Come invece c'è stata, per millenni, in questo canyon sulla gravina, dove centinaia di migliaia di anni fa gli uomini avevano già iniziato ad abitare. L'origine di Matera, e dei suoi Sassi, si perde nella notte del passato. Il silenzio è carico di echi, ricordi di suoni. I miei pensieri rimbombano. Perché l'acqua è come i sentimenti. Nutre, sostiene, rigenera, ma bisogna canalizzarla per non farla straripare. Altrimenti può travolgere, annientare, distruggere. Chi può dirmi chi sono, adesso? E lei, chi è? Vedo i suoi capelli ondeggiare come alghe, lì sotto. Lunghi capelli castani che galleggiano. Può essere mia figlia? Mia moglie? Mia sorella? Mia madre? O è solo uno dei tanti giochi che crea la luce? Mi lascio andare alla deriva, nel tempo infinito del sogno. Clara, amore mio. Dove c'è acqua c'è vita. Non volevo distruggerti, credimi, quando ti ho stretto le mani intorno alla gola, e ho sentito il tuo sangue che pulsava sotto le mie dita, quando ti ho spinto la testa sotto il pelo dell'acqua, e l'ho tenuta lì finché non hai smesso di muoverti. Intorno a noi, fuori, muore. la civiltà. Arrivano autobus carichi di turisti, vanno negli alberghi, nelle piscine, nelle spa. L'acqua scorre e si perde. C'è chi ne viene spazzato via. Altra gente, più lontano, brucia di sete. Il deserto avanza. Le epoche si afflosciano su se stesse. Ma tu tornerai a vivere, te lo prometto. Qualunque cosa tu abbia fatto, o abbia fatto io. Qualsiasi cosa ci leghi o ci separi. Come è stato sarà, Clara. Perché dall'acqua si rinasce. Dove c'è acqua c'è vita. Dove c'è acqua c'è vita. Lo ripeto per l'ultima volta. Dove c'è acqua c'è vita.

Storied’Acqua”. 6 “Il regno maledetto governato dalla malaria”: Un pomeriggio a settimana andiamo in paese a trovare i miei genitori e Rambo, il meticcio a pelo corto sempre in cerca di carezze e baci  - e  le  zie  e  gli  zii  e  i  cugini  e  le  cugine  della  famiglia  in  cui  sono nato e diventato grande. "Andiamo da zio Efisio?", mi chiede Nora, figlia mia, anche se non ci è parente affatto, Efisio Marras antico contadino con i capelli ancora in testa e neri neri, forse novantenne o forse più, chi lo sa, che cosa conta? Quando lui parla Nora lo ascolta e son sicuro, le sembrano inventate le sue storie, il mondo antico che quest'uomo tira fuori dai ricordi e un po' dal parapiglia della mente che gli fa mischiare il vero e il forse. "Una volta son salito sulla barca per attraversare il fiume", dice zio Efisio accarezzandosi la barba, "E il barcaiolo s'amminchiona e si distrae, questionando, di caccia e di cinghiali con un uomo di Samassi, e ci fa cadere tutti in acqua, tutti e cinque che eravamo; e già gliene abbiamo dette poche, a quel tipo barcaiolo da due soldi". Siamo nati in un paese tra due fiumi, io e zio Efisio contadino, Uta si chiama, quando finisce iniziava la palude, oggi ci passa la statale lì nel mezzo e non fa più paura, ma un tempo era acquitrino e regno di anguille e di zanzare - un regno maledetto, la palude: sua regina farabutta la malaria. "Tu non sei uno che va molto al mare, non è vero"?, chiede zio Efisio guardandomi e vedendo chissà chi. "Hai ragione, ragazzo, ragione in abbondanza: il mare è cosa per turisti", dice. Nora scuote il capo, "Ma no, zio, è bello stare in spiaggia certi giorni, soltanto devi mettere la crema sennò ti bruci tutto". Zio Efisio scuote un po' la testa, riprende il filo suo: "Al fiume sì che mi piaceva fare il bagno, a maggio-giugno, quando restavano le pozze e ti potevi rinfrescare. Ma è traditore, il fiume, sai?, a un momento e t'incastravi nel fondo di fango marcio e allora addio. È successo una volta ad un bambino: pascolava un maialetto e quello si è buttato nella pozza e lui gli è andato dietro, sono morti l'uno e l'altro. Un uomo grande poi è entrato per salvarli e pure lui ci è morto, poverino, eroe lo hanno chiamato ed era vero, gli hanno dato una medaglia del governo, poveraccio, la vita quando vuole è un grande inganno". Nora a questo punto vuol sapere se c'erano pesci, nel fiume antico in cui nuotava Efisio da bambino, fiume nuragico, direbbe Giulio Angioni, e lui muove la testa a far di sì e dice "Certo! Ne avevamo persino nella vasca all'orto di nannài, una carpa grande come una balena, io e gli amici facevamo i tuffi in vasca e le nuotavamo accanto. C'era anche tuo bisnonno", dice Efisio puntando il dito verso me, "Quello che nella prima guerra era ufficiale, Emilio Lussu, si chiamava, bella testa aveva, si vedeva già dai tuffi che faceva, che era un tipo dalla schiena dritta". Non abbiamo nessuna parentela, io e Lussu, ma questo per zio Efisio ormai non conta niente: ogni tanto mi parla di sua cugina prima Grazia Deledda romanziera, o di Eleonora Regina Giudikessa di Arborea, che una volta lui ha salvato da un agguato su nei monti nostri in mezzo ai cervi. Due inondazioni, ha conosciuto Efisio nel paese nostro ormai sempre meno contadino, una antica, nel '61, una al finire dello scorso secolo, che ha allagato anche casa nostra, dei miei genitori che si sono dovuti fare un mutuo nuovo, come fossero sposi giovinetti, per riaggiustarla e poterci invecchiare dentro. L'acqua fa paura, a Uta, appena piove un po' chi lo sa cosa può fare, si teme e si sta dentro, anche io dalla città lontana quand'è autunno penso alla pioggia, "Speriamo che non faccia danni", penso. "Portiamo Rambo al fiume"?, mi chiede Nora in questo pomeriggio novembrino, oggi non piove, un saluto a zio Efisio contadino e siamo già in cammino, fianco a fianco, un utese vero e una bambina mezzo forestiera.

N.d.r. I testi sopra riportati sono rispettivamente degli scrittori Mariolina Venezia – lucana  – e di Flavio Soriga – sardo – e sono stati pubblicati sul periodico “Green&Blue”, del quotidiano “la Repubblica”, dell’undici di dicembre 2024.

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