"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 25 dicembre 2024

CosedalMondo. 24 “Racconto di Natale”.

 

 

Terribile senso di desolazione. Incombeva su di me da anni. Se credessi nelle stelle dovrei credere che io fossi proprio sotto l'influenza di Saturno. Tutto quel che mi succedeva era troppo tardi per significare qualcosa. Fu così anche la mia nascita. Fissata per Natale, venni al mondo con mezz'ora di ritardo. Parve sempre a me che io dovevo essere il tipo di individuo che uno è destinato a diventare per il fatto che è nato il 25° giorno di dicembre. L'ammiraglio Dewey nacque in quel giorno, e così Gesù Cristo... forse anche Krishnamurti, ch'io sappia. Comunque questo era il tipo che io dovevo essere. (Tratto da “Tropico del Capricorno”, 1939, di Henry Miller).

Racconto diNatale”. “I frutti che rendono immortali”, racconto di Paulo Coelho pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 24 di dicembre 2024: Racconta il famoso poeta persiano Rumi che un giorno, in un villaggio nel nord dell’attuale Iran, si presentò un uomo che narrava storie meravigliose su un albero i cui frutti garantivano l’immortalità a chiunque li mangiasse. Ben presto, la notizia giunse alle orecchie del re, ma, prima che questi potesse domandargli dove si trovava quel prodigio della natura, il viandante era già ripartito. Il re, tuttavia, era determinato a diventare immortale, perché voleva avere tempo a sufficienza per trasformare il suo regno in un esempio per tutti i popoli del mondo. Fin da giovane aveva sognato di sconfiggere la povertà, di insegnare la giustizia e di assicurare cibo a ciascuno dei suoi sudditi, ma ben presto si era reso conto che portare avanti un tale impegno avrebbe richiesto più di una generazione. Ora la vita gli stava dando un’opportunità e lui, certo, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Convocò l’uomo più coraggioso della sua corte e gli affidò la missione di trovare l’albero. L’uomo partì il giorno seguente, ben fornito di denaro per ottenere informazioni, cibo e tutto il necessario per raggiungere il suo obiettivo. Attraversò città, pianure e montagne, facendo domande e offrendo ricompense. Le persone oneste gli assicuravano che un simile albero non esisteva, i cinici manifestavano un ironico rispetto, e qualche imbroglione finiva per mandarlo in luoghi remoti, con l’unico scopo di avere in cambio qualche moneta.

martedì 24 dicembre 2024

Strettamentepersonale. 34 “Racconto di Natale”.


RaccontodiNatale”. “La macchia di Lutero”, racconto di Andrea Vitali edito da “Garzanti” e pervenutomi – in omaggio - da ILLIBRAIO.IT: L’oste Perin era noto così, Oste Perin. Per tutti, ormai, era quello il suo nome. Ne era convinto pure lui, che rispondeva al volo quando lo chiamavano in quel modo piuttosto che Antonio, come risultava all’anagrafe. L’Oste Perin era gestore del Circolo dei Lavoratori, tra i vari locali del paese quello che godeva di maggior fama quanto a degustazione a prezzo modico dei cosiddetti prodotti tipici del lago, in realtà un’accozzaglia di cibi mutuati da questa o quella gastronomia dei territori limitrofi: pochi i piatti davvero autoctoni, forse anzi uno soltanto, i missoltini, che peraltro con questa storia non c’entrano niente. Classe 1903, aveva scapolato dalle due guerre mondiali. Troppo giovane per la prima, troppo vecchio per la seconda. Non lo si poteva accusare di vigliaccheria o di essersi imboscato, il destino aveva voluto così. Tuttavia, aveva avuto un fratello, ragazzo del ’99, caduto sull’Isonzo nel corso della prima, e uno zio, lo zio Gusto, classe 1919, che era tuttora dato per disperso sul fronte russo. Forte della sua incolpevole assenza in qualsivoglia teatro di guerra, quando nella sua osteria il discorso verteva su quest’ultima si sentiva in diritto di dare pareri. Sosteneva la tesi che la guerra allungava le sue zampe anche su chi non l’aveva fatta, indebolendone lo spirito. Bastava pensare a coloro che avevano avuto un morto, un disperso, che avevano patito la miseria e ancora la pativano, agli orfani, alle vedove. Quelli erano i mali che la guerra, pur se finita da tempo, s’era lasciati dietro. Mali inguaribili? chiedeva con una certa enfasi. Certo che sì! si rispondeva. E non si poteva fare niente per lenirli almeno un poco? Di nuovo rispondeva lui per conto dell’uditorio: Sì, certo che si poteva! Guardare al futuro, quella la medicina, senza dimenticare le brutture del passato.