"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 16 settembre 2024

Piccolegrandistorie. 99 Nicoletta Verna: «Al partigiano che si prepara all'ultimo scontro con i fascisti, Redenta sussurra: "A che ti serve, 'sta matteria?". Bruno le risponde:" A fare giustizia, cos'ho da rimetterci, al massimo la vita...". Lei insiste: "La vita vale più di un'idea". Lui non si arrende: "Dipende da quale vita. E da quale idea"».


Donne&Donne”. 1“Nel salone della falsità” di Concita De Gregorio: (…). Tocca quella che tocca. Giorni fa, di ritorno da un lungo periodo di assenza da casa, mi sono trovata all'improvviso seduta accanto alla persona che più di tutte al mondo, sono convinta e ne ho le prove, vorrebbe la mia sparizione dalla faccia della terra. All'improvviso, dico, perché tu entri, ti indicano il posto libero, l'unico posto libero, tutte sono di spalle e non è che puoi fare una selezione. Vai e basta. Dunque lei, l'Orribile Nemica, era li. Che piacere, ha detto. Bugia colossale, antifona di due ore di disagio. Come stai? Ha chiesto. Lo sapeva benissimo. Tutti seguono tutti sui social, tutti sanno benissimo dove sei, cosa fai, come stai. Certo. Ti potresti sottrarre: certo, avete ragione, potresti omettere di dire dove sei cosa fai come stai così non lo saprebbero. È vero, ci sto lavorando. È enorme la distanza fra quello che pensi di dire e quello che stai in effetti dicendo, secondo l'utenza. Non intercetto lo spirito del gruppo, limite mio. Ho chiesto vi prego non mandate più foto di tramonti, tempo fa, questo ho chiesto secondo me. L'ho fatto in un modo spiritoso, non è stato capito. Limite mio, ripeto. Ho ricevuto centinaia di foto di tramonti, deve essere sembrato un invito. Non ho il lessico giusto, ci sto lavorando. Ti vedo bene, ha detto la vicina fingendo sorpresa. L'altrui malessere, in questo caso il mio, genera un'aspettativa di catastrofe che poi è un peccato deludere. Un peccato social, intendo. Se stai male, millemila. Se stai meglio, meno mila. È un problema, mi ha detto catti-va, sembrare sempre performante. Ha detto performante, ma avevo già una calotta in testa perciò non ho risposto. Dovresti chiedere aiuto quando stai male, non mostrarti forte. Le persone forti vengono sempre abbandonate, ha detto la iena che ha lavorato, in passato, perché lo fossi. Con relativo successo, perché del tutto scomparsa non sono. Era di questo un poco dispiaciuta, ho notato. Poteva fare meglio, deve aver pensato. Anche tu stai benissimo, le ho detto. Non era vero. Stava togliendo i baffetti, io non ho baffetti da togliere. Aveva occhiaie verdi. Ho pensato: gioco la stessa partita. Trovi? ha risposto. Sì sì, ho detto. Beh, anche tu dal vivo sei molto meglio che in foto, ha detto lei. Mi resta parecchio lavoro da fare.

Donne&Donne”. 2 “Dipende da quale idea” di Massimo Giannini: “Piangerà. Tutte le donne prima o poi piangono". Ho appena ascoltato le ultime notizie dall'Afghanistan, e mi è tornata in mente questa frase. Adalgisa la dice a suo marito Primo, che le chiede perché la sua "babina" neonata e scarognata se ne sta per giorni interi buona buona in culla, senza fare un verso né una lacrima. Succede in uno dei più bei libri che ho letto in questi ultimi anni, I giorni di Vetro. Nicoletta Verna l'ha scritto per Einaudi con la stessa forza evocativa e la stessa qualità letteraria con la quale Elsa Morante ci regalò La Storia, in un altro tempo. È un romanzo quasi ottocentesco, per la profondità e la potenza con le quali ci racconta un Paese e un'epoca, la povera provincia italiana sedotta e poi tradita dal fascismo. Ma soprattutto per la semplicità e la precisione con le quali indaga il cuore delle donne. Quelle più ingenue e remissive come Redenta, che si portano dentro "la pietà che le farà vedere più cose di quelle che vediamo noialtri". Quelle più consapevoli e combattive come Iris, che inseguono libertà e giustizia, pensano che "il coraggio è amore e cura e non ferocia", e si caricano sulle spalle il peso del mondo per cambiarlo. Alla fine, per quanto ferite o pentite, solo queste ultime potranno dire "sono viva". Ma non ce l'avrebbero mai fatta, senza l'aiuto e la resilienza delle prime. A Kabul i talebani che comandano dopo l'ignominiosa fuga americana di tre anni fa hanno emanato una legge che vieta alle donne di cantare, di leggere in pubblico e anche di parlare, se non previa autorizzazione di un "tutore" maschio. Con un decreto di 35 articoli, e in perfetta aderenza con la Sharia islamica, il Mullah Akhundzada completa il quadro dei supplizi fisici e morali inflitti alle donne. Avevano cominciato con il divieto di uscire a volto scoperto e di frequentare scuole o università. Adesso finiscono il lavoro: alle ragazze non basta il burka, devono sopportare anche il bavaglio. Io non mi meraviglio che questi barbari proseguano imperterriti la loro battaglia atroce e oscurantista sul corpo delle donne. Ormai lo abbiamo capito: c'è un pezzo di Islam che, abusando del Corano, le considera esseri inferiori, e privando loro dei diritti civili e sociali pretende di "educare" interi popoli alle norme liberticide delle teocrazie. Quello che non accetto è che, di fronte a questa macelleria morale e culturale, l'Occidente si volti dall'altra parte. E che i movimenti giovanili e femministi delle nostre evolute democrazie non abbiano niente da dire. Come non hanno niente da dire sugli stupri di massa compiuti da Hamas durante il pogrom anti-ebraico del 7 ottobre o sulle violenze indicibili dei soldati israeliani sulle donne palestinesi a Gaza e in Cisgiordania. Leggetevi l'ultimo reportage di Azadeh Moaveni sulla London Review of Books: ci troverete i dettagli di tutto questo orrore. Oltre che in Medioriente - scrive l'inviata americana - "in Afghanistan, Iraq, Siria, Nigeria, Ucraina la guerra si è incisa nelle donne attraverso torture-sessuali, uccisioni, sparizioni e mutilazioni di bambine, abusi e sfruttamento, schiavitù sessuale e, naturalmente, stupro". Sappiamo che questa vergogna chiama in causa il potere cieco e sordo dei maschi, responsabili della mattanza. Ma le donne di questa metà "illuminata" del mondo, perché non si ribellano, perché non manifestano al fianco delle "sorelle" umiliate, violentate e massacrate nell'altra metà? Come sempre, non ho una risposta. E allora tomo a Nicoletta Verna e ai suoi giorni di Vetro. A un certo punto, al partigiano che si prepara all'ultimo scontro con i fascisti, Redenta sussurra: "A che ti serve, 'sta matteria?". In un baleno di rabbia, Bruno le risponde:" A fare giustizia, cos'ho da rimetterci, al massimo la vita...". Lei insiste: "La vita vale più di un'idea". Lui non si arrende: "Dipende da quale vita. E da quale idea". E se ne va, incontro al suo destino.

N.d.r. Le due “storie” sono state pubblicate sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 14 di settembre 2024.

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