"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 29 settembre 2024

Lavitadeglialtri. 43 Andrei Kurkov: «La guerra costringe le persone a creare nuovi modi per coesistere al suo interno. La guerra entra nella più piccola cellula dell'attività umana».

 


Fattoria Grange Old Heanor, 29 settembre. Sono riuscito a trovare lavoro qui perché nell'esercito conoscevo Richards, l'ingegnere della Compagnia. È una fattoria che appartiene alla Butler and Smitham Colliery Companv, l'usano per coltivare il grano e l'avena per i pony delle miniere, non è un'impresa privata. Ma hanno vacche e maiali e tutto il resto, ed io guadagno trenta scellini alla settimana come bracciante. [ ... ]. Questo è il mio quarantesimo inverno. E non c'è nulla che possa fare per tutti gli inverni che sono passaci. Ma quest'inverno resterò fedele alla mia fiammella di Pentecoste, e arò un po' di pace. Non permetterò che il fiato della gente la spenga. Credo in un mistero superiore che non fa morire nemmeno il croco. E anche se tu sei in Scozia e io sono nei Midlands e non posso stringerti tra le braccia e mettere le mie gambe intorno a te, di te ho ugualmente qualcosa. (Tratto da “L’amante di Lady Chatterley” – 1928 – di David Herbert Lawrence).

“Raccontare non è una terra straniera”, testo dello scrittore ucraino - in lingua russa - Andrei Kurkov pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” di oggi, domenica 29 di settembre 2024: Cosa è più importante: la storia o la realtà di oggi? La scorsa notte non riuscivo a dormire. Così sono andato in cortile per guardare il cielo. Cinquantasei droni iraniani, lanciati dalla Russia, erano in viaggio per colpire Kiev. Continuavano a cambiare direzione: prima volavano verso ovest, alla volta di Zytomyr, poi deviavano e tornavano a puntare la capitale dell'Ucraina. L'obiettivo era di far saltare in aria un altro caseggiato. Ieri sera siamo stati tutti fortunati. Di quei cinquantasei droni, cinquantatré sono stati abbattuti e tre si sono "persi". A quanto pare, è finito il carburante e sono caduti in aree disabitate. La nostra piccola casa si trova in un paese a metà strada tra Kiev e Zytomyr e a volte, di notte o al mattino presto, sentiamo il ronzio dei droni che volano verso Kiev o, più di rado, esplosioni lontane, quando un drone o un missile vengono abbattuti. In ogni caso, qui è molto più tranquillo che a Kiev, dove il sonno è regolarmente interrotto dall'urlo delle sirene che annunciano un raid aereo e dalle esplosioni che squarciano la notte. Ieri sera, mentre guardavo le stelle e controllavo che nel cielo sopra di noi non volassero droni russi, mi sono ritrovato ad ascoltare il silenzio. Niente droni: tra le stelle luminose, i satelliti di Elon Musk si libravano tranquilli sopra l'emisfero come uno stormo di uccelli rari. Era come se guardassero dall'alto le nostre vite piene di esplosioni, osservandoci dal futuro, come se fossimo già parte della storia. Tutto questo succede da più di due anni, e io non ho mai smesso di scrivere. Fino a poco fa, riuscivo a lavorare solo a testi che riguardavano la nostra vita di guerra - articoli, saggi, discorsi, anche un diario che cerco di tenere giornalmente. Ma quest'estate, nonostante il perdurare dell'orrore, ho ripreso a scrivere narrativa, e nel farlo ho provato qualcosa di vicino al mio vecchio appagamento. Ora mi rendo conto che tutte quelle parole sulla guerra mi hanno sfinito. Anche se devo continuare a scriverle. Sono il mio piccolo contributo allo sforzo bellico, nonostante io avverta che stiamo per raggiungere il punto in cui su questo disastro non sarà più possibile scrivere nulla di nuovo. Ma quando mi siedo al computer, capisco anche che la guerra è un generatore di nuovi argomenti. La guerra costringe le persone a creare nuovi modi per coesistere al suo interno. La guerra entra nella più piccola cellula dell'attività umana, influenzando il nostro modo di comportarci, le nostre abitudini e il nostro giudizio. A Kiev, sono abituato a lavorare in diversi caffè del mio quartiere. Durante il primo anno di guerra, quando suonava l'allarme i camerieri chiedevano ai clienti di uscire e di raggiungere il rifugio più vicino. Chiudevano le porte del locale finché non veniva dato il segnale di cessato allarme. Ora, quando a Kiev si sentono le sirene - anche fino a dieci volte al giorno - il personale continua a preparare il caffè, i clienti ordinano il loro pranzo d'affari e si siedono ai tavoli. Se non ci sono allarmi, preferisco lavorare vicino a una finestra. Se entro in un caffè durante un raid aereo, scelgo un tavolo lontano dalle finestre, vicino al muro. E se l'allarme suona quando mi sono già seduto alla finestra, mi sposto accanto al muro. Mi accorgo che queste strane abitudini si stanno radicando nel mio comportamento. Ciascun ucraino, se lo vuole, può fare un confronto tra il se stesso di "prima della guerra" e quello che è oggi, durante la guerra. Naturalmente, le cose sono diverse per i rifugiati in Europa o in America. Quegli ucraini devono affrontare altre realtà, e sono quelle a plasmare il loro cambiamento. Da poco ho scoperto un nuovo locale dove lavorare e bere un caffè è più sicuro. Si trova nell'atrio al piano alto della stazione della metropolitana di Zoloti Vorota (la Porta d'Oro, ndt), nel centro storico di Kiev, a cinque minuti a piedi dal nostro appartamento. Qui le pareti di vetro si affacciano direttamente sull'ingresso della stazione e sull'imbocco della scala mobile. Se necessario, si può scendere velocemente. Durante i raid aerei, le stazioni della metropolitana di Kyiv sono isole di sicurezza, soprattutto per i pensionati e per le famiglie con bambini. Vado spesso a scrivere in quel caffè nella metro. Lì mi sento protetto. Eppure, un mattino di due anni fa, ad appena un centinaio di metri, due missili russi 154 hanno colpito la storica via Volodymyrs'ka, durante l'ora di punta. Un missile è esploso in mezzo alla strada, uccidendo sei persone e danneggiando la facciata dell'edificio del Parlamento ucraino del 1918 e il monumento al primo presidente ucraino Mychajlo Hrusevs'kyj, lì accanto. Il secondo missile è caduto nel Parco Sevèenko, alle spalle del monumento dedicato al poeta nazionale ucraino Taras Sevcenko, proprio di fronte all'edificio principale dell'Università di Kiev. Il monumento era protetto da sacchi di sabbia e non ha subito danni, ma il parallelismo tra il bombardamento di Kiev da parte dei bolscevichi russi nel 1918 e l'attacco dell'ottobre 2022 è evidente anche a chi non si è mai interessato di storia. La storia è ciò che mi salva in questi giorni. Sono sempre più curioso di sapere cosa è successo a Kiev tra il 1918 e il 1919, durante la prima e la seconda occupazione bolscevica. Più approfondisco, più mi rendo conto di quanto quei fatti rispecchino ciò che ha avuto inizio nel febbraio 2022. La stessa arroganza imperialistica, la stessa violenza e mancanza di rispetto per la vita umana. Fare ricerche su quel primo periodo di aggressioni dà oggi un senso alla mia vita. La mia passione per quegli anni si è risvegliata nel 2017, tre anni dopo l'inizio di questa guerra - con l'annessione della Crimea e gli eventi nel Donbass. Una lettrice mi chiamò per dirmi che aveva un regalo speciale per me, così ci siamo accordati per incontrarci già quella sera. È arrivata in auto e per prima cosa ha aperto il bagagliaio, mostrandomi una grande scatola di cartone. Dentro c'erano i fascicoli originali della Ceka, la polizia segreta bolscevica di Kiev, relativi al periodo 1919-1921. Documentavano la lotta della Ceka contro criminali veri e contro persone innocenti, le cui azioni quotidiane venivano criminalizzate dalle leggi assurde e crudeli delle autorità sovietiche. Leggere quei documenti mi ha totalmente assorbito. Anche rileggendoli dopo l'inizio della guerra su larga scala, al suono delle esplosioni nella mia città, mi è sembrato di trovarmi nel passato, nella Kiev del 1919 presa dai bolscevichi, con gli occhi spalancati dalla paura per il terrore bolscevico. Il terrorismo russo contro Kiev e l'intera Ucraina mi fa viaggiare nel tempo. E come se mi trovassi contemporaneamente nel 1919 e nel 2024. Lo stesso esercito che sognava di distruggere l'indipendenza dell'Ucraina tra il 1918 e il 1921 (anno in cui ci riuscì), sta di nuovo cercando di distruggere l'indipendenza dell'Ucraina, oggi. La storia si ripete, senza insegnarci come evitare che si ripetano le calamità del passato. Tuttavia, scrivere narrativa storica sembra essere importante tanto quanto scrivere degli orrori attuali. Quantomeno dobbiamo ricordare il passato e trasmettere la nostra comprensione di quanto è successo alle nuove generazioni di ucraini, italiani, tedeschi, e a tutti coloro che vivono nella speranza di una vita "dopo la guerra", e che non vogliono ritrovarsi nella situazione in cui si trova l'Ucraina - ovvero, vivere "durante una guerra", che dura ormai da dieci anni, senza che se ne intravveda ancora la fine.

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