“Media&Politica”. Nel 2001 Umberto Eco scrisse un famoso appello sul sito Golem, dal titolo Per chi suona la campagna. La campagna era quella elettorale, ed era in ballo l'ennesimo ritorno di Silvio Berlusconi alla presidenza del consiglio. In quell'occasione, Eco parlò di due tipi di elettorato, quello Motivato, che aderiva al Polo delle Libertà "per effettiva convinzione", fra cui gli ex fascisti che intendevano "intraprendere una revisione radicale della storia del Novecento" (ricorda qualcosa?) e quello Affascinato, a cui poco importava l'instaurazione di "un regime di fatto". In sostanza, diceva Eco, a questo secondo tipo di elettorato non avrebbe senso parlare dell'inchiesta dell'Economist o di tutte le magagne giudiziarie e non del Cavaliere: erano elettori insensibili a ogni accusa, prodotti da anni di attenzione ai valori del successo e della ricchezza facile. "Questo Elettorato Affascinato sarà quello che farà vincere il Polo. L'Italia che avremo sarà quella che esso ha voluto". Ventitre anni dopo, siamo esattamente in quell'Italia, e lo dimostrano le polemiche sull'intervista rilasciata a Il Foglio dall'avvocata e militante Cathy La Torre, e il relativo putiferio online e offline che ne è seguito. La Torre sostiene che Giorgia Meloni "dia una pista a tutti" e che sulla comunicazione non abbia rivali. Inoltre, aggiunge, tante donne, anche giovanissime, la vedono come un modello: "lo percepisco nelle scuole, la generazione Alpha si rivede in lei". Ora, ci sarebbe una prima e semplicissima osservazione da fare: il problema non è come si comunica, il problema è quello che un governo di destra fa e continuerà a fare, comunicando magari benissimo provvedimenti securitari e reazionari. Aspettarsi che Meloni faccia qualcosa, come auspica La Torre, "su ius scholae, suicidio assistito, adozioni, unioni di fatto" è la replica delle aspettative nutrite anche da molte femministe verso Virginia Raggi quando venne eletta sindaca: immaginarono che agisse a favore di tutte e invece tentò di sfrattarle dalla Casa delle Donne. Se fosse qui il mitologico Vujadin Boskov ripeterebbe: "Rigore è quando arbitro fischia". La seconda osservazione riguarda la generazione Alpha che vedrebbe la premier come modello. Non abbiamo i dati per saperlo (e si teme che le impressioni personali non contino): in compenso abbiamo quelli di Richard Weissbourd, docente ad Harvard, riguardo all'epidemia di solitudine degli americani, specie fra 18 e 25 anni. Perché sono la prima generazione a constatare che la collettività sta sbiadendo: e forse andrebbe loro detto che il mondo potrebbe essere non solo dei vincenti, ma anche di quelli che si chiamano perdenti, come sa bene lo Stephen King di It. (…). …tocca di nuovo rivolgersi a Boskov e a un'altra delle sue frasi celebri: "La partita finisce quando arbitro fischia". Non manca moltissimo, purtroppo. (Tratto da «L’elettorato “Affascinato” di Giorgia Meloni» di Loredana Lipperini pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 6 di settembre 2024).
“IlRacconto”. “Siamo su una nave senza benzina ma la comandante inganna i passeggeri” di Concita De Gregorio pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, domenica 15 di settembre 2024: La nave non ha più carburante e non ci sono i soldi per far rifornimento, ma questo non lo dice nessuno: è la consegna del capitano. I passeggeri non devono sapere. Bisogna tenerli distratti con qualche diceria, il materiale abbonda. Basta dar voce ai sussurri: il via vai notturno tra le cabine di prima classe, una sciarpa di chiffon caduta in corridoio, la tresca del secondo pilota con la ragazza della manicure che è clandestina, lui le ha promesso che una volta a terra le farà avere il permesso di soggiorno e non lo farà, naturalmente. Lei però conosce la vita e mette da parte le prove perché chi non paga il conto prima o poi deve pagare la colpa, ripete – le amiche di scarsa ventura annuiscono. Vedrete, dice il capitano ai suoi familiari convocati a bordo, ha dato loro divise coi galloni: vedrete che a soffiare sulle voci poi a cena non si parlerà d’altro che di questo. E a colazione, e all’ora dell’aperitivo con le olive, mi raccomando che abbondino le olive e le brioches. La tresca, la sciarpa: di questo bisognerà dire. Del carburante nulla. Fidatevi di me che so come si fa, sono io che vi ho portati qui, giusto? Se no ve lo sognavate, di salire sulla nave. Allora fidatevi. In sala macchine c’è una certa apprensione. Il responsabile dei fuochi ha avvisato il comandante, che è una donna ma si fa chiamare capitano, le sembra più autorevole. Le ha detto: il motore principale è guasto. Lei ha risposto andiamo avanti con quello di emergenza, ho già chiamato i soccorsi, arriveranno. Non è vero ma si sa che in mare bisogna fino all’ultimo, sperare, navigare a vista. Sulla tolda suona un’orchestra che va fuori tempo ma nessuno se ne accorge perché sono anni che nessuno studia più la musica, nessuno la insegna. Pagare gli insegnanti costa, e poi la musica quando la devi studiare è una fatica. Meglio che i passeggeri non conoscano le regole del ritmo, che non sappiano niente di armonia: prenderanno per buono quello che c’è. La cantante è stonata ma c’è l’autotune. Il concetto di intonazione è desueto, è un retaggio delle élite del Novecento. Quando all’imbarco, sul molo, c’era un cerbero a fare selezione e si imbarcavano i migliori. Non sempre, certo. Qualcuno si imbucava anche allora, qualcuno corrompeva e molti si lasciavano corrompere. Ma nel complesso, tutto sommato, facevi la tara e al netto dei raccomandati restava sempre un gruppetto che sapeva di venti, specialmente di correnti. Di rotte e di approdi sicuri. Non si ricordano difatti catastrofici naufragi: si cambiava spesso l’equipaggio, anche questo è vero, la turnazione dava garanzia di rinnovamento. Degli uni e degli altri. Degli inetti e dei capaci. La turnazione era il meccanismo salvavita, allora. Fino a un certo punto, perché poi i profittatori si son fatti maggioranza, è venuto il tempo in cui chi aveva più soldi pagava tutti gli altri e poteva persino fare lui il comandante. meglio se con un anziano esperto consigliere nell’ombra, uno della vecchia guardia assoldato perché capace di governare l’equipaggio. (…). Le cose sono andate sempre peggio ma la musica era salva, intanto, e questo bastava. La musica e le feste sontuose. Per cantare sulle navi – che fossero mercantili o da crociera -bisognava mostrare minime doti di bel canto. Infine, neanche quello. Nell’era successiva alla rivolta di popolo contro le odiose élite, aristocrazie del sapere e dei soldi, è arrivato il governo del popolo anche detto populismo. Qui, democraticamente e finalmente, chiunque può cantare e timonare. Anche il tuo compagno di scuola delle medie che aggiusta i motorini in officina, anche lui può stare al governo: settore trasporti, o beni culturali cosa cambia. Una nuova egemonia culturale, ecco cosa serve. Una egemonia dove il sapere è un impiccio. Infatti: se chi comanda non sa come funziona una nave il sapere dei suoi secondi metterebbe in luce l’ignoranza del capo, quindi meglio chi non sa. Basta che non ci sia ammutinamento, questo sì che è importante. Basta che salga a bordo solo gente incompetente ma fedele, gente che mai e poi mai si rivolterà contro il suo benefattore. Una nave di devoti, ecco cosa serve. Pazienza per i passeggeri. Che ballino e cantino e si intrattengano con le tresche di bordo. Poi se mai ci dovesse essere un iceberg a prua si dirà che è stata sfortuna, una montagna di ghiaccio all’improvviso, il destino, un complotto. Ecco: un complotto dei Signori dei Ghiacci, celebre setta occulta di massoni di sinistra che si nasconde a volte persino tra uomini in divisa preposti alla tutela della nave. Di tutti, di tutti bisogna difatti diffidare. I passeggeri, giocando a burraco facilitato, fanno sì con la testa. È dall’inizio. È da quando si è fatto l’equipaggio. Da quando un partito che prima non era nei radar e poi ha vinto le elezioni che chi è rimasto a terra dice attenzione. Chi vince le elezioni ha sempre ragione il popolo è sovrano, ma attenzione: qui manca il gruppo che deve affrontare la traversata dell’oceano sapendolo fare, detto classe dirigente. Non è che puoi mettere solo gli amici tuoi, parenti e affini, i tuoi compagni di campeggio patriottico. Non è così che si cavalca la rivincita, il riscatto. Non col risentimento e con la diffidenza. Sì, anche prima c’erano amici e familiari. Parecchi, sul finire: diciamo pure troppi, da cui disillusione di elettori diventati sempre meno. Ma bisogna pure che resti un drappello di gente esperta alla guida, altrimenti si va a sbattere. Perché funziona così: l’arroganza è proporzionale all’incompetenza. Più sai e più sei consapevole dei tuoi limiti. Meno sai e più credi, tracotante, di non averne. È una regola eterna degli umani, non un complotto dei poteri oscuri. Il complotto è il più cretino degli alibi: è un alibi da cretini. A volte ce ne sono, di complotti, eccome se ce ne sono stati. Ma erano geometrie complesse ordite da gente espertissima di trame. Neppure i più avvertiti riuscivano fino in fondo a districarle, quelle strategie. Erano gli ultimi decenni del Novecento, quando la storia d’Italia ha cambiato direzione e ci ha portati qui. Bisognerebbe che la capitana, il comandante, allontanasse gli inetti sebbene parenti e amici e cercasse fuori dal suo piccolo cerchio qualcuno che sa fare le cose. È forse ancora in tempo, sebbene sul limite. Non è solo interesse nostro, che siamo a bordo. È principalmente interesse suo. Dirglielo non serve perché non si fida. Lo deve capire da sola. Il carburante è finito, questo è il problema. L’economia, comandante. I viveri, la salute, il lavoro. Se non ci saranno, sulla nave, presto i passeggeri smetteranno di giocare a burraco e gliene chiederanno conto. Nessuna sciarpa di chiffon è per sempre.
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