“Promemoriaelettorale”. Ha scritto Marco Travaglio in “Votate Pier Muzio” pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 17 di agosto 2022: (…). …Pierferdinando Casini, uno dei due
italiani viventi (l’altra è Emma Bonino) che hanno trascorso più anni in Parlamento
che fuori: 39 su 66. E non è l’unico record che gli invidio. Dopo le epiche
battaglie nella Dc contro il divorzio e le sfilate nei Family Day, ha
divorziato due volte. Ha cambiato più mogli e compagne che partiti, di cui
vanta peraltro una discreta collezione (Dc, Ccd, Udc, Scelta civica, Pd). E
ogni volta che mette “la mano sul fuoco” sull’innocenza di un amico, quello si
becca regolarmente 7 anni definitivi di galera. Lo fece con Cuffaro ad Annozero
e Totò fu condannato a 7 anni per favoreggiamento a un boss mafioso. Lo fece
con Dell’Utri, scrivendo tutta la sua “stima” per il deputato imputato alla
vigilia della sentenza di primo grado su carta intestata di presidente della
Camera, e Marcello si beccò 9 anni, poi ridotti ai soliti 7, per concorso esterno
in Cosa Nostra. E dire che Casini, ai tempi di Mani Pulite, si sperticava in
pompe magne per Di Pietro e lo voleva nel Ccd. La perdita (per fortuna solo
simbolica) di entrambe le mani sul fuoco gli valse un nuovo soprannome dopo
Pierfurby (Dagospia), carugnin de l’uratori (Bossi), Azzurro Caltagirone
(Grillo), Piercasinando (nostro): Muzio Scevola. Quella belva dorotea del suo
talent scout, Tony Bisaglia, che l’aveva scoperto in tandem con Marco Follini,
diceva: “Casini è bello, Follini è intelligente”. Ma, come galleggiante,
Piercasinando non lo batte nessuno: è in Parlamento ininterrottamente dal 1983,
quando al Quirinale c’era Pertini e a Palazzo Chigi arrivò Craxi. Dieci
legislature compiute e l’undicesima già pronta, grazie al compagno Letta, che
come Renzi lo ri-blinda nella Bologna rossa (di vergogna). Lì l’ultima volta
trascinò il Pd al peggiore risultato di sempre. E ora potrebbe superarsi. Ai
compagni bolognesi che lo imploravano di allontanare da loro l’amaro calice,
Letta ha risposto che Piercasinando è fondamentale “per rendere più efficace la
nostra tutela della Costituzione” sotto “assalto da parte della destra”. La
stessa destra che nel 2006 tentò l’assalto con la devolution di
Calderoli&C., quando ne faceva parte Casini. Il quale poi si buttò a
sinistra giusto in tempo per partecipare agli assalti del Pd alla Carta: quello
di Letta nel 2013 e quello di Renzi nel ’16. Ma si sa come sono questi assalti:
se li fa la destra sono golpe, se li fa la sinistra benedizioni. E comunque,
per non saper né leggere né scrivere, Piercasinando è sempre fra gli
assaltatori. E sempre senza mani. Di seguito, “La Restaurazione trionfa, ma per quanto?” di Peter Gomez,
pubblicato sul mensile “Millennium” dell’agosto 2022: Un tempo c'erano i vaffa day. C'era la rete che ribolliva di proteste e insulti.
C'era la gente che davanti alla crisi economica, ai danni della globalizzazione
e all'aumento delle diseguaglianze mandava a quel paese le classi dirigenti. E
poi c'erano loro, c'era l'establishment, c'era l'ordine costituito che
constatata la rabbia crescente capiva di aver sbagliato qualcosa. "Le
élite hanno fallito" aveva detto non senza onestà Carlo De Benedetti
nell'ormai lontanissimo 2016. È durata poco. Giusto il tempo di una pandemia e
di una guerra. Perché il vaffa, come la rabbia, c'è ancora. Ma questa volta
arriva dall'alto. Dopo essere state umiliate le élite hanno messo da parte
l'autocritica e hanno dato libero sfogo a loro complesso di superiorità. Un
complesso che, come ci ha insegnato a inizio Novecento lo psichiatra austriaco
Alfred Adler, porta chi ne è affetto a considerarsi in ogni caso predestinato
alla vittoria, a gareggiare in maniera spesso scorretta e prepotente ritenendo
che il fine giustifichi i mezzi. È stata così abbandonata l'idea che ci sia
qualcosa che non va in un'Italia in cui quasi solo i figli degli industriali
diventano industriali, quelli dei professori universitari diventano professori,
quelli degli architetti architetti e quelli dei giornalisti giornalisti:
un'Italia in cui gli eredi dei ricchi restano ricchi e quelli dei poveri
restano poveri o ancora più poveri. La parola casta è scomparsa dai media che
pure anni fa l'avevano lanciata. Non si parla più dello scandalo di una
politica ormai talmente oligarchica da permettere di entrare in Parlamento solo
a chi viene cooptato da un segretario di partito anche in assenza di qualsiasi
consenso popolare. Le primarie chi le aveva le ha cancellate. Chi non le aveva
continua a non averle. Ma non importa. Intanto sui social, sui giornali, in tv
e persino durante i di-battiti accademici, è tutto un florilegio di insulti
dall'alto: incompetenti, cialtroni, scappati di casa, imbecilli. L'atteggiamento
tenuto nei confronti della minoranza no-vax durante la pandemia viene replicato
con la guerra. Solo che il Covid era ed è un'emergenza in cui le scelte, giuste
o sbagliate che fossero, erano dettate in accordo con la stragrande maggioranza
della comunità scientifica allo scopo di tutelare i cittadini, mentre quelle
prese per contrastare l'aggressione russa all'Ucraina non hanno nulla di
scientifico, sono semplicemente misure politiche. Così chi prova a ricordare
che mai nella storia le sanzioni economiche e gli embarghi sono serviti per
piegare gli Stati prepotenti, viene bollato come putiniano. E lo stesso accade
a chi esplicita i suoi timori per la recessione economica, oppure osa
sottolineare come la guerra mondiale sia nei fatti sempre più vicina. Per tutti
loro è pronto un trattamento simile a quello che il gran maestro del dileggio,
il virologo Roberto Burioni, riservava a chi non voleva vaccinarsi: nessuna
spiegazione, nessuna opera di convincimento, ma solo un augurio via twitter:
"no vax chiusi in casa come sorci''. Una frase che da sola dimostra come
sbagli chi confonde gli scienziati con la scienza, C'è da chiedersi però quanto
durerà. Le ragioni per cui chi stava sotto protestava non sono scomparse. Il
mondo non è migliore di prima. È solo attonito, spa-ventato, quasi narcotizzato.
La delusione pervade tutto e tutti. Così la restaurazione impera, ma per
quanto? Noi non rispondiamo, ma ci limitiamo sommessa-mente a ricordare che
dopo rivoluzione francese e Napoleone ci fu sì il congresso di Vienna. Ma dopo
Vienna arrivò il Quarantotto. Difficile pensare che per fermarlo oggi basti un
insulto, sia pure dall'alto.
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