"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 5 settembre 2020

Ifattinprima. 85 «Non importa più ciò che davvero sta accadendo, possiamo sostituirlo con ciò in cui crediamo».


Ha scritto Michele Serra in una Sua corrispondenza - “Nemici del popolo e della mascherina” – pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 28 di agosto ultimo:
(…). …“fragile” non è un eufemismo. È una constatazione. Essere “meno acculturati e meno abbienti”, (…), espone oggettivamente ai rovesci della vita (in questo caso al contagio) ben più di quanto accada negli strati sociali più protetti. L’educazione e la cultura sono stati per millenni privilegi di pochi, e non per caso i partiti davvero “popolari” (che sono quasi l’esatto contrario dei partiti populisti) per tutto il secolo scorso fecero della battaglia per la cultura e l’educazione di massa una delle loro bandiere. La questione si è molto complicata negli ultimi anni. Indicare il problema (ovvero: denunciare le condizioni di subalternità del “popolo”) espone al rischio di essere considerati snob, o classisti, o “antipopolari”, con un ribaltamento totale del punto di vista. Io ho sempre pensato che i veri classisti, nonché i veri nemici del popolo, sono coloro ai quali “il popolo” va benissimo così com’è. Perché è massa di manovra politica e/o perché è massa di consumatori manipolabili. Una eventuale trasformazione del cosiddetto “popolo” in cittadini pensanti farebbe la fortuna della Polis, ma manderebbe in rovina parecchi partiti e non poche delle attuali filiere di consumo. E comunque a chiedere il voto ai “senza mascherina” e ai nemici delle regole sono soprattutto i demagoghi di destra (i Salvini, i Trump, i Bolsonaro), non certo la sinistra, che al contrario è accusata, spesso a torto, di esistere solo in virtù del voto dei centri storici e delle grandi capitali cosmopolite. Permettendomi di correggere il (…) malumore nei confronti dei “tamarri”, voglio aggiungere (per consolazione (…) mia e dei tamarri medesimi) che tutte le persone, a cominciare da noi stessi, devono essere considerate degne di uguale considerazione così come di uguale severità. Bisognerebbe rivolgersi ai “tamarri” con le stesse speranze e le stesse esigenze che in genere sono riservate ai più protetti, o ai già salvati. Ne deriverebbero molte sorprese. Tratto da “I tre inganni dei negazionisti” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di mercoledì 2 di settembre: (…). Il negazionismo è (…) prima di tutto una forma di egoismo: poiché ho annullato concettualmente l'esistenza di quel fatto, non mi sento implicato emotivamente nelle sue conseguenze, visto che le ho abolite alla radice, e quella vicenda non mi riguarda. Così posso fingere che non esista, e sentirmi invulnerabile perché non mi interpella. Questo meccanismo psicologico vale per i singoli individui i quali, mentre nella rimozione non vogliono avere coscienza del negativo che li fa soffrire, col diniego arrivano a truffare se stessi, tentando di annullare ciò che esiste e che conoscono. Quando la negazione da individuale e privata diventa collettiva e pubblica, e si manifesta in forma organizzata e diffusa, coinvolgendo pezzi di società, si trasforma in fenomeno politico. È quel che sta accadendo in vari Paesi d'Europa, con un'irrazionalità dilagante, perché proprio mentre le curve del virus tornano a crescere dopo la tregua apparente degli ultimi mesi, nascono manifestazioni No Mask nelle piazze di Berlino, Londra e Zurigo, e l'ultradestra di Forza Nuova ha già lanciato l'adunata per sabato 5 settembre a Roma. Che cosa sta succedendo, cosa si è rotto nella comunità nazionale divisa in due, con una larga parte preoccupata di predisporre le misure indispensabili di precauzione nei confronti della pandemia, mentre un'altra parte - minoritaria - le contesta, le rifiuta e le denuncia come un attentato alla libertà? In realtà proprio per diventare politico il negazionismo ha bisogno di costruire una struttura cognitiva basata sul complotto, sul nemico, sulla manipolazione, sull'inganno. Senza tutto questo, il diniego sarebbe soltanto "un modo per mantenere segreta a sé stessi la verità che non si ha il coraggio di affrontare", una patologia in cui Freud individua l'inizio dell'Io diviso. Ma qui siamo oltre. Rifiutando di sapere quello che sa, il negazionista sterilizza e azzera la sua conoscenza, la disabilita rendendola inutile dal punto di vista dell'agire sociale, in una falsificazione continua della realtà fino a deformarla in un impasto ideologico e demagogico in cui trovano posto pulsioni primitive antiscientifiche e ribellismi moderni che pretendono di difendere i diritti violati dall'emergenza. L'obiettivo è la sconfitta della "tirannia sanitaria" accusata di diffondere da sei mesi "menzogne, deliri e farneticazioni", di "distruggere ogni serenità, terrorizzare, indurre la profezia tragica che si autoavvera". L'appello è a una mobilitazione capace di far capire "che non esistono solo i morti viventi disposti a chiudersi per sempre in un bunker per non prendere il virus, ma anche persone vive, pensanti e libere". I soggetti chiamati in piazza sono i gruppi, le associazioni, le chat disposte a "fare fronte comune contro il mare di menzogne e manipolazioni della covidittatura", dal "Popolo delle mamme" agli insegnanti "che dicono no", a "niente bavaglio a scuola", a "salviamo i bambini dalla dittatura sanitaria", ai canali Internet "che sono stati una specie di Radio Londra durante il lockdown", come "byoblu", "radioradio", "fuori dal virus", "resilienza italiana", "medici contro il terrorismo covid", "lasciateci respirare". Come a Berlino, dove si sono trovati accanto nella manifestazione No Mask ecologisti, vegani, omeopati, no vax, terrapiattisti, naturopati insieme con militanti dell'ultradestra Afd che hanno portato la bandiera rosso-bianco-nera del Reich sulla scalinata del Reichstag, così per Roma il richiamo coinvolge i gilet arancioni del generale Pappalardo, i No 5G, i Forconi superstiti, i neonazisti, uniti contro "le costrizioni e coartazioni del regime sanitario", contro "la scuola lager che ci vogliono imporre", contro "il demenziale e psicotico termoscanner a scuola", a favore della "libertà di cura" espropriata dagli Stati, ma difesa dagli "eroi della libertà". Questa fusione di millenarismo e ecologismo (che è egemonizzata naturalmente dalla destra estrema) accusando le élite di utilizzare il Covid per comprimere le libertà dei cittadini a vantaggio dei poteri finanziari, usa lo stesso schema del nazionalismo sovranista, di cui ha i medesimi nemici: "lo Stato, i governi, l'Oms, la Trojka". Anche la rivendicazione di libertà è piegata a destra: non la libertà del cittadino intesa come piena espressione delle proprie facoltà e pieno dispiegamento dei propri diritti, ma libertà dalle regole e dalle norme di precauzione e di garanzia. L'individuo si vuole libero di una libertà privata e egoista, perché liberato da ogni dovere di responsabilità nei confronti della comunità e degli altri, dunque sciolto da ogni vincolo sociale e pubblico. Oltre a ignorare la propria esperienza e azzerare la conoscenza, il negazionismo per farsi strada deve negare la scienza, la ricerca, la medicina, quella cultura scientifica che è un prodotto del progresso e della modernità, e che ci tutela dai guasti che portiamo all'ecosistema in cui viviamo, dunque a noi stessi. Anche qui, è quel che fanno da anni i movimenti populisti e antipolitici, esaltando l'ignoranza come suprema garanzia di estraneità all'establishment, e riducendo il sapere a riflesso castale, alfabeto iniziatico eternamente a difesa del potere costituito, riservato alla nomenklatura, una specie di Bitcoin che le élite si scambiano solo tra di loro, come un appannaggio di ceto, una riserva di classe, per dominare il popolo con la nuova egemonia tecnico-scientifica. Infine, il grande diniego per non diventare semplicemente un'allucinazione ha bisogno di scollegare la realtà dalla verità. Quindi di pretendere un atto di fede da parte degli individui, come se accettassero di entrare coscientemente in una dimensione parallela, chiudendo gli occhi perché altrimenti l'evidenza imporrebbe la sua forza concreta. Non importa più ciò che davvero sta accadendo, possiamo sostituirlo con ciò in cui crediamo. È il meccanismo, pantografato, della setta, dove si cerca rassicurazione in un'adesione costante a un "credo" ipnotico che annulla il reale per soppiantarlo. Vivere fuori dalla realtà da soli è follia, farlo con altri è negazionismo, perché i dubbi condivisi, alimentati, ritualizzati diventano una contro-teoria. Il numero non conta, anzi la coscienza di essere una minoranza che custodisce la vera rivelazione accentua il carattere di setta rivoluzionaria oppressa, ma prescelta per operare la liberazione. Come tutto ciò che prescinde dal vero e dal reale questo rinnegamento è prima di tutto un auto-inganno, perché non si vuol sapere quel che si sa. Poi è un inganno reciproco, col bisogno costante di ignorare la dimensione morale del dramma che coinvolge tutto il Paese, col numero dei contagiati, le cifre dei morti, la sofferenza dei malati, il lutto delle famiglie, l'angoscia delle comunità attaccate. Infine è un inganno pubblico, perché devia l'attenzione dei cittadini a una tragedia in corso negando addirittura che esista, cioè promettendo una libertà immaginaria, pericolosa perché oggi impossibile. Il vero - cioè la vita e la morte, in questo caso - va tenuto a bada, se si vuol continuare a credere nel suo contrario. Resta una domanda minima: come può un corteo negazionista che recita il falso partire dalla Bocca della Verità?

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