Merita questo scritto del sociologo Domenico De
Masi, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 3 di settembre ultimo, il giusto
risalto e la più che giusta collocazione nelle “rubriche” del blog per l’altissimo
prestigio dello scrivente e per l’attualità stringente del “problema”. Ora che
anche l’Europa “economicista” ha scoperto l’ineluttabilità di alcune scelte
sociali da attuare prontamente che la pandemia ha reso necessarie ed urgentissime.
Un successo del governo in carica; duole assai che le sedicenti forze che si
definiscono “quellichelasinistra” non abbiano fatte proprie le parole di una
prima giustizia re-distributiva che sarebbero proprio un loro bagaglio ideale e
culturale. Lo scritto ha per titolo «Il “Reddito” è un
successo: basta balle neo-liberiste»: Agli
inizi del 2019 i poveri assoluti in Italia erano quasi cinque milioni. Poi, con
il Reddito di cittadinanza, il 60% ha ottenuto il sussidio previsto e il
parametro che valuta il livello di disuguaglianza (il coefficiente Gini) è
sceso dell’1,2 per cento mentre l’intensità del tasso di povertà è calato dal
38 al 30%. Altrove si sarebbe gridato al miracolo e ci si sarebbe proposti come
modello al resto d’Europa. Da noi, come se niente fosse stato, chi fin da prima
era contrario al provvedimento ha continuato a chiederne l’abolizione con
insistenza autistica. Intanto tutta la galassia di sinistra, e persino le varie
Caritas e le varie Sant’Egidio, non hanno avuto l’intelligenza di contrapporre
a questa protervia neo-liberista la corale difesa di una delle poche azioni
veramente di sinistra (insieme al decreto Dignità e alla battaglia per
estromettere i Benetton) che siano state realizzate in Italia da una ventina
d’anni a questa parte. Il coronavirus: torna a crescere la povertà.
Ora, con la pandemia, le famiglie che già avevano un reddito basso e un lavoro
precario hanno perso il lavoro e, costrette all’isolamento, non hanno avuto
nulla su cui contare. Senza risparmi o addirittura con debiti accumulati, non
possono permettersi neppure la spesa quotidiana e l’acquisto dei beni di prima
necessità. Così, secondo una stima della Coldiretti, la massa di poveri
assoluti è nuovamente cresciuta di un milione di disgraziati. Fra i nuovi
poveri del 2020 ci sono coloro che hanno perso il lavoro, i piccoli
commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, i lavoratori del sommerso
che non godono di particolari sussidi pubblici, e molti lavoratori a tempo
determinato o con attività saltuarie. Proprio ora che più evidente è l’esigenza
di un sussidio per assicurare la semplice sopravvivenza a milioni di italiani
che muoiono di fame, proprio ora che altrettanti italiani generosi hanno
dimostrato solidarietà aiutando in mille modi i poveri che avevano a portata di
mano, il presidente della Confindustria e tutto il coro neoliberista insistono
con sfacciato cinismo nel pretendere che lo Stato si tiri indietro. Gli “anti”? Pieni di vecchie idee già
smentite dai fatti. Il ragionamento che essi adducono è che, per debellare la
povertà, occorre la crescita. Se i soldi che si spendono per il Reddito vengono
dirottati verso le imprese, queste crescono e, crescendo, assumono i
disoccupati e la miseria evapora. Quest’idea venne a due economisti – Kuznets e
Laffer – ispiratori di Reagan e di Bush padre, secondo i quali, se la ricchezza
dei ricchi cresce, una parte di essa automaticamente sgocciola (trickle-down)
fino a raggiungere e avvantaggiare i poveri. Sappiamo bene come è andata:
crescendo, la ricchezza è sgocciolata contro natura, dal basso verso l’alto. In
Italia, ad esempio, nel decennio della crisi (2008-2018), la ricchezza dei 6
milioni più ricchi è cresciuta del 72% mentre quella dei 6 milioni più poveri è
diminuita del 63%. Alla faccia di Kuznets, Laffer e dei loro interessati
seguaci, non esiste un’unica economia interconnessa ma, nei Paesi
capitalistici, esistono due economie – quella dei ricchi e quella dei poveri –
reciprocamente impermeabili per cui i poveri crescono persino in nazioni
straricche come gli Stati Uniti. Con due terribili caratteristiche: i poveri
non possono attendere (la loro fame e quella dei loro figli è quotidiana e va
sfamata con aiuti immediati); una parte consistente dei poveri non è in grado
di lavorare perché formata da vecchi, bambini e inabili che hanno urgente
bisogno di cibo, non di lavoro. Per questi, il Reddito di cittadinanza è puro e
doveroso assistenzialismo, né può essere altrimenti. E non c’è nulla di male se
uno Stato che vanta l’ottavo Pil del pianeta eviti che i suoi cittadini più
sfortunati muoiano di fame. La foga anti-Reddito dei neo-liberisti è così
irrazionale, così dettata da stereotipi classisti, che è inutile rintuzzarla
esibendo statistiche. Del resto essi neppure le sbircerebbero. Vale invece la
pena di ricordare qualche dato a uso dei tanti che credono nel welfare come
conquista di cui l’Italia e l’Europa possono andare fiere.
Gli aridi fatti: questo strumento funziona. (…).
Tra il gennaio 2018 e il marzo 2019 fu erogato il Reddito di Inclusione (REI)
voluto dal governo Gentiloni e sempre rimpianto dal Pd per puro ostruzionismo
ai 5Stelle, fautori del Reddito di cittadinanza. Nel marzo 2019 i nuclei
percettori del Rei erano arrivati appena a 306mila, ciascuno dei quali riceveva
un importo medio di 283 euro. Poi, a partire dall’aprile 2019, quando i poveri
erano 5 milioni, sono scattati il Reddito e la Pensione di cittadinanza per cui
oggi i nuclei familiari che percepiscono il sussidio sono 1.266.400 cui
corrispondono 3.005.200 persone. Praticamente, oggi 3 milioni di poveri su 5
fruiscono di un reddito che ha un importo medio mensile di 523 euro. I nuclei
che percepiscono più di mille euro mensili sono 61.000. I nuclei composti da
extra-comunitari con permesso di soggiorno sono 86.400, per un complesso di
252.300 persone. I nuclei familiari con presenza di minori sono 448.500 che
comprendono 1.711.600. I nuclei con presenza di disabili sono 242.600 per un
numero complessivo di persone coinvolte pari a 578.500. Raggiungere i
destinatari del Rdc non è impresa facile. In Germania hanno impiegato dieci
anni per individuarne il 50%; in Italia sono bastati sei mesi. È facile schiamazzare
quando la macchina organizzativa dell’Inps, sotto l’urto di milioni di contatti
simultanei, va in crisi. Più onesto è apprezzare i casi in cui l’Istituto
riesce a portare a termine operazioni imponenti senza che se ne parli. Le cifre
ufficiali, aggiornate al 4 agosto scorso, attestano l’imponenza
dell’organizzazione sottesa al Rdc e alla Pdc. Dall’aprile 2019 al luglio 2020
sono state ricevute ed esaminate 2.075.400 domande, provenienti da altrettanti
nuclei familiari. Le domande accolte sono state 1.421.200 inviate per il 61%
dal Sud, per il 24% dal Nord e per il 15% dal Centro.
I furbetti? L’inps ha già respinto 526.700
domande. In questi mesi le televisioni hanno fatto a gara per scoprire qua e là
qualche furbetto percettore di Reddito immeritato, ma l’Inps, ben più occhiuta,
ha respinto e cancellato ben 526.700 domande per mancanza di requisiti. 75.000
provenivano dalla Campania e 66.000 dalla Lombardia. Le regioni che hanno il
numero maggiore di poveri assistiti sono, in ordine decrescente, la Campania,
la Sicilia, il Lazio e la Lombardia. Un accenno particolare merita la Campania
anche perché il suo presidente De Luca non perde occasione per tuonare contro
il Reddito. Dalla sua regione è arrivato il numero più alto di richieste
(375.800) perché vi risiede il numero più alto di poveri. La percentuale di
domande fasulle o sbagliate (14%) è stata la più alta d’Italia. Oggi i nuclei
poveri della Campania che percepiscono il Reddito sono 258.600 (di cui 159.100
nella sola Napoli) ai quali corrispondono 716.300 persone (di cui 464.500 a
Napoli). L’importo medio mensile del sussidio ricevuto da ciascun nucleo è di
599 euro. Dunque ogni mese entrano in Campania, provenienti dallo Stato, 155
milioni di cui 99,7 milioni nella sola Napoli. C’è da chiedersi cosa sarebbe la
vita di queste 700mila persone senza il Rdc, cosa farebbe la Regione per
sfamarle e per gestirne la conflittualità. Il sussidio di emergenza e i 100mila
occupati in più In questa emergenza Covid-19, il Reddito di cittadinanza è
risultato provvidenziale per soddisfare i bisogni essenziali di milioni di
poveri e per ridurre le tensioni sociali. La sua formula, inoltre, è risultata
efficace per far fronte alle ulteriori esigenze immediate di sussidi provocate
dalla pandemia. È stato perciò istituito un Reddito di Emergenza che, nell’arco
di tre mesi, ha ricevuto 599.000 domande di cui il 41% provenienti dal Sud, il
38% dal Nord e il 19% dal Centro. 268.000 pratiche sono state già accolte e
ogni nucleo ha ricevuto un importo medio mensile di 556 euro. Per concludere,
almeno 100mila percettori di Rdc hanno trovato lavoro tramite i Centri per
l’Impiego. Per avere un’idea della loro consistenza, si tenga conto che tutti i
dipendenti della Fiat in Italia, messi insieme, sono 86mila.
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