"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 22 settembre 2020

Cosedaleggere. 67 Franco Fortini: «"In questo tempo che ci divaga/ in questo tempo che ci allaga /di malgrado e di sebbene/ a me la Rossanda va bene"».

Rosanna Rossanda ci ha lasciati domenica 20 di settembre. Tratto da “Amica mia con te rifarei tutto da capo”, intervista di Antonio Gnoli a Luciana Castellina pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 21 di settembre: (…). Ricordi come vi siete conosciute? "Negli anni Cinquanta nel Partito comunista, dove lei era già una dirigente importante. Tra noi c'era una differenza di cinque anni. Vidi una donna di una bellezza particolare, e mi colpì che fosse insieme una persona sofisticata ma anche tradizionale. Leggeva testi che nel partito pochi conoscevano, ma sentiva anche l'attrazione per la fabbrica, per gli operai, per la gente che conosceva la parola sacrificio. La prima volta che mi invitò a casa restai un po' stupita".

Perché? "Non per l'invito, ovviamente. Ma per il contesto. Ricordo il suo salotto milanese, in via Bigli. Era ancora sposata con Rodolfo Banfi, il figlio del filosofo Antonio Banfi, con cui Rossana aveva studiato. E questa signora così raffinata era nella direzione della segreteria milanese del Pci".

Che cosa c'era di strano? "Il contrasto non poteva essere più evidente. Oltretutto, quel posto era considerato un bastione dello stalinismo. La cosa divertente è che lei insieme a Cossutta, uno stalinista addolcito dai tempi, fece la battaglia contro Alberganti, uno stalinista vero. Capisci cos'era Rossana?".

Un'aristocratica cucita con il fil di ferro. "L'immagine rende abbastanza bene l'idea. Togliatti la prese a ben volere, percepiva in lei durezza e fascino, apertura e determinazione e per questo la volle a dirigere la casa della cultura a Milano. Fu la prima finestra che il Pci aprì alla cultura europea. Rossana sprovincializzò quel luogo. E questo naturalmente preoccupò quei dirigenti che bollavano certe iniziative come deleterie cadute nella cultura borghese".

Però lei riuscì a parare i colpi. "Non solo, Togliatti che era una bestia strana la volle come responsabile della commissione culturale del Pci".

Ma è vera la storia che fu lei a mettere in contatto Togliatti con Sartre? "Certo che è vera. Ricordo che il filosofo era venuto a Roma perché l'Istituto Gramsci aveva organizzato un convegno sulla sua opera. Andai anch'io ad ascoltare. C'erano intellettuali di sinistra e del Pci e il gruppo dirigente del partito, per discutere le posizioni di Sartre e il suo concetto di impegno. Da allora Sartre cominciò a frequentare l'Italia e Roma in particolare. E Togliatti chiese un giorno a Rossana di farglielo conoscere e lei organizzò una cena da Ranieri, un buon ristorante, al riparo dai pettegolezzi politici".

Rossanda ha avuto un rapporto privilegiato con la Francia. "Sì, ma non penso che si possa dire il contrario. Lei ha vissuto a Parigi in diverse fasi della sua vita e da ultimo per un lungo tratto con quello che è stato il suo grande amore: K. S. Karol che fu corrispondente del Nouvel Observateur e per un certo periodo firma di punta del Manifesto".

Perché dici che la Francia non le ha corrisposto lo stesso amore? "I comunisti francesi hanno quasi sempre, sotto sotto, detestato i comunisti italiani. E lei era vissuta come un'esponente di quella sinistra. I conservatori non l'hanno amata per principio. Trovo abbastanza deludente che il suo libro di memorie La ragazza del secolo scorso, tradotto in Germania, in Spagna, in Inghilterra non abbia trovato un'edizione francese!".

Tu hai scritto un libro sugli amori comunisti. Che rapporto è stato quello tra Karol e Rossanda? "Bellissimo, se non fosse ridicolo: direi una relazione assolutamente romantica. Due persone che sono vissute l'una per l'altra. Karol era polacco, aderì all'Armata rossa salvo poi ricredersi quando la Polonia finì in mano ai sovietici. Riuscì a scappare da un campo di concentramento e a stabilirsi a Parigi. Si sono incontrati e quello che all'inizio era un flirt divenne una grande storia".

A proposito di grandi storie, c'è quella cui avete dato vita uscendo dal Pci. "Ma è roba nota, raccontata tante volte. E poi non siamo usciti, ci hanno buttato fuori. E abbiamo dato vita al gruppo del Manifesto".

Ci sono mai stati contrasti tra te e Rossanda? "Certo, come in tutte le famiglie si litiga e poi si fa pace. Non è mai venuta meno l'attenzione e la stima verso l'altra".

Una questione delicata sorse in relazione alla decisione di Lucio Magri di morire. "È una pagina dolorosa. Lucio non voleva più vivere, soffriva di una forte depressione. Aveva 80 anni e sembrava un vecchio senza speranza. Non vedeva nulla che potesse riscattare questo paese. Chiese un paio di volte a me di essere accompagnato in Svizzera per morire e io mi sono sempre rifiutata. E alla fine riuscì a convincere Rossana a portarcelo. Ho sofferto per quella decisione e mi sono anche arrabbiata, poi ho capito che Rossana aveva ragione. Lui voleva andarsene. Chiudere con la sua disperazione. I due giorni che stettero nella clinica, Rossana per tutto il tempo gli tenne la mano".

Un amico mi ha mandato stamane un verso di Franco Fortini su di lei. Credo in occasione dei fatti di Praga. "Non lo conosco".

Dice: "In questo tempo che ci divaga/ in questo tempo che ci allaga /di malgrado e di sebbene/ a me la Rossanda va bene". "Andava bene a molti di noi".

Una volta ti chiesi che del gruppo in cui c'erano Pintor, Parlato, Magri, Natoli eravate rimaste tu e Rossanda. "E cosa ti risposi?".

Che con Rossana non vi eravate lasciate niente alle spalle ed era come se tutti loro fossero ancora con voi due. "Sì, se credessi in un'altra vita sarei pronta a ricominciare quella storia".

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