Scriveva Federico Rampini sul settimanale
“Affari&Finanza” del 31 di ottobre dell’anno 2011 nel Suo reportage che ha
per titolo “Wall Street chi vigila sul
trading iperveloce”: “È il primo cavo sottomarino a fibre ottiche
ad essere installato sul fondo dell’oceano Atlantico da dieci anni a questa
parte. Ma a differenza di quelli che venivano inaugurati sul finire degli anni
‘90 e all’inizio del millennio, il nuovo cavo transatlantico non servirà a
trasportare la voce, le telefonate, e neppure i collegamenti. Questo nuovo
supercavo sottomarino tra New York e Londra, costruito a cura della società
Hibernia Atlantic, è riservato esclusivamente alle transazioni finanziarie.
Servirà a far guadagnare cinque millisecondi ai trader delle due principali
piazze finanziarie del globo. Cinque millisecondi sono un’eternità nel mondo
delle transazioni computerizzate. Ma siamo sicuri che sia un investimento utile
ai mercati? (…)”. La domanda che l’ottimo opinionista si pone e ci pone
trova successivamente nel Suo scritto una prima risposta d’allarme: “(…).
Stati Uniti, Unione europea, Canada: sulle due sponde dell’Atlantico gli organi
di vigilanza e le autorità di controllo sospettano che ci sia qualcosa di
marcio nel mondo delle transazioni ad alta frequenza, che per comodità
abbrevieremo d’ora in avanti come Hft. O quantomeno, vogliono più trasparenza e
regole chiare, per impedire che la diffusione dell’Hft accentui a dismisura la
volatilità dei mercati, con la possibilità di incidenti seri. La vittima
inconsapevole dell’alta frequenza, infatti, siamo tutti noi: ovvero i
risparmiatori che affidano in gestione i propri soldi a banche, fondi comuni,
assicurazioni, le cui strategie d’investimento vengono travolte dai predatori
dell’Hft. (…)”. Per rivelarci qualche passo più in avanti il perverso,
nefasto meccanismo che ha reso il “capitalismo finanziario globale” il
padrone assoluto dell’economia del secolo ventunesimo che detta le sue regole
ai governi dell’intero globo terracqueo: “(…). Il trucco più frequente, il più facile
e meno rischioso: approfittando proprio dei millisecondi di vantaggio che hanno
sugli investitori normali (anche grossi investitori istituzionali come i fondi
comuni, le banche), gli operatori dell’Hft piazzano i propri ordini in anticipo
sull’arrivo di grosse transazioni, e così lucrano il vantaggio di chi conosce
in anticipo la direzione in cui si muoveranno la domanda e l’offerta, l’aumento
o la discesa dei prezzi. (…)”. Ed ancora vengono svelate “manovre”
considerate poco corrette anche dall’ortodossia di quel mondo estremo delle
transazioni finanziarie: “(…). I casi di flagranza di reato sono
pochi perché gli strumenti per indagare sono rudimentali. È un classico esempio
in cui la caccia guardie e ladri si svolge in modo asimmetrico: è sempre il
ladro ad avere una lunghezza di vantaggio in termini di know how. Ma è
interessante ricordare alcune punizioni. A Londra le autorità di vigilanza hanno
multato per 8 milioni di sterline una società di trading canadese, la Swift
Trade, per l’uso di una tecnica chiamata layering. Si tratta dell’emissione di
massicci ordini di acquisto o vendita, che poi vengono cancellati una frazione
di secondo prima che vengano effettivamente eseguiti. La tecnica è molto in
voga, si direbbe, perché poco dopo il caso londinese anche a New York la
Financial Industry Regulatory Authority ha incastrato un reprobo. In quel caso
si trattava della Trillium Brokerage Services, multata per 2,3 milioni di
dollari. Stessa tecnica di layering anche per lei. La pratica della
cancellazione repentina di migliaia di ordini poco prima che vengano eseguiti,
è molto diffusa. È chiaro a cosa serve: prima i trader dell’Hft sparano sul
mercato questi ordini voluminosi, sapendo che avranno l’effetto di spostare i
prezzi, poi li cancellano e piazzano altre transazioni per lucrare sui
movimenti di prezzi che loro stessi hanno provocato. Tutto questo è molto più
raffinato e sottile dell’aggiotaggio vecchio stile, ed è possibile solo grazie
alla tecnologia. (…)”. Ecco il punto: l’onnipotenza della finanza
globale che surclassa stati e governi ed annichilisce ed arretra ovunque la
democrazia. C’è un gran dibattere sul tema se la crisi finanziaria globale, che
è divenuta poi una immensa crisi economica globale, sia da attribuirsi ai “debiti
sovrani” degli stati o se essa non sia da attribuirsi invece ad una “finanziarizzazione”
selvaggia e senza controllo alcuno delle regole di quello che è stato il “liberismo”
economico che ha imperversato per gran parte del secolo ventesimo e che ora
presenta l’amarissimo suo conto, in fatto di insolvibilità e di arretramento
delle economie del mondo occidentale e puranco dei diritti e delle prerogative
conquistati sul campo, soprattutto alle giovani generazioni senza prospettive e
futuro alcuno. Ho raccolto in proposito un’analisi sullo stato del momento
storico che stiamo vivendo del sociologo tedesco Ulrich Beck, “Il movimento del 99 per cento può cambiare
il mondo”, analisi coeva con lo scritto di Rampini che è stata pubblicata
sul quotidiano “la Repubblica” del 2 di novembre dell’anno 2011. Di seguito la
trascrivo in parte: (…). Ciò che fino a non molto tempo fa veniva chiamato libera economia
di mercato e che ora ricomincia a essere chiamato capitalismo viene portato sul
banco degli accusati e sottoposto a una critica radicale. (…). Cosa significa
bancarotta di Stato, per me? Chi avrebbe immaginato che proprio le banche, così
altezzose, avrebbero chiesto aiuto agli Stati squattrinati e che questi Stati
dalle casse cronicamente vuote avrebbero messo in un batter d´occhio somme
astronomiche a disposizione delle cattedrali del capitalismo? Oggi tutti
pensano più o meno così. Ma questo non significa che qualcuno lo capisca. (…). Sotto
il diktat dell´emergenza le persone fanno una specie di corso accelerato sulle
contraddizioni del capitalismo finanziario nella società mondiale del rischio.
I resoconti dei media fanno emergere la separazione radicale tra coloro che
generano i rischi e ne traggono profitto e coloro che ne devono scontare le
conseguenze. Nel Paese del capitalismo da predoni, gli Stati Uniti, sta
prendendo forma un movimento di critica del capitalismo - ancora una volta, si
tratta di un evento imprevedibile. Abbiamo detto follia quando è crollato il
muro di Berlino. Abbiamo detto follia quando, il 9 settembre del 2001, le Twin
Towers di New York si sono disfatte nella polvere. E abbiamo detto follia
quando, con il fallimento di Lehman Brothers, è scoppiata la crisi finanziaria
globale. Cosa significa follia? Anzitutto una conversione spettacolare:
banchieri e manager, i fondamentalisti del mercato per antonomasia, fanno
appello allo Stato. I politici, come in Germania Angela Merkel e Peer
Steinbrück, che fino a non molto tempo fa esaltavano il capitalismo deregolato,
dal giorno alla notte cambiano opinione e bandiera, e diventano fautori di una
sorta di socialismo di Stato per ricchi. E ovunque regna il non-sapere. Nessuno
sa cosa sia e quali effetti possa realmente produrre la terapia prescritta
nella vertigine degli zeri. Tutti noi - vale a dire il
99% - siamo parte di un esperimento economico in grande, che da un lato si
muove nello spazio fittizio di un non-sapere più o meno inconfessato (…), ma,
dall´altro, ha conseguenze durissime per tutti. (…). I pericoli finanziari
globali (…) incarnano in modo politicamente esplosivo gli errori del
capitalismo finanziario neoliberista che è stato ritenuto valido fino a ieri e
che, con la violenza del suo trionfo e della catastrofe ora incombente, esige
la loro presa d´atto e la loro correzione. Essi sono una sorta di ritorno
collettivo del rimosso: alla sicurezza di sé neoliberista vengono rinfacciati i
suoi errori di partenza. (…). In termini generali, nella consapevolezza globale
del rischio, nell´anticipazione della catastrofe che occorre impedire ad ogni
costo, si apre un nuovo spazio politico. Nell´alleanza tra i movimenti di
protesta globali e la politica nazional-statale ora si potrebbe ottenere, alla
lunga, che non sia l´economia a dominare la democrazia, ma sia, al contrario,
la democrazia a dominare l´economia. Contro la percezione - che sta
diffondendosi rapidamente - di una mancanza di prospettive forse può aiutare la
consapevolezza del fatto che i principali avversari dell´economia finanziaria
globale non sono quelli che ora piantano le loro tende nelle pubbliche piazze
di tutto il mondo, davanti alle cattedrali bancarie (…); l´avversario più
convincente e tenace dell´economia finanziaria globale è la stessa economia
finanziaria globale. Cosa è cambiato, nel frattempo, nella finanza
globale da quelle avvisaglie denunciate nel giro soltanto di due giorni dai due
opinionisti? Ben poco si dirà. E a qual punto del suo percorso si trova
oggigiorno l’auspicio del sociologo tedesco affinché “non sia l´economia a dominare la
democrazia, ma sia, al contrario, la democrazia a dominare l´economia”? Dove
è finita la “politica”? Sembra proprio sparita dall’orizzonte completamente
asservita alla finanza di rapina.
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