Tratto da “Video,
ergo ingrasso” di Massimo Fini, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 27
di novembre dell’anno 2015: (…). Il food è uno dei settori trainanti
dell’economia. Non c’è città europea che non sia zeppa di ristoranti e
ristorantini esotici. Questa bulimia va di pari passo con un’altra delle
ossessioni del nostro mondo quella delle diete, accompagnate, per chi se lo può
permettere, dal personal trainer con cui tenersi in forma. I due fenomeni sono
solo apparentemente in contraddizione, ma in realtà la loro combinazione è una
perfetta metafora del nostro modello di sviluppo. Noi dobbiamo ingurgitare,
cioè consumare, il più possibile, ma anche espellerlo il più rapidamente
possibile. È la Crescita, bellezza. Ciò che cresce deve essere rapidamente
distrutto per poter ricominciare. Se così non fosse salterebbe tutto il
meccanismo su cui si sostiene la nostra società. Questo a livello di sistema.
Individualmente è la stessa cosa: dobbiamo accaparrarci costantemente di nuovi
gadget, nuovi I-Phone, nuove auto con varianti irrilevanti, nuovi vestiti,
nuove scarpe, eccetera, eccetera. L’eterno dilemma se è nato prima l’uovo o la
gallina qui è risolto. È il sistema, che ne ha estremo bisogno per non
collassare, che ci convince, attraverso la pubblicità, vero motore di tutto
l’ambaradan, a consumare non perché in realtà ci dia un vero piacere ma perché
si possa continuare a produrre. Insomma l’uomo, ridotto a consumatore, è il
lavandino, il water attraverso cui deve passare il più velocemente possibile
ciò che altrettanto velocemente produciamo. Naturalmente questa bulimia
omnicomprensiva ha anche la funzione di riempire il vuoto di valori che si è
creato nella nostra società e che ci rende così vulnerabili di fronte a culture
e a mondi più spartani. Non si tratta di nutrirsi di muschi e licheni come gli
asceti e gli eremiti (anche se adesso ci vogliono gabellare i pipistrelli e i
vermi come il non plus ultra della sofisticatezza alimentare) o di meditare
solitari seduti su una colonna come gli stiliti, ma di ritrovare un onesto
equilibrio nel nostro rapporto con il cibo e con tutto il resto. E io ho una
grande nostalgia di quando con qualche amico si mettevano le gambe sotto il
tavolaccio di una trattoria, con pane, salame e un buon bicchiere di rosso
senza farsi le seghe mentali dei niente affatto innocenti cuochi alla moda.
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