Ha scritto Curzio Maltese in “Sconfitti per avidità” pubblicato sul settimanale “il Venerdì” del
10 di agosto 2018: (…). …ricchi di tutto il mondo unitevi! Per riprendervi i privilegi
perduti negli anni “rossi”, delle troppe lotte sindacali, dell’eccesso di Stato
e di diritti, della troppa scuola e sanità pubblica. Al principio, i professori
di Chicago e i loro potenti seguaci sembravano dei pazzi nostalgici dell’Ottocento,
destinati a schiantarsi contro l’inarrestabile processo di emancipazione di
masse sempre più scolarizzate, informate, consapevoli dei propri diritti. E invece
non avevano tutti i torti. Erano i progressisti a vedere il presente con gli
occhiali del passato, a non capire che era già cambiato il mondo del lavoro, a cominciare
dalla mitica classe operaia. Ma invece di mettere in campo una nuova visione di
società, hanno finito per passare armi e bagagli dall’altra parte. A pensare
che conta solo il successo. A sfornare facce e leader che trasudavano ideologia
del “vincismo”, (…). E a furia di “vincismo” hanno perso tutto. (…).”. Seppur
con 24 ore di ritardo, come non ricordare Luciano Gallino a tre anni dalla scomparsa.
Tratto da “Gallino, nel suo pensiero la
Resistenza della sinistra” di Curzio Maltese, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 9 di novembre dell’anno 2015: Quando ho sentito a Bruxelles la
notizia della morte di Luciano Gallino (Torino, 15 maggio 1927–Torino,
8 novembre 2015 n.d.r.) mi è tornata in mente un’immagine della più
bella autobiografia mai scritta, Dei miei sospiri estremi, di Luis Bunuel.
Verso la fine del libro e della vita, ormai ottuagenario, il grande maestro
surrealista, “ateo per grazia di Dio”, racconta un sogno, quello di uscire
qualche volta dal cimitero per andare soltanto fino all’edicola, comprare
l’ultima edizione e vedere a che punto sia giunta la follia del mondo. Fino
agli ultimi mesi, ormai provato dalla malattia, dalle operazioni e dai
ricoveri, Luciano Gallino è rimasto un uomo profondamente appassionato al
futuro del nostro Paese, dell’Europa, del mondo. Uno sguardo lungo che ha
ispirato le sue ultime opere, per così dire pedagogiche, dove ha cercato di
spiegare con parole semplici alle generazioni più giovani quanto stava
accadendo nelle società occidentali, in gran parte alle loro spalle. Da molto
tempo i fatti si erano incaricati di dare ragione alle sue lucide, chiarissime
analisi sull’evoluzione del capitalismo globalizzato e sulle conseguenze
catastrofiche di una sballatissima costruzione dell’Unione europea. Nessuno
come Gallino, (…), ha saputo raccontare in anticipo la follia delle oligarchie
dominanti conservatrici, l’utopia negativa di voler rispondere alla crisi più
potente degli ultimi ottant’anni, dalla Grande Depressione, con una ricetta
ideologicamente opposta a quella del ’29, distruggendo lo stato sociale,
imponendo assurde politiche di austerità e svalutando il lavoro e i diritti.
Nei suoi saggi e articoli erano annunciati già gli effetti catastrofici che si
sarebbero materializzati negli anni, dal declino dei ceti medi alla ricomparsa
di masse di poveri nel ricco Occidente, fino al furto di vita e futuro ai danni
delle nuove generazioni e al pericolo di veder risorgere un nuovo fascismo in
tutta Europa. Si può dire che l’avventura della Lista Tsipras, con tutti i suoi
limiti certo, ma anche col merito di aver dato rappresentanza a una cultura di
sinistra minacciata di estinzione dal trasformismo renziano, sia nata tutta
attorno al pensiero di Luciano Gallino. Nel panorama conformista e provinciale
della vita intellettuale italiana, le idee di Gallino erano un’oasi
d’intelligenza e coraggio. In un Paese che ama gli anticonformisti soltanto in
occasione degli anniversari della morte, si può soltanto sperare che questi
meriti non gli vengano riconosciuti fra quarant’anni, come per Pasolini.
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