"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 9 novembre 2018

Riletture. 39 «La follia delle oligarchie dominanti conservatrici».


Ha scritto Curzio Maltese in “Sconfitti per avidità” pubblicato sul settimanale “il Venerdì” del 10 di agosto 2018: (…). …ricchi di tutto il mondo unitevi! Per riprendervi i privilegi perduti negli anni “rossi”, delle troppe lotte sindacali, dell’eccesso di Stato e di diritti, della troppa scuola e sanità pubblica. Al principio, i professori di Chicago e i loro potenti seguaci sembravano dei pazzi nostalgici dell’Ottocento, destinati a schiantarsi contro l’inarrestabile processo di emancipazione di masse sempre più scolarizzate, informate, consapevoli dei propri diritti. E invece non avevano tutti i torti. Erano i progressisti a vedere il presente con gli occhiali del passato, a non capire che era già cambiato il mondo del lavoro, a cominciare dalla mitica classe operaia. Ma invece di mettere in campo una nuova visione di società, hanno finito per passare armi e bagagli dall’altra parte. A pensare che conta solo il successo. A sfornare facce e leader che trasudavano ideologia del “vincismo”, (…). E a furia di “vincismo” hanno perso tutto. (…).”. Seppur con 24 ore di ritardo, come non ricordare Luciano Gallino a tre anni dalla scomparsa. Tratto da “Gallino, nel suo pensiero la Resistenza della sinistra” di Curzio Maltese, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 9 di novembre dell’anno 2015: Quando ho sentito a Bruxelles la notizia della morte di Luciano Gallino (Torino, 15 maggio 1927–Torino, 8 novembre 2015 n.d.r.) mi è tornata in mente un’immagine della più bella autobiografia mai scritta, Dei miei sospiri estremi, di Luis Bunuel. Verso la fine del libro e della vita, ormai ottuagenario, il grande maestro surrealista, “ateo per grazia di Dio”, racconta un sogno, quello di uscire qualche volta dal cimitero per andare soltanto fino all’edicola, comprare l’ultima edizione e vedere a che punto sia giunta la follia del mondo. Fino agli ultimi mesi, ormai provato dalla malattia, dalle operazioni e dai ricoveri, Luciano Gallino è rimasto un uomo profondamente appassionato al futuro del nostro Paese, dell’Europa, del mondo. Uno sguardo lungo che ha ispirato le sue ultime opere, per così dire pedagogiche, dove ha cercato di spiegare con parole semplici alle generazioni più giovani quanto stava accadendo nelle società occidentali, in gran parte alle loro spalle. Da molto tempo i fatti si erano incaricati di dare ragione alle sue lucide, chiarissime analisi sull’evoluzione del capitalismo globalizzato e sulle conseguenze catastrofiche di una sballatissima costruzione dell’Unione europea. Nessuno come Gallino, (…), ha saputo raccontare in anticipo la follia delle oligarchie dominanti conservatrici, l’utopia negativa di voler rispondere alla crisi più potente degli ultimi ottant’anni, dalla Grande Depressione, con una ricetta ideologicamente opposta a quella del ’29, distruggendo lo stato sociale, imponendo assurde politiche di austerità e svalutando il lavoro e i diritti. Nei suoi saggi e articoli erano annunciati già gli effetti catastrofici che si sarebbero materializzati negli anni, dal declino dei ceti medi alla ricomparsa di masse di poveri nel ricco Occidente, fino al furto di vita e futuro ai danni delle nuove generazioni e al pericolo di veder risorgere un nuovo fascismo in tutta Europa. Si può dire che l’avventura della Lista Tsipras, con tutti i suoi limiti certo, ma anche col merito di aver dato rappresentanza a una cultura di sinistra minacciata di estinzione dal trasformismo renziano, sia nata tutta attorno al pensiero di Luciano Gallino. Nel panorama conformista e provinciale della vita intellettuale italiana, le idee di Gallino erano un’oasi d’intelligenza e coraggio. In un Paese che ama gli anticonformisti soltanto in occasione degli anniversari della morte, si può soltanto sperare che questi meriti non gli vengano riconosciuti fra quarant’anni, come per Pasolini.

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