Tratto da “I politici” di Giacomo Papi, pubblicato sul settimanale “D” del 5
di novembre dell’anno 2011: Ed eccolo lì al gran caffè Tazza d'Oro che
sugge il suo espresso deluxe iper cremoso, tra mille altri avventori distratti,
un po' calvo, un po' flaccido, insonnolito, felice di non essere stato
riconosciuto, ignaro di essere scrutato. (…). …chi è? (…).
È un deputato di seconda fila abbastanza famoso. Eppure sembra diventato invisibile, nessuno lo riconosce. (…). Lo osservo ciucciarsi felice lo zucchero dal cucchiaino e andare alla cassa a pagare. Anonimo, come un notaio qualsiasi. Forse c'è questo di nuovo e spaventoso. Nessuno più crede che i politici, in tutto il mondo, ma in Italia di più, possano fare qualcosa. Che abbiano ancora potere. La politica è percepita come un'attività degenerata e inutile, come un'arte minore che non ha più alcuna possibilità di influire, nel bene come nel male, sulle nostre vite concrete. È anche per questo che sono tornati i cattivi. Non siedono più in Parlamento. Sono impersonati da black bloc e banchieri. I politici, come questo qui che adesso esce in incognito dal caffè Tazza d'Oro, appaiono attori, caratteristi e maschere di un reality show, una sit com, a cui ci si può anche appassionare, pur sapendo che non cambierà nulla. Grazie alla potenza incrociata dei computer e della televisione, la finanza ha trionfato e la politica si è ridotta a essere una specie di musical - con il vecchio miliardario erotomane, il grezzo popolano paralitico e vari altri figuranti - che non ha più nulla a che fare con la vita reale, ma ne rappresenta solo una invecchiata e grottesca rappresentazione simbolica. Certo, la politica è sempre stata e sempre sarà anche una recita. Nel dittatore è compreso l'attore. L'essenziale, però, per tutte le recite, è essere verosimili. È convincere il pubblico che dalle azioni dei protagonisti dipenda il destino di tutti. Scrisse Jules Les Jour, regista geniale che non girò neanche un film: "Se montassi gli spezzoni dei cinegiornali in cui c'è Charles De Gaulle in modo che sembri una storia, sarebbe realtà oppure finzione?". Da decenni non esistono più spazi pubblici - vie, piazze, tram - che non siano invasi da cartelloni pubblicitari. Pubblico e pubblicitario si sono sovrapposti. Il tramonto della politica si deve anche a questo. La scoperta che a comandare oggi sono soltanto i movimenti oscuri dei soldi coincide con la constatazione che tutto il resto è finzione. E la politica è una messinscena. La sola reazione possibile è mandare in frantumi la scena. Paura e rabbia arrivano da qui. Da questa scoperta. In verità sono una richiesta alla politica. Sono una richiesta disperata di politica. Il pericolo è che per tornare a essere verosimile, per tornare a comandare, la politica del futuro avrà bisogno di attori forti. La tragedia è che gli uomini forti inizieranno presto a essere invocati. Ma per essere all'altezza delle aspettative, dovranno essere Putin, dovranno essere Stalin.
È un deputato di seconda fila abbastanza famoso. Eppure sembra diventato invisibile, nessuno lo riconosce. (…). Lo osservo ciucciarsi felice lo zucchero dal cucchiaino e andare alla cassa a pagare. Anonimo, come un notaio qualsiasi. Forse c'è questo di nuovo e spaventoso. Nessuno più crede che i politici, in tutto il mondo, ma in Italia di più, possano fare qualcosa. Che abbiano ancora potere. La politica è percepita come un'attività degenerata e inutile, come un'arte minore che non ha più alcuna possibilità di influire, nel bene come nel male, sulle nostre vite concrete. È anche per questo che sono tornati i cattivi. Non siedono più in Parlamento. Sono impersonati da black bloc e banchieri. I politici, come questo qui che adesso esce in incognito dal caffè Tazza d'Oro, appaiono attori, caratteristi e maschere di un reality show, una sit com, a cui ci si può anche appassionare, pur sapendo che non cambierà nulla. Grazie alla potenza incrociata dei computer e della televisione, la finanza ha trionfato e la politica si è ridotta a essere una specie di musical - con il vecchio miliardario erotomane, il grezzo popolano paralitico e vari altri figuranti - che non ha più nulla a che fare con la vita reale, ma ne rappresenta solo una invecchiata e grottesca rappresentazione simbolica. Certo, la politica è sempre stata e sempre sarà anche una recita. Nel dittatore è compreso l'attore. L'essenziale, però, per tutte le recite, è essere verosimili. È convincere il pubblico che dalle azioni dei protagonisti dipenda il destino di tutti. Scrisse Jules Les Jour, regista geniale che non girò neanche un film: "Se montassi gli spezzoni dei cinegiornali in cui c'è Charles De Gaulle in modo che sembri una storia, sarebbe realtà oppure finzione?". Da decenni non esistono più spazi pubblici - vie, piazze, tram - che non siano invasi da cartelloni pubblicitari. Pubblico e pubblicitario si sono sovrapposti. Il tramonto della politica si deve anche a questo. La scoperta che a comandare oggi sono soltanto i movimenti oscuri dei soldi coincide con la constatazione che tutto il resto è finzione. E la politica è una messinscena. La sola reazione possibile è mandare in frantumi la scena. Paura e rabbia arrivano da qui. Da questa scoperta. In verità sono una richiesta alla politica. Sono una richiesta disperata di politica. Il pericolo è che per tornare a essere verosimile, per tornare a comandare, la politica del futuro avrà bisogno di attori forti. La tragedia è che gli uomini forti inizieranno presto a essere invocati. Ma per essere all'altezza delle aspettative, dovranno essere Putin, dovranno essere Stalin.
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