"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 18 novembre 2018

Lalinguabatte. 65 «Essere poveri è come essere vecchi».


Torno a scribacchiare sul Perca fluviatilis”, così denominato dal Linneo nel lontanissimo 1758 e volgarmente denominato “pesce persico”. E ne scribacchio ancora dopo un altro post che aveva per titolo “Capitalismo e pesce persico”, post che risale al giovedì 22 di agosto dell’anno 2013. Sapevo sin da quel 22 di agosto della provenienza dei filetti di pesce persico, risorsa alimentare abituale nella mia famiglia, ma leggendo più recentemente la bella ed interessante corrispondenza di Alberto Salza, antropologo "specializzato in nomadi", ricercatore, scrittore e viaggiatore, ho avuto un rinnovato sobbalzo sulla mia sedia. È l’avere scoperto, amaramente, di essere stato inconsapevolmente, assieme ai miei, quel consumatore globale che preferisce il pesce del Lago Vittoria al più salutare pesce azzurro.
Avevo giurato in precedenza che non avremmo più acquistato i filetti di Perca fluviatilis”; l’impegno solenne è stato mantenuto. Direste ancor oggi, come allora: e quegli sventurati che sopravvivono, disumanamente sfruttati, nella lavorazione industriale del “pesce persico”? Ché, non saranno per caso costretti ancor più oggigiorno a salpare per i nostri inospitali lidi? Ed il più delle volte ad essere ripescati nelle infide acque del bel “mare nostrum”? Costretti a divenire merce per i cosiddetti mercanti d’uomini? Capisco le perplessità, ma da un simile circolo vizioso bisogna pure uscirne. E che dire, al tempo della globalizzazione dilagante, dello snaturamento delle culture di tutte le genti del pianeta Terra? Riporta Alberto Salza nel volume “Sudafrica” (2007), che resta ancor oggi un interessante reportage sulla vita degli altri posti ai confini del mondo d’Occidente, un passo tratto dal “Fedro” di Platone: “L'alfabeto ingenererà oblio nelle anime. Lo scolaro richiamerà le cose non più dall'interno di se stesso, ma da segni estranei. E non sarà saggio, ma solo dotto”. Siamo di già al punto di non ritorno? Ha scritto Sanza: L'Africa è diventata un taccuino. Tutti ci scrivono su qualcosa. È la rivoluzione alfanumerica di lettere che appaiono su qualsivoglia superficie. Sul muro di una chiesa leggo: Maximum Miracle Centre. Gli africani hanno imparato ‘a scrivere con l'altra mano’ per cui le lettere si trovano spesso in movimento. Su un furgone ho intravisto la scritta Sacco Van, sussulto anarchico. Su una barchetta del lago Turkana c'è il nome Nelle Mani di Dio (vento ai trenta nodi e trentamila coccodrilli tutt'attorno). Alloggiare è forse più facile, se gli hotel si proclamano a grandi lettere Senza Alcool o Per Esperimento ( - Ci stiamo provando -, mi ha spiegato il maître). Immani carestie e continue catastrofi hanno fatto scrivere a un falegname, sulla bottega, Bare e Mobilia: la sequenza di morte e resurrezione che è la storia d'Africa. Italo Calvino diceva: - L'uomo è solo un'occasione che il mondo ha per organizzare alcune informazioni su se stesso -. Gli africani hanno finalmente deciso di farlo per iscritto. Un vecchio masai analfabeta mi ha detto: - Quando la memoria va a raccogliere i rami secchi, torna con il fascio di legna che preferisce -. Gli risposi che Platone, per bocca del faraone (africano), nel Fedro afferma: - L'alfabeto ingenererà oblio nelle anime. Lo scolaro richiamerà le cose non più dall'interno di se stesso, ma da segni estranei. E non sarà saggio, ma solo dotto -. Un ragazzino intervenne, nonostante il fatto che, da queste parti, non potrebbe rivolgere la parola a un adulto senza essere interrogato. - Comprami una lampada, per leggere di sera. E un telefonino, così ti scrivo -, disse indicando l'emporio su cui stava scritto Dio è Capace di Tutto. La frase è vera a tal punto che ho visto apparire, sulle remote terre che circondano il lago Turkana, un'antenna per la telefonia cellulare. Chongo, ex predone somalo, passa il tempo a mandare messaggini agli elementi del clan sparsi per il mondo, ricostituendo così il ‘ territorio familiare ‘, base del sistema di vita dei somali. Curach, pastore rendille, informa suo cugino su dove sia il pascolo migliore. Nakapel, turkana, scrive a tutti le sue personalissime previsioni del tempo (qui le piogge erratiche sono fattori limitanti della sopravvivenza). I gabbra, razziatori di bestiame, si appostano via sms. Certo, tutta questa gente doveva saper scrivere prima che arrivasse il telefonino, ma la comunicazione scritta era come sospesa. Il Rinascimento africano si esprime oggi via sms, in compressione linguistica giovanile. Nei pressi di Mwanza c'è un'isola fetente, nel lago Vittoria. Ci abitano giovani pescatori e prostitute. Sono il risultato di una complessa degradazione ambientale (introduzione del pesce persico a scopi industriali) e sociale (sradicamento parentale, inurbamento, traffico d'armi, Hiv). Su una baracca si legge, dipinto a grandi lettere ben staccate, questo graffito: Essere poveri è come essere vecchi.

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