Tratto da “Il
Paese della paura” di Ezio Mauro, pubblicato sul quotidiano la
Repubblica del 28 di novembre 2018: Consumiamo
più paura di quanta una democrazia possa permettersi: e lo squilibrio determina
gli scompensi politici, sociali, culturali che dobbiamo toccare con mano nella
vita di ogni giorno, e che ci circondano fino a sovrastarci. Una paura che
pensiamo di riuscire a riconoscere, almeno a definire, in ogni caso a
controllare. Ma in realtà sta straripando da un campo all'altro, sta invadendo
aree non controllate, cancellando confini, mescolando territori, fino a
confonderci e a ottenere il risultato supremo, perché politico: diventare un
tutt'uno indistinguibile, un insieme che non è più scalfibile, e per questo
vince.
(…). …abbiamo costruito una figura in grado di assorbire e insieme di rilasciare tutte le paure, ingigantendole e portandole a convergere. Il migrante, meglio l'africano, meglio ancora il "negro", in ogni caso lo straniero. Una figura reale e fantasmatica insieme, che diventa il nemico naturale, originario ed eterno, immediatamente simbolico, nuovamente e sempre riconoscibile. Capace di raccogliere su di sé gli istinti, le inquietudini, le pulsioni profonde di una parte della popolazione infragilita dalla crisi e di un'altra parte indurita da una nuovissima gelosia del welfare: che si saldano in un risentimento identitario, per dar vita a un inedito sentimento indigeno inconfessato, che riemerge sempre meno inconsapevole. Muovendosi ogni giorno di più come il vero proprietario del governo, ma soprattutto come il mago che ha in mano la psiche del Paese, Matteo Salvini sta scaricando tutto il problema della sua politica da ministro dell'Interno sulle spalle dei migranti, compiendo una doppia operazione congiunta. Da un lato una svalutazione delle altre componenti "tecniche" e psicologiche dell'ansia e dell'inquietudine con cui devono fare i conti i cittadini, soprattutto per l'incertezza crescente di futuro, che viene alimentata ogni giorno da questa tensione permanente di un conflitto continuamente annunciato con nemici invisibili, che si materializza più che altro nei social network, dove si traduce la forma più alta e costante dell'attività di governo e di leadership. Dall'altro lato un'esaltazione ideologica del fantasma straniero, chiamato a coincidere intimamente e indiscutibilmente - a dispetto delle cifre, dunque della realtà - con la sicurezza dei cittadini, anzi con la loro incolumità personale, in una separazione ormai dichiarata e accettata di spazi, di percorsi e di destini. (…). Mentre il decreto sicurezza giungeva al suo ultimo atto in Parlamento, cancellando il permesso di soggiorno per motivi umanitari, riservando il sistema di accoglienza Sprar (con percorsi di integrazione gestiti dai Comuni) solo a chi ha già ottenuto l'asilo e ai minori stranieri non accompagnati, Salvini ha annunciato che intende mettere mano a tutto l'insieme delle norme che riguardano l'immigrazione. Poi ha affacciato la legittima difesa. E subito dopo, con un annuncio a sorpresa che ha ribaltato la posizione tenuta dall'Italia negli ultimi due anni, ha reso noto che l'Italia non firmerà il Global compact for migration lanciato dall'Onu nel 2016, e addirittura non parteciperà al vertice di Marrakech del 10 e 11 dicembre che dovrebbe dare il via operativo a quegli accordi decisi a New York nel settembre di due anni fa. Di fronte all'onda alta delle migrazioni, il Global compact, sostenuto da Obama, provava a introdurre elementi di governo, di razionalità e anche di integrazione e di solidarietà, o almeno di rispetto dei diritti umani, per garantire "una migrazione sicura, ordinata e regolare". Lo scopo era quello di rafforzare la cooperazione globale per gestire i fenomeni migratori supportando i Paesi più coinvolti nel salvataggio e nell'accoglienza, "proteggendo la sicurezza, la dignità, i diritti e le libertà fondamentali di tutti i migranti", integrandoli con programmi di sviluppo, combattendo "xenofobia, razzismo e discriminazione". Dopo gli impegni presi a New York, si trattava adesso di passare agli impegni concreti e ai mezzi di attuazione. E si capisce perfettamente che l'Italia di oggi non c'entri nulla con il Global compact, come l'America di Trump, che infatti l'ha già respinto. Ieri il premier Conte, seguendo Salvini, ha annunciato che rimetterà la questione della firma al Parlamento. Ma è chiaro che sia sul piano teorico, dei principi, che sul piano pratico, degli impegni, la maggioranza guidata da Lega e Cinque Stelle guida il Paese in una direzione opposta, quella del nazionalismo sovranista. "Il Global compact distrugge di fatto i confini e gli Stati nazionali - spiega Giorgia Meloni - favorendo l'immigrazione incontrollata". È la paura che ritorna, tenendosi tutta insieme, come qualcosa che non si può più separare. La paura dell'uomo che spara, la paura di tentare un governo responsabile della migrazione, la paura dei buoni principi, la paura dello straniero. Purché il Paese viva come in un incubo, non apra le sue porte e le sue finestre, non si riprenda le strade e le piazze, sbarrate da quei politici che come i monaci battenti del Medioevo sembrano ripeterci: ricordati di avere paura. Poi arriverà qualcuno, bucherà la bolla del grande spavento, e ricomincerà la politica.
(…). …abbiamo costruito una figura in grado di assorbire e insieme di rilasciare tutte le paure, ingigantendole e portandole a convergere. Il migrante, meglio l'africano, meglio ancora il "negro", in ogni caso lo straniero. Una figura reale e fantasmatica insieme, che diventa il nemico naturale, originario ed eterno, immediatamente simbolico, nuovamente e sempre riconoscibile. Capace di raccogliere su di sé gli istinti, le inquietudini, le pulsioni profonde di una parte della popolazione infragilita dalla crisi e di un'altra parte indurita da una nuovissima gelosia del welfare: che si saldano in un risentimento identitario, per dar vita a un inedito sentimento indigeno inconfessato, che riemerge sempre meno inconsapevole. Muovendosi ogni giorno di più come il vero proprietario del governo, ma soprattutto come il mago che ha in mano la psiche del Paese, Matteo Salvini sta scaricando tutto il problema della sua politica da ministro dell'Interno sulle spalle dei migranti, compiendo una doppia operazione congiunta. Da un lato una svalutazione delle altre componenti "tecniche" e psicologiche dell'ansia e dell'inquietudine con cui devono fare i conti i cittadini, soprattutto per l'incertezza crescente di futuro, che viene alimentata ogni giorno da questa tensione permanente di un conflitto continuamente annunciato con nemici invisibili, che si materializza più che altro nei social network, dove si traduce la forma più alta e costante dell'attività di governo e di leadership. Dall'altro lato un'esaltazione ideologica del fantasma straniero, chiamato a coincidere intimamente e indiscutibilmente - a dispetto delle cifre, dunque della realtà - con la sicurezza dei cittadini, anzi con la loro incolumità personale, in una separazione ormai dichiarata e accettata di spazi, di percorsi e di destini. (…). Mentre il decreto sicurezza giungeva al suo ultimo atto in Parlamento, cancellando il permesso di soggiorno per motivi umanitari, riservando il sistema di accoglienza Sprar (con percorsi di integrazione gestiti dai Comuni) solo a chi ha già ottenuto l'asilo e ai minori stranieri non accompagnati, Salvini ha annunciato che intende mettere mano a tutto l'insieme delle norme che riguardano l'immigrazione. Poi ha affacciato la legittima difesa. E subito dopo, con un annuncio a sorpresa che ha ribaltato la posizione tenuta dall'Italia negli ultimi due anni, ha reso noto che l'Italia non firmerà il Global compact for migration lanciato dall'Onu nel 2016, e addirittura non parteciperà al vertice di Marrakech del 10 e 11 dicembre che dovrebbe dare il via operativo a quegli accordi decisi a New York nel settembre di due anni fa. Di fronte all'onda alta delle migrazioni, il Global compact, sostenuto da Obama, provava a introdurre elementi di governo, di razionalità e anche di integrazione e di solidarietà, o almeno di rispetto dei diritti umani, per garantire "una migrazione sicura, ordinata e regolare". Lo scopo era quello di rafforzare la cooperazione globale per gestire i fenomeni migratori supportando i Paesi più coinvolti nel salvataggio e nell'accoglienza, "proteggendo la sicurezza, la dignità, i diritti e le libertà fondamentali di tutti i migranti", integrandoli con programmi di sviluppo, combattendo "xenofobia, razzismo e discriminazione". Dopo gli impegni presi a New York, si trattava adesso di passare agli impegni concreti e ai mezzi di attuazione. E si capisce perfettamente che l'Italia di oggi non c'entri nulla con il Global compact, come l'America di Trump, che infatti l'ha già respinto. Ieri il premier Conte, seguendo Salvini, ha annunciato che rimetterà la questione della firma al Parlamento. Ma è chiaro che sia sul piano teorico, dei principi, che sul piano pratico, degli impegni, la maggioranza guidata da Lega e Cinque Stelle guida il Paese in una direzione opposta, quella del nazionalismo sovranista. "Il Global compact distrugge di fatto i confini e gli Stati nazionali - spiega Giorgia Meloni - favorendo l'immigrazione incontrollata". È la paura che ritorna, tenendosi tutta insieme, come qualcosa che non si può più separare. La paura dell'uomo che spara, la paura di tentare un governo responsabile della migrazione, la paura dei buoni principi, la paura dello straniero. Purché il Paese viva come in un incubo, non apra le sue porte e le sue finestre, non si riprenda le strade e le piazze, sbarrate da quei politici che come i monaci battenti del Medioevo sembrano ripeterci: ricordati di avere paura. Poi arriverà qualcuno, bucherà la bolla del grande spavento, e ricomincerà la politica.
Nessun commento:
Posta un commento