Da "Impara
ragazzo, io risorgo sempre" di Paolo Di Paolo, pubblicato sul
settimanale L’Espresso del 25 di marzo 2018: Non prendere troppa confidenza,
contieniti ragazzo, ho accettato solo per dare un piccolo ma nobilissimo
segnale: contribuire a una tesi di laurea su di me ha un suo significato
preciso in questo momento, considerato che questi ragazzotti dalla parlantina
brillante in lizza per governare non hanno uno straccio di laurea. Però non
pensare che questa sia l’occasione per un bilancio, tutt’altro, la strada è
ancora lunga e impegnativa. Il governo, se dura, dura un anno, poi torno io...
No, il film di Sorrentino non lo vedrò. Non
mi interessa. Me lo farò raccontare da Paolo Romani o da Gianni Letta, che mi
eviteranno di conoscere i dettagli più penosi. Mi hanno raccontato il trailer:
si vede una ragazza seminuda che balla, no? Quanto falso moralismo! Servillo?
Grande attore, per carità, ma un napoletano che fa il milanese non è credibile.
Non quanto me quando canto in napoletano. Per il resto, nella frase che mi è
stata riportata pare che io dica che volevo essere amato da tutti. Come se non
ci fossi riuscito! Quella che mi si oppone, che mi si è opposta, è pur sempre
una minoranza. La larghissima maggioranza degli italiani mi affiderebbe i
propri risparmi!
Il risultato di Forza Italia alle urne non è
indicativo, devi tenere presente il peso della mia incandidabilità. Laddove
tornassi in corsa per la presidenza del Consiglio, i numeri avrebbero
tutt’altro segno. E ascoltami: chi pensa che io resti in politica per
salvaguardare le mie aziende, mi conosce troppo poco. Uno come me pensa in
grande anche quando pensa in piccolo. Seguimi: l’Italia ha dimenticato la
rivoluzione liberale. Si è distratta, dietro alle sparate di Salvini, dietro ai
- parlando con rispetto - vaffanculo di Grillo. Non posso uscire di scena prima
di avere offerto all’Italia e agli italiani, ancora una volta, un’occasione
autentica di rinnovamento.
La prendo per una battuta. Mi dici che sono stato già troppe volte al governo, ma ti rendi conto? Sempre impedito nel portare a termine quanto dovevo. Mi dici che niente è accaduto di decisivo nella tua vita senza che ci fossi io al centro della scena politica? E non ti pare di doverlo considerare un grandioso, immenso privilegio?
Ah be’, guarda, capisco che tu sia nato
oltre mezzo secolo dopo di me, e non era necessario farmelo notare, ma avere la
presunzione di giudicarmi non più capace di innovare, forse è troppo. Sei
venuto per farmi domande utili a una tesi di laurea o per sparare sentenze? La
capacità di innovare non c’entra con l’età; tu, alla tua, potresti risultare,
su un piano pratico, ben più vecchio di me. Vuoi che ti parli come andrebbe
fatto con uno studioso serio? Bene, lo farò. Il superamento degli schemi
ideologici novecenteschi non è frutto della spallata dei grillini. È grazie a
me che si è archiviato il condizionamento delle ipoteche marxiste e con esse
gli strascichi della vecchia politica. È con me che ha avuto inizio un nuovo
corso della storia italiana, è da me che sono venuti a bottega quelli come
Renzi.
Non essere insolente. Ti pare che io parli
solo ai pensionati? Sono parecchio più avanti dei miei eredi, ingrati o meno
che siano. Ti sembro meno à la page di Alfano o della Lorenzin? Ti sembro più
novecentesco di Giovanni Toti? Guarda, di sicuro mi vesto meglio. Quello che
giovani come te non vogliono capire - semplicemente perché non hanno conoscenze
sufficienti - è che l’unico grande innovatore in questo Paese sono stato io. Ho
inventato i centri commerciali. La televisione al passo coi tempi. Ho inventato
l’alta velocità ferroviaria e il nuovo modello di quartiere residenziale. Ho
inventato il partito liquido-ma-non-troppo. Ho inventato il berlusconismo e ho
inventato anche l’anti-berlusconismo, per offrire un alibi decente ai miei
avversari.
Vedi che non capisci? Se fossi il tuo relatore, non ti giudicherei pronto all’esame di laurea. È inutile che tu venga a citarmi il regista del Caimano; guarda che perfino Fellini si prese gioco di me! Uno degli ultimi film, uscì l’anno in cui - ahinoi - sarebbe venuto al mondo anche Luigi Di Maio. Il 1986. Fellini mi rappresentò come il cavalier Fulvio Lombardoni. Non hai dato esami di cinema, ragazzo? Male. Fellini mi fece passare per un venditore di salumi, ma nella sostanza il suo era un omaggio verso chi stava cambiando la faccia del Paese. L’anagrafe non ti consente di cogliere appieno il balzo avanti che le mie televisioni, anche in fatto di costume, hanno consentito agli italiani di compiere.
Mi stai provocando? Cos’è questa storia che
la televisione è superata? Chi ti mette in testa queste sciocchezze? I social,
i social, avete sempre in bocca questa parola. Una specie di passepartout.
Salvini e Di Maio twittano meglio di me? Ma ti pare che il punto sia questo? Il
punto è avere un progetto, una visione. Il punto è avere solide fondamenta...
non improvvisare...
Davvero non ha mai sentito nominare Lucio Colletti? Siamo messi male. Molto male. Abbiamo avuto ispiratori di livello, caro mio. Altro che il popolo della rete! Altro che Casaleggio! No, questo non te lo consento. Questo mi pare davvero troppo. Dirmi che avere un filosofo per ispiratore è roba di un altro secolo, no, non lo accetto! Dovrei fidarmi del figlio di un oscuro progettista informatico, una specie di guru? Per favore! Per favore! Non riuscirai a farmi sentire un rottame, subdolo laureando. Ti ho forse aperto le porte di Villa San Martino per farmi trattare da reperto archeologico?
Vorresti convincermi di essere stato
superato a destra, a sinistra, al centro? Vorresti darmi a intendere che non
sono più decisivo? Che gli italiani possano rassegnarsi a questo o a quell’homo
novus così orrendamente a buon mercato? Che si accontentino di un homo novus
rozzo e senza laurea, senza amore per i classici latini, senza un giornale e
una squadra di calcio, senza il mio sconfinato amore per il Bello in ogni sua
forma, senza l’attitudine visionaria che porta ad aprire dal nulla la strada
alle magnifiche sorti e progressive, a dare forma a ciò che ancora non esiste e
che nessuno ha saputo immaginare? Ragazzino, tu te lo immagini il mondo prima
della Standa? No. Appunto! E il mondo senza i centri commerciali? Il mondo
senza Milano 2 e Milano 3. Il mondo senza Italia 1. Il mondo senza la De
Filippi. Senza Uomini e donne. Il mondo senza il Milan. Il mondo senza la
dolcezza della vita. Il mondo senza il Futuro. Sai perché non te lo immagini?
Perché ben prima che tu venissi al mondo, peraltro nello stesso decennio in cui
è venuto al mondo Luigi Di Maio, ecco, io ero già da parecchio al lavoro per
consegnare anche agli irriconoscenti come te il Nuovo. La tua tesi di laurea,
sulla quale non ripongo più alcuna fiducia, dovrebbe intitolarsi ai processi
innovativi da me innescati nel corso dei decenni nell’imprenditoria, nello
spettacolo, nello sport, nella politica. Vedi un solo ambito della vita
pubblica che io non abbia toccato e rinnovato? Ecco, bravo fatti due conti...
Anzi, sai che ti dico? Dammi qua...
No, non accetto rimostranze. Ti ho ricevuto, ti ho fatto accomodare, ho confidato che supportare un laureando in anni miserabili di dominio dei senza laurea fosse un gesto nobile e generoso. E tu come mi ripaghi? Con le tue sconce obiezioni di ragazzetto invecchiato senza accorgersene. Bene, inutile frignare, strappo e butto via questi tuoi fogli insulsi. E se permetti, la tua tesi di laurea su Silvio Berlusconi la scrivo io. Sì, la biografia fin qui va bene, nato nel 1936, togliamo 1936, non serve, basta scrivere che sono nato, il grosso della questione è lì. È stato Presidente del Consiglio, bene, ma qui metterei in aggiunta che lo sarò ancora, il governo dura un anno, e quando torno a tutto campo si vedrà di nuovo chi sono, e se non sarò presidente del Consiglio, finirò per esserlo della Repubblica - ecumenico, trasversale, riverito, avrò solo ottantasei anni...
E nel frattempo questi gradassi ignorantoni
saranno già andati a sbattere.
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