Oggi, il 22 di aprile, è stato
dichiarato la “giornata della Terra”. È tra le tante inutili giornate che il
bipede reso umano si congegna di creare. A che pro? E come direbbe quel gran
maestro della commedia all’italiana oserei dire anch’io “ma mi faccia il piacere!”.
Ritengo invece che sia l’occasione di proporre, quasi integralmente, la conversazione a più voci di Agnese Bertello pubblicata su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”. I temi trattati nella conversazione non hanno trovato spazio alcuno nei dibattiti – dibattiti si fa per dire – nelle passate come nelle recentissime elezioni politiche nel bel paese. Eppure il dramma della spazzatura, un dramma tutto italiano, la necessità di diversificare le fonti energetiche, pongono drammaticamente alle coscienze di tutti i problemi ambientali come non più trascurabili e procrastinabili: a rischio la sopravvivenza di ogni forma di vita sul pianeta Terra. Ma la cosa straordinaria è la scoperta da me fatta leggendo un periodico finanziario: ebbene, laddove nella conversazione della Bertello si parla di sotterrare l’anidride carbonica prodotta dalle attività industriali, ho scoperto che questa insana ma inevitabile conseguenza dei nostri cicli produttivi ha generato una speculazione finanziaria con un gigantesco giro di soldoni. Esterrefatto dalla lettura di quel periodico finanziario ho scoperto che oggigiorno si riesce a cavare danaro anche dalle cose più impensate, come, per l’appunto, dalla produzione dell’anidride carbonica. Si inquina disinvoltamente l’ambiente, ma qualcuno, viva iddio, ne trae un notevole profitto nella fattispecie cedendo le proprie quote di ci_o_due, avute in assegnazione ma non prodotte, agli imprenditori che nei loro processi produttivi fossero andati oltre le quote di ci_o_due loro assegnate. Incredibile come sia possibile guadagnare facilmente oggigiorno per lor signori, come avrebbe scritto il Melloni; e tanto basta a creare quella finanziarizzazione della economia globale che tanta miseria allegramente elargisce alle moltitudine rendendo in pari tempo sempre più ricchi i già ricchi. Un altro problema allarmante ed insanabile!
Agnese Bertello. I consumi di energia sono destinati a crescere vertiginosamente. Ma di quanta energia avremmo davvero bisogno?
Ritengo invece che sia l’occasione di proporre, quasi integralmente, la conversazione a più voci di Agnese Bertello pubblicata su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”. I temi trattati nella conversazione non hanno trovato spazio alcuno nei dibattiti – dibattiti si fa per dire – nelle passate come nelle recentissime elezioni politiche nel bel paese. Eppure il dramma della spazzatura, un dramma tutto italiano, la necessità di diversificare le fonti energetiche, pongono drammaticamente alle coscienze di tutti i problemi ambientali come non più trascurabili e procrastinabili: a rischio la sopravvivenza di ogni forma di vita sul pianeta Terra. Ma la cosa straordinaria è la scoperta da me fatta leggendo un periodico finanziario: ebbene, laddove nella conversazione della Bertello si parla di sotterrare l’anidride carbonica prodotta dalle attività industriali, ho scoperto che questa insana ma inevitabile conseguenza dei nostri cicli produttivi ha generato una speculazione finanziaria con un gigantesco giro di soldoni. Esterrefatto dalla lettura di quel periodico finanziario ho scoperto che oggigiorno si riesce a cavare danaro anche dalle cose più impensate, come, per l’appunto, dalla produzione dell’anidride carbonica. Si inquina disinvoltamente l’ambiente, ma qualcuno, viva iddio, ne trae un notevole profitto nella fattispecie cedendo le proprie quote di ci_o_due, avute in assegnazione ma non prodotte, agli imprenditori che nei loro processi produttivi fossero andati oltre le quote di ci_o_due loro assegnate. Incredibile come sia possibile guadagnare facilmente oggigiorno per lor signori, come avrebbe scritto il Melloni; e tanto basta a creare quella finanziarizzazione della economia globale che tanta miseria allegramente elargisce alle moltitudine rendendo in pari tempo sempre più ricchi i già ricchi. Un altro problema allarmante ed insanabile!
Agnese Bertello. I consumi di energia sono destinati a crescere vertiginosamente. Ma di quanta energia avremmo davvero bisogno?
Paolo Saraceno, Istituto
di fisica dello spazio interplanetario. I Paesi
industrializzati oggi si trovano al bivio. Dopo aver consumato
ininterrottamente per circa un secolo hanno capito che il pianeta e le sue risorse
non sono sconfinati. Oggi la Terra è diventata piccola. Ma non riusciamo ancora
a fermare questo meccanismo perverso. Siamo costretti a vivere consumando e gli
effetti sull'ambiente sono sotto gli occhi di tutti. Una rivoluzione culturale,
per non dire una trasformazione genetica, è inevitabile.
A.B. Nel
2004 il fabbisogno energetico dell'uomo era circa 1/3 della potenza generata al
centro della Terra. Con lo sviluppo prevedibile dei Paesi sottosviluppati, Cina
e India per primi, sarà nei prossimi anni superiore all'energia prodotta al
centro della Terra e a quella che sposta continenti, alimenta i vulcani e i
terremoti.
Luigi Sertorio, fisico.
Ci vuole più energia, si dice. Io dico di no. Io sarei molto più contento se di
energia ce ne fosse meno. Voglio passare da 10 kw di consumo energetico pro
capite, queste sono le stime fatte negli Stati Uniti, a 1 kw, che invece è il
quantitativo di cui una persona giovane, dispendiosa, che vive nel nostro mondo
consumista ha realmente bisogno, secondo i calcoli pedanti che ho fatto con i
colleghi. Perché questa enorme discrepanza? Per la produzione di arsenali
bellici. Dobbiamo coprire tutta l'Africa di pannelli solari per coprire questa
anomalia? E poi, dobbiamo costruire centrali nucleari per far viaggiare gigantesche
bananiere e far fare migliaia di km ai prodotti che consumiamo?.
A.B. Dilemma
petrolio. Sulla sua durata si fanno stime molto diverse. È agli sgoccioli o no?
Paolo Saraceno.
Sì. Oggi per trovare il petrolio bisogna scavare sempre più in profondo, non è
più come ai tempi del signor Rockefeller che, appena si faceva un buco con la
trivella, il petrolio schizzava. Adesso si deve pomparlo, quindi anche andarlo
a prendere costa energia.
Luigi Sertorio.
Ci sono giacimenti nei territori vergini dell'Artico e dell'Antartide, che per
ora una convenzione impedisce di sfruttare, ma la crescita dei prezzi al barile
ha reso conveniente sfruttare giacimenti che prima si consideravano costosi, in
Canada. Dunque il problema non sono le riserve, che sono più che sufficienti. È
piuttosto una questione di scelte: dobbiamo decidere di rinunciare ai
combustibili fossili e ricorrere a fonti rinnovabili per ridurre i gas serra.
Michael Lynch, presidente
del Global Petroleum Service del Seer, Strategic Energy & Economic
Research. Anche se abbiamo consumato metà del petrolio a
disposizione, le risorse rimangono ampie. Dureranno almeno fino alla metà del
secolo (ventunesimo n.d.r.). L'aumento dei costi
è un aspetto naturale e ciclico. I problemi con il petrolio stanno sulla terra,
non sotto. Sono cioè prevalentemente di tipo politico (…). C'è un peggioramento
molto graduale della qualità delle risorse, che costringe a ricerche più
costose in qualche modo compensate da tecnologie sempre più avanzate.
A.B. Stili
di vita. Bisogna intervenire sui consumi? Può il nostro comportamento avere
effetti globali?
Andrea Poggio,
vicedirettore generale di Legambiente. Cambiare lo stile di
vita quotidiano è una delle operazioni più complesse, ma oggi c'è una domanda
molto forte di prodotti e servizi innovativi, sostenibili: dal car e bike
sharing all'acquisto del pannello solare per l'abitazione privata, alla ricerca
di sistemi più efficienti di riscaldamento. Spero che questa domanda possa
sviluppare velocemente un mercato competitivo e che quindi i servizi stessi
possano espandersi a livello di massa nel giro di pochi anni, così come è
successo per la telefonia.
Luigi Sertorio.
Compro una nuova auto perché quella che ho non può circolare, non è
riconosciuta come euro giusta. È vecchia. È antiecologica. Ci vuole un motore
più efficiente. Benissimo. Ma quello che guadagno con un'auto della versione
giusta non compensa il dispendio di energia necessario per produrla. Buttare è
enormemente sciocco. È un marchingegno di consumo diabolico.
A.B. Carbone
pulito. Diffuso ed economico. Ma altamente inquinante. Da qualche tempo si
parla di carbone pulito: ma esiste davvero?
Luigi Paganetto,
presidente Enea. Le fonti fossili rimarranno in tutte le
previsioni per un periodo ancora piuttosto lungo come la principale fonte di
energia. Il carbone può diventare pulito se gli elementi nocivi per l'ambiente
prodotti dalla combustione, in primis la CO2, l'anidride carbonica, vengono
catturati e messi in un deposito sotto terra. La tecnologia per farlo non è
ancora disponibile per ora, ma la ricerca sta andando avanti.
Paolo Saraceno. Gli
impianti industriali producono ogni anno 10 miliardi di tonnellate di CO2. In
diverse regioni del mondo ci sono impianti sperimentali per la cattura e lo
stoccaggio della CO2. Se avranno successo si potrebbe arrivare a mettere sotto
terra il 10% della CO2 prodotta ed entro il 2050 il 40%. Un contributo
importante, ma da solo non basta.
A.B. Promessa
idrogeno. Lo accreditano come fonte di energia pulita. Ma per ora sembra ancora
lontano.
Luigi Paganetto.
L'idrogeno è un vettore. Prima bisogna ottenere l'idrogeno e poi l'energia.
Possiamo estrarlo dall'acqua, ma questo richiede energia. Quindi spendiamo
energia per arrivare a produrne dell'altra attraverso l'idrogeno. Questo è un
problema. Dobbiamo sviluppare modi più avanzati che consentano di ottenerlo
come sottoprodotto.
Paolo Saraceno.
C'è anche un'altra questione: la difficoltà nel riuscire a immagazzinarlo (per
esempio su un'automobile o su un aereo) per garantire un minimo di autonomia.
A.B. Sfida
nucleare. L'ambientalista James Lovelock dice che può salvare il pianeta. È
legittimo considerarlo verde?
Luigi Paganetto.
Sì se parliamo del nucleare da fusione. Semplificando, si tratta di creare energia
dal plasma, che è la materia di cui è fatto il sole: è come mettere il sole
dentro un contenitore per trarne energia. Si tratta di un processo che non
produce scorie radioattive. Su questo lavoro si fonda il progetto Iter, cui
partecipano Europa - e l'Italia attraverso Enea -, Usa e Cina ma i tempi sono
lunghi.
Andrea Poggio.
Per me rimane un'energia nera. Solo se ci riferiamo a futuri reattori di terza
e quarta generazione, che saranno forse pronti nel 2030, o se pensiamo alla
fusione nucleare, possiamo parlare di energia verde.
Carlo Stagnaro,
economista, Istituto Bruno Leoni. In Italia tornare al nucleare
può aver senso - l'evidenza dagli altri Paesi lo suggerisce - solo se si tratta
di una scelta di mercato. La sfida non è puntare tutto su questo o quello, ma
costruire un mix che sia affidabile ed efficiente, dove c'è spazio per tutte le
fonti fossili, compreso il carbone, e rinnovabili, oltre che nucleare e dove
tutte soddisfano bisogni particolari sulla base delle loro caratteristiche.
A.B. Il calore
del sole. Eolico, solare, biomasse, idroelettrico, geotermia. Diventeranno
realmente competitive con le fonti fossili?
Andrea Poggio.
La fonte principale è il sole: indirettamente tutte le rinnovabili vengono dal
sole. Ma esistono sistemi per sfruttare l'energia delle maree, delle correnti
marine, la geotermia, le biomasse, i laghi. Luoghi diversi hanno a disposizione
fonti di energia diverse cui attingere. Non dobbiamo metterle in competizione.
Paolo Saraceno.
Solo due fonti hanno la capacità di sostituire i combustibili fossili, il
solare e il nucleare, ed entrambe non contribuiscono all'effetto serra. Le
altre sorgenti possono dare un contributo, ma anche mettendole assieme non
riusciranno mai a sostituire i combustibili fossili.
Luigi Paganetto.
Il solare è la fonte rinnovabile su cui si punta di più. L'eolico invece ha
poco margine di crescita oggi: si immagina di andare a raccogliere l'energia
del vento a 1000 metri
d'altezza con dei palloni guidati da terra, ma siamo ancora molto lontani da una
concreta realizzazione. Inoltre ci sono alcuni problemi come l'impatto sul
paesaggio e il rumore.
A.B. Un
Paese anomalo. La nostra bolletta è la più alta d'Europa. Come ridurla?
Alessandro Ortis,
presidente dell'Autorità Energia e Gas. Dovremmo essere meno
dipendenti dall'estero, stimolare concorrenza e usare più razionalmente
l'energia. Siamo un Paese anomalo, che dipende per l'85% dalle importazioni di
idrocarburi, molto di più rispetto agli altri partner Ue. Per il gas il grado
di dipendenza supera l'87%. Oltretutto le fonti fossili costano: in un anno il
petrolio è salito del 67% e, nelle ultime settimane, ha toccato punte di oltre
110 dollari al barile.
Andrea Poggio.
Non c'è una reale offerta sul mercato. Tutti vorrebbero l'autonomia energetica,
quello che manca è un'industria, una rete di vendita che porti l'offerta alle
persone, ai cittadini. Un esempio? Gli incentivi e il sostegno del governo a
chi mette i pannelli solari sono altissimi, eppure gli italiani che hanno fatto
questa scelta sono relativamente pochi rispetto ai 3 milioni che hanno scelto
gli incentivi per rottamare l'auto e comprarne una nuova. Perché? Perché
l'industria automobilistica è molto più organizzata. (…).
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