Me ne andavo spensieratamente percorrendo e godendo
di una straordinaria giornata di sole sul lungomare di C***, lungomare che si
snoda lungo il litorale laddove i monti boscosi dei Nebrodi vi degradano
dolcemente. Un passeggiare il mio per godere di inaspettati sole e tepore dopo mesi
uggiosi e godendo a pieni polmoni come di una raggiunta fuoruscita da una
stagione lunga ed avversa. A non molta distanza intravvedo Pippo L. venirmi
incontro. Il suo incedere ha come un rallentamento studiato al suo
approssimarsi ad una panchina sulla quale stavano seduti due uomini intenti a
smanettare sui loro smart-phone. “Peppuccio” – come fraternamente viene chiamato
da tutti coloro che gli vogliono bene - rallenta in quei pressi e dal labiale,
del quale posso intravvedere i movimenti, essendomi nel frattempo avvicinato
abbastanza alla scena, intuisco di un suo gratuito “buon giorno” all’indirizzo
dei due. I due che continuano a smanettare incuranti di quel saluto. Giunsi ad
essere dappresso a “Peppuccio” con il quale scambiai i soliti amichevoli convenevoli.
Fu a quel punto che sopravvenne una coppia in perfetto abbigliamento turistico,
come si conviene agli amanti del sole e del mare di questa terra benedetta – ma
non tanto, considerata la sua Storia - che è la Sicilia. Alla nostra altezza il
loro andare lesto si accompagnò come ad un rallentamento seguito da un inatteso
augurio di “buona giornata”, sì proprio un saluto di “buona giornata”, augurio
che contraccambiammo. Fu a questo punto della storia che “Peppuccio” ebbe a
chiedermi “e chisti dui cu’ sunnu” – che tradotto sta per chi fossero
quei due salutanti “alieni” -. Evidentemente quell’inatteso saluto da parte di
due sconosciuti aveva reso sgomento il caro “Peppuccio”. Certamente “Peppuccio”
non ha avuto il tempo, considerata la rapidità dello svolgimento della scena,
di riflettere (e di mettere in relazione) tanto sul mancato saluto dei due
seduti sulla panchina – che forse gli sarà apparso in linea con gli usi e
costumi dei tanti, tantissimi del luogo - quanto con lo spontaneo saluto della
coppietta di turisti, per dedurne infine quelle logiche, consequenziali
considerazioni di una diversità sì antropologica ma anche e soprattutto culturale.
Siamo nella terra che ha come regola aurea “cu’ picca pallò mai si pentiu” – chi
poco ha parlato mai si è pentito - che è tutto un dire in quali considerazioni
possano essere tenute “le relazioni umane” nelle ridenti –
si fa per dire - contrade della Trinacria.
A quel suo “e chisti dui cu’ sunnu” che accompagnò la sua visibile sorpresa seppi solamente, nell’occasione, rispondergli: - Peppuccio, due persone cortesi! -. E fu così che ci salutammo senza null’altro aggiungere. A tal punto sono giunte le cosiddette “relazioni umane”! E sì che la casistica delle “relazioni umane” è quanto mai assai vasta, in alcuni casi estremi anche preoccupante se non dire pericolosa. C’è chi racconta di aver vissuto episodi incresciosi con a rischio anche la propria incolumità e che solo la propria saldezza di carattere ha potuto evitare conseguenze più gravi. C’è chi racconta che, avendo premura e avendo maldestramente parcheggiato la propria auto, anche solamente per il tempo necessario al ritiro di un pacco in un negozio sito nelle strettissime vicinanze, si è visto aggredire al suo ritorno da un automobilista, impedito da quel maldestro parcheggio nel prosieguo della sua marcia, con un urlato (o ringhiato, o ruggito) a squarciagola “si vergogni!”. Che a quel punto il tale ha dovuto amaramente pentirsi – se ancora non lo avesse fatto - del suo maldestro posteggio e non potendo altro fare che riconoscersi autore di quel “vandalico” suo atto e cercare di venirne fuori con un semplicissimo, immediato “certo che mi vergogno” all’indirizzo del ringhiante automobilista, “certo che mi vergogno” col quale aveva ingenuamente pensato che il tutto si sarebbe concluso con quella unica ammissione possibile, non si sarebbe mai aspettato d’essere ancor più svilito ed umiliato con un altro insulto, “pezzo di m…”, finale. Avviene così che un episodio di maldestra educazione stradale da una parte creato si possa trasformare licenziosamente in una lacerazione anche pericolosa delle cosiddette “relazioni umane” da un’altra parte che sicuramente avrebbe auspicato e gradito che l’alterco superasse la banalità commisurata a quell’increscioso “incidente” e che si potesse arrivare a esibizioni muscolari per il conseguimento di quella soddisfazione che l’immediato riconoscimento - “certo che mi vergogno”, prontamente ammesso - non soddisfaceva al ringhiante automobilista nella giusta misura. E c’è chi racconta di quando, ferma in prossimità delle strisce pedonali per un attraversamento, si è vista invitata da un sopraggiunto automobilista ad attraversare. Solamente che, avendo un andare vistosamente claudicante a seguito di un increscioso incidente con ricovero ospedaliero, interventi chirurgici e fase post-operatoria lunghissima e peraltro abbastanza complicata e con le conseguenze di quell’incidente non ancora completamente risolte, si è vista da quello stesso automobilista essere apostrofata con un ironico “e ora che ti fai, una passeggiata?”. Come è possibile dolersi delle cronache che ci riportano quanto avviene nel quotidiano nelle aule delle nostre scuole? Ne discende che il plagio operato dai cosiddetti adulti trova la sua pratica applicazione nella scuola così come in ogni altro ambito della nostra vita sociale. “Relazioni umane” lacerate, senza altro scopo che lacerarle, ed al loro posto la “barbarie” di una quotidianità che non dovrebbe fare più scandalo – per carità, smettiamola di scandalizzarci - sol che si pensasse alle quotidiane, continue “lacerazioni” che quelle “relazioni” subiscono, “lacerazioni” che dovrebbero farci sentire corresponsabili di un degrado che non ha più limiti e freni efficienti. Ha scritto Tobias Jones in “Il cuore oscuro dell’Italia” – Rizzoli editore (2003), pagg. 311, euro 14.99 -: (…). In Italia la violenza civile è fortissima (…). È una cosa anormale, mostruosa, grottesca. Gli italiani sguazzano nel fatto di essere bravi ragazzi, misurati e all’antica… Ma c’è una violenza endemica tra vicini che si cela come una sorte di febbre sottopelle. (…).
A quel suo “e chisti dui cu’ sunnu” che accompagnò la sua visibile sorpresa seppi solamente, nell’occasione, rispondergli: - Peppuccio, due persone cortesi! -. E fu così che ci salutammo senza null’altro aggiungere. A tal punto sono giunte le cosiddette “relazioni umane”! E sì che la casistica delle “relazioni umane” è quanto mai assai vasta, in alcuni casi estremi anche preoccupante se non dire pericolosa. C’è chi racconta di aver vissuto episodi incresciosi con a rischio anche la propria incolumità e che solo la propria saldezza di carattere ha potuto evitare conseguenze più gravi. C’è chi racconta che, avendo premura e avendo maldestramente parcheggiato la propria auto, anche solamente per il tempo necessario al ritiro di un pacco in un negozio sito nelle strettissime vicinanze, si è visto aggredire al suo ritorno da un automobilista, impedito da quel maldestro parcheggio nel prosieguo della sua marcia, con un urlato (o ringhiato, o ruggito) a squarciagola “si vergogni!”. Che a quel punto il tale ha dovuto amaramente pentirsi – se ancora non lo avesse fatto - del suo maldestro posteggio e non potendo altro fare che riconoscersi autore di quel “vandalico” suo atto e cercare di venirne fuori con un semplicissimo, immediato “certo che mi vergogno” all’indirizzo del ringhiante automobilista, “certo che mi vergogno” col quale aveva ingenuamente pensato che il tutto si sarebbe concluso con quella unica ammissione possibile, non si sarebbe mai aspettato d’essere ancor più svilito ed umiliato con un altro insulto, “pezzo di m…”, finale. Avviene così che un episodio di maldestra educazione stradale da una parte creato si possa trasformare licenziosamente in una lacerazione anche pericolosa delle cosiddette “relazioni umane” da un’altra parte che sicuramente avrebbe auspicato e gradito che l’alterco superasse la banalità commisurata a quell’increscioso “incidente” e che si potesse arrivare a esibizioni muscolari per il conseguimento di quella soddisfazione che l’immediato riconoscimento - “certo che mi vergogno”, prontamente ammesso - non soddisfaceva al ringhiante automobilista nella giusta misura. E c’è chi racconta di quando, ferma in prossimità delle strisce pedonali per un attraversamento, si è vista invitata da un sopraggiunto automobilista ad attraversare. Solamente che, avendo un andare vistosamente claudicante a seguito di un increscioso incidente con ricovero ospedaliero, interventi chirurgici e fase post-operatoria lunghissima e peraltro abbastanza complicata e con le conseguenze di quell’incidente non ancora completamente risolte, si è vista da quello stesso automobilista essere apostrofata con un ironico “e ora che ti fai, una passeggiata?”. Come è possibile dolersi delle cronache che ci riportano quanto avviene nel quotidiano nelle aule delle nostre scuole? Ne discende che il plagio operato dai cosiddetti adulti trova la sua pratica applicazione nella scuola così come in ogni altro ambito della nostra vita sociale. “Relazioni umane” lacerate, senza altro scopo che lacerarle, ed al loro posto la “barbarie” di una quotidianità che non dovrebbe fare più scandalo – per carità, smettiamola di scandalizzarci - sol che si pensasse alle quotidiane, continue “lacerazioni” che quelle “relazioni” subiscono, “lacerazioni” che dovrebbero farci sentire corresponsabili di un degrado che non ha più limiti e freni efficienti. Ha scritto Tobias Jones in “Il cuore oscuro dell’Italia” – Rizzoli editore (2003), pagg. 311, euro 14.99 -: (…). In Italia la violenza civile è fortissima (…). È una cosa anormale, mostruosa, grottesca. Gli italiani sguazzano nel fatto di essere bravi ragazzi, misurati e all’antica… Ma c’è una violenza endemica tra vicini che si cela come una sorte di febbre sottopelle. (…).
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