Tanto per richiamare alla corta memoria di noi che
apparteniamo al genere ultimo dell’“homo videns” quanto ebbe a scrivere
– imperitura iscrizione a pie’ di pagina di questo blog - il
giornalista-scrittore Gianni Mura sul Venerdì di Repubblica del 21 di dicembre dell’anno
2012: “Mettiamola così: secondo me non tutti quelli che vanno sul web sono
dei dementi. Ma tutti i dementi vanno sul web”. Tratto da “Censori, vergognisti e altri webeti*” (*copyright
di Enrico Mentana) di Andrea Scanzi, su “il Fatto Quotidiano” del 30 di agosto
2016: La verità è che il web, forse, non ce lo possiamo permettere. I social
network sono sempre più invasi da coloro che Enrico Mentana ha definito
“webeti”. C’erano anche ieri, solo che sproloquiavano al bar o scrivevano perle
di vita vissuta sui muri dei cessi: evitarli era facile. Oggi, purtroppo, tocca
leggerli. Anche e soprattutto se non vuoi. Già notati da Michele Serra e
Umberto Eco, i social dement hanno portato Il Time a sparare in copertina: “I
troll hanno trasformato il web in una fogna di ostilità e violenza”. E così la
Rete, che continua a essere popolata da persone meravigliose che senza il web
non avresti mai conosciuto e ad avere pregi enormi, è appesantita da
“avvelenatori di pozzi” di professione. Qualcuno fa tenerezza, qualcuno fa
pena. Qualcun altro fa solo schifo. Fenomenologia breve del webete. Talebano. È
sempre convinto che la verità stia solo da una parte e coincida con Renzi,
Grillo o Salvini. Se gli dai ragione sei un eroe, se osi fare distinguo sei una
merda. Il dubbio non li ha mai intaccati. (…). Pretoriani. Passano la vita a
insultare chi non la pensa come loro, creando profili fake a profusione per
aumentare il loro fuoco (fatuo) di fila. Hanno fatto sesso l’ultima volta nel
’77 e si masturbano se un loro hashtag finisce nei Trending Topics. Poveracci. Haters.
Webeti anonimi che ti attaccano anche se dici cose ovvie, tipo “Rondolino è
brutto come un singolo di Antonacci”. Se ti incontrano per strada, ti chiedono
l’autografo: non perché in realtà ti stimino, ma perché del tutto sprovvisti di
zebedei. Se la fanno sotto di default.
Indignati. Non gli va mai bene niente.
Se Bonolis viaggia con l’aereo privato, lo insultano per ostentazione di
ricchezza. Se Cannavacciuolo viaggia con Ryan Air, lo insultano perché è un
poveraccio. Una manciata di cazzi propri, no? No. Esperti. Si adattano
all’argomento del momento e danno consigli su tutto. Sul terremoto, sulla
ripopolazione del panda rosso o sulla Pellegrini che “non sa nuotare”. Loro,
invece, quando fanno il bagno nella vasca riescono a essere così agili da
staccare perfino la paperella gialla. L’unica, peraltro, a fargli
misericordiosamente compagnia. Battutisti. Proliferano soprattutto su Twitter,
convinti che bastino 140 caratteri ad minchiam per essere pubblicati su
Spinoza. Fanno “battute” soprattutto quando muore qualcuno famoso. Una prece:
al morto, ma più che altro a loro. Precisini. Ne sanno sempre più di te.
Sempre. Tipo: “Non è vero che Jimi Hendrix nel 1968 ha sbadigliato 74 volte. Lo
ha fatto 76”. Si divertono così. Gasparri. Emblema del citrullo mediamente noto
che non sa usare la Rete e raccatta continuamente figure da bischero. Senza
neanche accorgersene. Vale anche per le Picierno, ma non è il caso di dare ulteriore
spazio a tale pulviscolo. Quindi andiamo avanti. Censori. Vivono con l’unico
obiettivo di lamentarsi se li blocchi dopo che ti hanno scritto “Crepa, merda”.
A quel punto, eccitati come un eunuco di fronte a Gozi, gridano: “Visto? Vuoi
la democrazia, poi però censuri tutti!”. Riassunto per il webete: la Rete non è
democratica e una pagina pubblica lo è ancora meno. Se mi sputi sul divano di
casa, io ti caccio. Ed essendo casa mia, magari ti caccio anche solo perché hai
scritto “qual’è” con l’apostrofo: stacce (cit). “E le foibe?” Tribù assai
numerosa e particolarmente cagacazzi. Se per esempio piangi per i morti del
Bataclan, ti insultano perché non hai versato le stesse lacrime per i morti in
Siria. Porca miseria: al giorno d’oggi, non sei neanche più libero di piangere
chi ti pare. Titolisti. Di un articolo leggono solo il titolo. Riuscendo pure a
fraintenderlo. Refusisti. Di un post, magari articolato, notano solo il refuso.
Tipo: hai appena raccontato la storia di Muhammad Ali. E loro: “Che schifo, manca
una virgola al rigo sette. Vergogna!!!”. E’ la variante web del pensionato che
fracassa la uallera a chi lavora nei cantieri. Però meno simpatica. “E quindi?”
Commento tipico di chi, dopo aver (non) letto un post, vorrebbe dire la sua.
Non avendo però idee sue, non le dice. E quindi? “Sai solo criticare”/ “Sei
solo invidioso”. Reazione pavloviana di chi, trovatosi di fronte a critiche su
persone, squadre o partiti a lui cari, non va mai oltre lo stantio “Stai a
rosica’, vero?”. Un tale ragionamento, di per sé sommamente idiota, diviene
addirittura comico se magari il “rosicare” riguarda Orfini: chi è che potrebbe
mai invidiare Orfini? Dai ragazzi, su. “Vergogna, perché non parli di (x)?”
Altra frase tipica del social dement, che pretende che gli argomenti di un
profilo li scelga lui. E non il proprietario del profilo. Genio. Fanboy. Puoi
dirgli che un meteorite sta per abbattersi sulla Terra o che Siani sta per fare
un altro film: non tradirà reazioni. Se però gli dici che l’ultimo disco di
Mengoni fa abbastanza schifo all’intestino tenue, e pure a quello crasso, ti
augurerà la morte. A te e famiglia. Daje. Complottisti. Aspettano le tragedie
per reiterare bufale ciclopiche con l’aria di chi – a dispetto
dell’informazione canonica – ha il coraggio di dare notizie scomode. L’esempio
della magnitudo “falsata” dal governo per non risarcire i terremotati è solo
una delle tante. Poveri noi. “Non hai niente di meglio da fare?” Frase assai
cara al webete. Lui, invece, che ha visto l’ultima donna seminuda nel Postalmarket
e se ne sta lì a leggerti tutto il giorno anche se gli stai parecchio sulle
palle, di cose migliori da fare ne ha tantissime. Duri&Puri. Bivaccano sui
social per scudisciare chi “tradisce”. Vorrebbero tutti poveri, infelici e
possibilmente morti giovani. Ce l’hanno con quello che canta a Sanremo, con
quell’altro che va dalla De Filippi e quell’altro ancora che pubblica con
Mondadori. Ovviamente, al loro posto, ipotecherebbero la madre per pubblicare
con Mondadori. Cantare a Sanremo. E soprattutto andare dalla De Filippi. Loro
non sono mica razzisti. Qualsiasi cosa accada, è sempre colpa degli immigrati
che vivono nei 4 stelle e prendono 35 euro al giorno. È l’unica cosa che (non)
sanno e la spendono per ogni dibattito, che si parli di terremoto o ginger ale.
Al massimo della loro elaborazione concettuale, possono arrivare a “Zingari di
merda” e “Viva il Duce”. Ma solo con uno sforzo cerebrale tale da bruciare
tutti i loro neuroni. Cioè uno. E pure irrisolto.
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