Per regola questo “pezzo”
dovrebbe far parte e comparire nella rubrichetta “scriptamanent” poiché
esso è datato al 14 di agosto dell’anno 2013. Oggi è per l’appunto un 14 di
agosto dell’anno 2016. Protagonisti sono i “Wu Ming”, scrittori-collettivo in
una intervista al giornalista di Repubblica Michele Smargiassi. Titolo del “pezzo”:
"Basta col politicamente corretto:
riconoscere che il conflitto esiste”. Mi pareva che relegarlo in quella
rubrichetta - “scriptamanent” - fosse poca cosa, come sacrificarlo inutilmente
non potendone evidenziare il suo potente contenuto. Una scelta editoriale
quindi ma che posto quel “pezzo” in “quellichelasinistra” mi pare abbia
il colto appieno il segno giusto. Ché sotto la confusione di questo cielo non
si ravvisano più i contorni ed i contenuti un tempo appartenuti a “quellichelasinistra”.
La sinistra dell’oggi è una sinistra ridanciana, scombiccherata, senza
memoria e senza progetti; una sedicente sinistra dal proclama facile ma dai
fatti nulli, disastrosi. Titolano oggi i “tromboni” del quotidiano la
Repubblica: “Il Pil fermo costa 6,5 miliardi”. Titola oggi in prima pagina “il
Fatto Quotidiano”: “Abbiamo buttato 30 miliardi per arrivare alla crescita zero”. Sottotitolo:
“La
renzinomics sta portando di nuovo il Paese in recessione: misure fatte per
raccogliere consenso e compiacere gli industriali. (…). Per El Pais la minaccia
alla stabilità Ue è l’Italia”. Fatti e misfatti di “quellichelasinistra” d’oggi.
Al 14 di agosto dell’anno 2013 muoveva i suoi passi pesanti il “rottamatore” venuto
da Rignano sull’Arno. Ha rottamato sì, ma la sinistra e con essa il Paese. Ed è
venuto a saldare o rinsaldare legami stretti con quell’apparato complesso che con
la sinistra ha storicamente ben poco da condividere. Che non sia giunta per
davvero la “fine della Storia”? Ché se fosse così avrebbe avuto ragione
quel tale signore che qualche decennio addietro del secolo ventesimo preconizzò
tale evento. Ma la Storia non muore, non finirà mai, poiché essa è fatta dagli
uomini, con i loro pensieri, ideali, i loro appetiti economici, che
meccanicamente stanno a rinnovare quel “conflitto” che la sedicente sinistra d’oggi
ha riposto in un angolino angusto della sua storia. Storia minima, dalla quale
se ne uscirà di certo per scrivere altre pagine ancora di quella Storia grande che
è propria degli umani. Una sinistra d’oggi che, non volendo “riconoscere
che il conflitto esiste” e non muore e non morrà mai poiché prodotto dalla
Storia grande, riduce le aspettative politiche delle masse ai proclami e quell’enfasi
propria dei peggiori e nefasti “conductor” di antica memoria. Leggiamo i “Wu
Ming”:
(…). "Siamo di sinistra, una sinistra sociale diffusa, dei movimenti,
tendenzialmente extra-istituzionale".
Vuol dire che si può ancora
indossare, questa parola, sinistra? WM1: "Dipende da chi lo fa. Chi sei tu
che te la provi addosso? Uomo o donna? Dove vivi? Dipendente o autonomo,
stabile o precario? Sinistra non è una parola, è una visione del mondo, non è
fatta per un soggetto immaginario, cambia secondo la posizione da cui la dici.
Come parola disincarnata è solo un'imperfetta metafora spaziale,
bidimensionale, dunque inadeguata perché il mondo è pluridimensionale, e poi ha
un sottotesto "parlamentare" che pesa perfino quando la usi in modo
extraparlamentare...".
Eppure è sopravvissuta al crollo
dei muri... Forse era meno compromessa di altre... WM1: "Ma no, l'hanno
negata in tutti i modi, le hanno affiancato parole-gendarme come
"centro-sinistra", parole-commissario come "democratici di
sinistra", parole-stampella come "sinistra ecologia e
libertà"...". WM4: "Non si parte dal chi sei, si parte dal cosa
fai. Quei partiti hanno fatto il contrario, hanno messo prima l'insegna di
tutto il resto, ma alla fine è rimasta un'etichetta".
Ma "sinistra"
continuate a usarla anche voi. WM1: "Sì, ma io la uso in subordine, di
sfondo, per semplificare durante il discorso, per far capire dove mi colloco,
in quale luogo della storia".
Ma voi come ci siete arrivati,
nel vostro "luogo della storia"? WM1: "Siamo figli di
metalmeccanici. Estrazione proletaria, come si diceva una volta. Cresci in un
ambiente che ti fa capire subito da che parte stai. Tuo padre fa gli scioperi,
le occupazioni, cresci in quella famiglia e stai dalla parte dei lavoratori
come te".
Un determinismo
politico-genetico... WM4: "È un imprinting, però poi il cervello è
plastico, contestualizzi, elabori. Ma sai da dove vieni. Per altri la strada
sarà stata diversa, questi siamo noi, non è una legge di natura".
E se nasci borghese? WM4:
"Nella vita possono capitarti tante cose che ti fanno inciampare nel
conflitto e ti costringono a schierarti. Non è l'idealità che ti porta da una
parte, è l'esperienza di vita".
Non si diventa di sinistra
leggendo libri, volete dire? WM4: "Perché no? In un'intervista, Andrea
Camilleri ci ha raccontato di essere diventato comunista leggendo Vittorini. Il
conflitto ha molte facce, arriva in molti modi diversi. A te però la scelta, o
lo accetti o lo ignori".
(…). Qualcosa di comune con tutti
quelli che si dicono di sinistra lo avrete pure, o no? WM1: "Se la parola
sinistra rispecchia qualcosa di comune è la consapevolezza che la società è
divisa. Ma ognuno nel conflitto sociale ha la sua posizione, e i conflitti sono
diversi, devi scegliere ogni volta da che parte stare, magari scopri che tu stesso
non sei sempre dalla stessa parte".
Puoi essere di destra o di
sinistra più volte al giorno? WM1: "Sì, puoi essere operaio sfruttato in
fabbrica e poi padrone oppressore a casa con tua moglie".
Eppure l'avete difesa, quella
parola, da chi sostiene che "non c'è più né destra né sinistra". WM4:
"Perché quella è un'opinione di destra! La destra sostiene che la società
è una sola, omogenea, armonica, come una marmellata, peccato per quei grumi
fastidiosi, gli allogeni, i disturbatori dell'ordine, il migrante e il
dissenziente oggi, il comunista "sovietico" ieri, che vanno espulsi
dalla comunità". WM1: "Se c'è qualcosa che tiene insieme le tante
sinistre, parola imprecisa, è questo atteggiamento, ripartire dalla convinzione
che la società è divisa, che il conflitto è endemico, inevitabile. Poi ci sono
vari modi per affrontarlo, chiamali marxista, socialdemocratico, anarchico...
Puoi cercare di mediare il conflitto, puoi combatterlo, ma se sei di sinistra
di certo non puoi negarlo".
Per molti, essere di sinistra è qualcosa
di meno bellicoso: è rispettare l'ambiente, pagare le tasse, gestire bene un
servizio comunale... WM4: "... fare la raccolta differenziata... No, la
sinistra senza la consapevolezza del conflitto diventa il manuale delle giovani
marmotte. Lo snobismo di chi si sente migliore degli altri perché open minded,
politicamente corretto. Una pulizia della coscienza con detergenti
economici". WM1: "Non basta il virtuosismo individuale, non devi
cambiare la pattumiera in casa, devi cambiare un mondo ridotto a pattumiera,
non ti salvi il culo da solo, te lo salvi solo insieme agli altri". WM4:
"Ma conflitto non vuole dire per forza fare a botte con la polizia. Vuol
dire come minimo non far finta che non esista. Il processo amianto di Casale è
conflitto anche se avviene per via giudiziaria, istituzionale; la causa Thyssen
lo stesso, si è visto chiarissimamente chi sta da una parte e chi
dall'altra".
Di conflitto ce n'è, in Italia,
mi pare. Solo che l'asse sembra essersi ribaltato da orizzontale a verticale,
da destra contro sinistra a casta contro non-casta... WM1: "Una formula
fortunata perché semplicistica. Sposta il problema dal sistema al singolo,
attribuisce tutte le colpe alla disonestà, alla cattiveria degli individui,
sostiene che la partita è truccata perché qualcuno bara, mentre la partita è
truccata perché il mazzo di carte è segnato fin dall'inizio. La corruzione è
del sistema, non del singolo". (…).
Ma allora, sinistra è una prassi
o una storia? WM1: "Una prassi che ha una storia. Sei quello che fai, ma
il tuo fare ha un passato, non l'hai inventato tutto tu. C'è un filone che
percorre la storia, dalla parte degli oppressi e dei senza-potere, è fatto di
scelte anche radicali, e io sto dentro quella storia, altrimenti la parola
sinistra la usiamo nel vuoto. È giusto chiedersi di cosa siamo eredi e di cosa
siamo parenti". (…).
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