"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 3 agosto 2016

Oltrelenews. 96 “#raccontoballestaisereno”.



Da “Tettuccio rialzabile” di Marco Travaglio, su “il Fatto Quotidiano” del 29 di luglio 2016: Uh come parlava bene. Come le cantava, per esempio, a quei dilettanti del governo Monti. “Se il governo tecnico vuole, possiamo dirglielo noi dove tagliare, facciamo noi i consulenti gratis: dalle caserme vuote agli stipendi dei manager pubblici” (3.5.2012). “È allucinante che non si possa intervenire sulla retribuzione degli alti manager di Stato (12.10.’12). Ma anche a quelle salme del governo Letta: “Vanno ridotti gli stipendi per i top manager pubblici, che sono alti tre volte la media europea. Valga la regola olivettiana, uno stipendio al massimo 10 volte dall’ultimo lavoratore” (19.11.’13). Bravo. “Sugli stipendi dei manager pubblici troppo alti, uscirà Filippo Taddei con uno studio realizzato dal professor Perotti” (14.1.’14). Giusto: mai più senza Taddei e Perotti. Poi finalmente al governo ci andò lui, e lì si parve subito la sua nobilitate. “Prenderemo 500 milioni di euro dagli stipendi dei manager. Se sei un dirigente della PA è giusto che guadagni più del presidente della Repubblica? No e ci sono molti dirigenti che guadagnano di più. Se non riuscirò a tagliare sarà colpa mia. E lo so dove mi manderanno gli italiani. Mi daranno del buffone” (13.3.’14). Ben detto: del buffone.“Confermo l’intervento sugli stipendi dei dirigenti pubblici” (21.3.’14). Bravone. “I manager resisteranno a parole, ma poi ovviamente è naturale che le cose cambino, non è possibile che l’ad di una società guadagni 1000 volte in più dell’ultimo operaio, torniamo a un principio di giustizia sociale. Noi non molliamo” (23.3.’14). Così si fa: mai mollare. “Sul tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici, piaccia o non piaccia, il governo intende andare fino in fondo. Altrimenti andiamo a casa. È il modo di fare la pace con gli italiani” (26.3.’14). Sacrosanto: piaccia o non piaccia, fino in fondo. “Per noi la prima scelta è di stare vicini alle persone che guadagnano di meno. Sugli stipendi dei manager, vedrete che sarete contenti (7.4.’14). Ma che dico contenti: contentissimi. “Per chi lavora nel pubblico, 238 mila euro sono più che sufficienti, è un elemento di limite che ci vuole, in questi anni si è totalmente sforato” (8.4.’14). Parole sante: un elemento del limite a 238 mila, e mai più sforato. “Non è possibile che un manager prenda un premio massimo se il Paese va a rotoli. Da adesso inizia a pagare chi non ha mai pagato, è un’operazione di giustizia sociale” (8.4.’14). Ecco, che paghino un po’ anche loro. “Facciamo una stretta molto significativa, tra i 350 e i 400 milioni” (8.4.’14). Perbacco, da leccarsi i baffi. Poi il 20 maggio 2015 la Rai emise il suo primo bond sul mercato obbligazionario: serviva a rifinanziare il debito, ma soprattutto a consentire ai “nuovi” manager che Renzi stava per nominare di sfondare il tetto di 240 mila euro appena fissato in pompa magna dal decreto Competitività. Motivo: il decreto del governo Renzi esenta dal tetto le società quotate in Borsa e a quelle non quotate che “emettono titoli negoziati su mercati regolamentati”. Tipo appunto, dal 20 maggio, la Rai. Appena in tempo, perché il 6 agosto Renzi piazza l’amico Campo Dall’Orto sulla poltrona di Gubitosi e tanti altri amichetti nei posti chiave. I 5Stelle, in ottobre, presentano un emendamento alla riforma Rai per evitare lo sfondamento del tetto sugli stipendi col trucco del bond, ma il Pd vota contro e lo affossa. Così gli stipendi dei manager Rai tornano festosamente a superare i 240 mila euro (e non solo dei manager: anche dei Merlo). (…)

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