Anche questa intervista di Fabrizio
Gifuni rilasciata a Concita De Gregorio sul quotidiano la Repubblica del 19 di
agosto dell’anno 2013 - "Ci hanno
rubato anche l'allegria" –, imperversando di già l’uomo venuto da
Rignano sull’Arno, avrei dovuto collocarla nella rubrichetta “scriptamanent”,
poiché la stessa si è sostanziata proprio in un 19 di agosto, ché oggi è per l’appunto
il 19 di agosto ma di un triennio dopo, un triennio appena passato di futilità
ed improvvisazione della sedicente sinistra al potere. Ma ho valutato che fosse
meglio fare un’altra eccezione. E l’eccezione l’ho fatta. Poiché in essa viene
fuori quella indicibile continuità di questa struttura di governo con la
precedente dominata dall’uomo venuto da Arcore. Sostiene Fabrizio Gifuni nell’incipit
della intervista: “(…). Dobbiamo parlare di sinistra? Ecco, la sinistra italiana, fra le
tante cose, si è fatta rubare l'allegria. Da gente che ha spacciato per due
decenni un carnevale avariato per buon umore. Riuscendoci. È diventata
nell'immaginario di molti un luogo cupo, pieno di paure e di divieti. È davvero
un peccato. Passa la voglia, così".
Passa la voglia di impegnarsi
ancora, o di parlare di politica? "Di parlarne, di essere costretti a ripetere
stancamente, da anni, le battute di un pessimo film che sembra non finire mai.
Altra cosa è l'impegno, quello non può cessare mai per chi ha la fortuna di
fare qualcosa in cui ciò che sei coincide con ciò che fai. (…). ".
Delusione? "Qualcosa di più profondo
temo, alle delusioni ci siamo abituati. Credo che il distacco dolorosissimo a
cui sono state portate un numero impressionante di persone che si sono
riconosciute, generazione dopo generazione, nei valori ideali di quella cosa
che chiamiamo Sinistra - persone da sempre e radicalmente poco inclini
al qualunquismo - ecco, penso che questo senso di lacerazione
sarà una delle ferite più difficili da rimarginare, di cui non poche persone
porteranno la responsabilità. Penso ad esempio che lo spettacolo miserabile a
cui abbiamo assistito nei giorni delle elezioni presidenziali (quelli in cui si
è deciso che non si doveva votare una delle persone più competenti ed
equilibrate della sinistra italiana, quelli dei 101 che poi erano anche di più,
in cui si è andati in ginocchio dal Capo di Stato a chiedergli di restare
perché non sappiamo eleggerne uno nuovo, in cui il PD ha detto ai suoi elettori
ci alleiamo con Berlusconi perché il momento lo richiede), ecco penso che
l'odore di quelle giornate tanta gente farà fatica a levarselo dal naso per
parecchio tempo. E ci terrei a dire che nella vita non sono mai stato
schizzinoso". (…).
Se sua figlia le chiedesse cosa
significa essere di sinistra cosa le direbbe? "Le direi significa non
avere paura delle cose che cambiano. Saper accogliere le persone e pensare che
i loro diritti valgono più dei soldi. Amare e difendere con tutte le forze la
scuola pubblica del nostro paese. Dare spazio a chi ha talento e fantasia,
senza toglierlo a chi ha bisogno. Gli leggerei una delle più belle lettere
d'addio, quella che Nicola Sacco, il compagno di Vanzetti, scrive a suo figlio:
"Ricordati figlio mio, la felicità dei giochi non tenerla tutta per
te". Sì, le parlerei del valore della parola e del gioco".
Gioco e parola? "I bambini
sanno naturalmente che per giocare bisogna darsi delle regole. Lo sanno da
soli. Basta ascoltarli mentre costruiscono le storie. Il gioco è la chiave per
conoscere il mondo. Le regole sono il perimetro dentro cui tanto i bambini
quanto gli adulti - con i loro corpi e le loro parole -
mettono in scena lo spettacolo della propria vita. Che sia quello della
democrazia, della giustizia o del teatro. (…).". (…).
E il teatro? "Il teatro
assomiglia un po' alla felicità, un luogo in cui - con
i corpi e gli sguardi vivi delle persone
- si continua a spezzare il pane
insieme. Perché questo, per inciso, significa la parola compagni: qualcuno mi
sa che o non se lo ricordava o non lo ha mai saputo. Che poi vedi che le parole
sono importanti... Non aver paura delle cose che cambiano, però, non significa
farsi fagocitare dal tempo. Il tempo è anche un'illusione, una trappola. Non
sono così sicuro che la sinistra debba reinventare a tutti costi un nuovo
linguaggio per non perdere il passo. Sarebbe già un ottimo risultato ridare
dignità a parole che non perderanno mai valore. Una fra tutte, uguaglianza. Che
significa uguali diritti, uguali opportunità, uguali davanti alla legge. E se
alcuni partiti della sinistra si ricordassero, ogni tanto, di spezzare un po'
di pane con la propria gente, magari scopriremmo che non c'è più tanto bisogno
di riordinare il senso delle parole. Chissà".
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