"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 12 agosto 2018

Cronachebarbare. 57 “«Come riconoscere un cazzaro» nell'azzurro mare d'agosto”.


È la distanza esatta di un triennio che sepàra l’editoriale di oggi a firma di Marco Travaglio - “Compiti delle vacanze”, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” – da “I tormentoni dell’estate: la suora che fa lap-dance e la sinistra meno sinistra” di Alessandro Robecchi, al tempo pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 12 di agosto dell’anno 2015. Un triennio appena. Non erano ancora avvenuti gli inciampi del 6 di dicembre dell’anno 2016 né tantomeno quello più disastroso del 4 di marzo 2018. Si era al tempo ancora del “#cambiareverso”, per andare dove ancor oggi non si riesce a capirlo. Disarcionato l’uomo venuto da Rignano sull’Arno, ecclissatosi quello che si autodefiniva come il “partito democratico” resta il bilancio disastroso di una esperienza che ci ha lasciato in eredità il tempo presente. E sì che di fatti e misfatti ne siano passati a iosa. Ma quei fatti e quei misfatti sembrano avere un minimo comune denominatore che lega quel prima all’inatteso presente, con una continuità se non palese almeno intuibile sol che quella continuità la si voglia andare a cercare. E ci si ritrova tutti quanti – a milioni ciabattanti e schiavi o dannati che dir si voglia della tintarella che tutto nasconde o cancella - nell’agosto presente ad andare, in quale misura inconsapevolemente, come “travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto”, al pari di quel mozzo comunista e siciliano a nome di Gennarino Carunchio creato dalla fervidissima fantasia di Lina Wertmüller,  sballottati tutti quanti e tutti assieme appassionatamente verso non si sa il dove che non si riesce ad intravvedere in questo presente orizzonte agostano. In cambio nell’“insolito destino”  che tutti ci travolge si è passati da un miserevole “#cambiareverso” ad un al momento fantasmatico “#governodelcambiamento”. Scriveva a quel tempo Alessandro Robecchi: Un fenomeno che non si riesce a spiegare, che la scienza non sa decifrare, che nemmeno i maghi e i veggenti riescono a interpretare. Come mai, dannazione, invece di cliccare sulla notizia “Suora diventa lapdancer” o sul titolo “Cane lupo di Taiwan sa le tabelline”, gli italiani si siano letti avidamente il carteggio Staino-Cuperlo, una cosa che pesa sulla società italiana come un documentario sull’accoppiamento delle lumache. Masochismo estivo, probabilmente, o meglio ancora un portato delle molte sfumature che si vendono in libreria: “Caro, questa sera ti frusto con il gatto a nove code”. “No, tesoro, fammi più male ancora, leggimi la lettera di Staino a Cuperlo”. In ogni caso, e al netto dello scambio epistolare tra un gigante della satira (Cuperlo) e un titano del renzismo (Staino), è il caso di dedicare qualche riflessione al succo della questione. E cioè al fremente dibattito su cosa sia di sinistra e cosa no, una questione davvero entusiasmante, un dibattito che sarà apprezzatissimo, per esempio, dagli schiavi che raccolgono i pomodori nei campi pugliesi morendo nelle piantagioni come nell’Alabama dell’800. Se ci pensate, è il modo migliore per parlare d’altro, per spostare la discussione dalle cose vere (che so, i tagli alla sanità, Confindustria che applaude, lo sconto agli evasori fiscali, una legge sul falso in bilancio peggiore di quella che fece Berlusconi, cosucce cosi) a un piano aleatorio e teorico, dove vale tutto. Da qui l’entusiasmante diatriba su siamo di sinistra, no, non lo siete, lo eravate, ma solo un po’, sui bordi, anzi no, eccetera eccetera, con tutte le varianti del caso: niente ci verrà risparmiato. Dopo le interessantissime discussioni sulla prova costume, ecco le schermaglie sulla “prova sinistra”. Disse Matteo Renzi nel febbraio del 2014, quando ancora pareva un burbanzoso innovatore che avrebbe rottamato il passato cinico e baro, che il suo era “Il governo più di sinistra degli ultimi trent’anni”, che ancora oggi – dopo che ne ha dette migliaia – resta la sua battuta migliore. Poco più di un anno dopo, quel governo così di sinistra proponeva nella stessa settimana un taglio delle tasse sui profitti delle imprese (non sul lavoro, non sugli investimenti, non sulle vite dei cittadini, no, no, proprio sui profitti) e contestualmente un taglio della sanità pubblica. Ora, per convincere tutti che questa sia una cosa di sinistra ci sono molte strade: dall’ipnosi di massa alla distribuzione di pasticche lisergiche. Si sceglie invece una strada più tortuosa: attaccare la sinistra del Pd dicendo che non capisce il senso profondamente di sinistra di tutto questo. La sinistra Pd, dal canto suo e parlandone da viva, gioca il ruolo delle cantanti liriche nelle opere più entusiasmanti, cioè canta per un intero atto “Muoio… muoio… ah, guardate come muoio, me tapina… muoio”, e così avanti per giorni e giorni, senza morire mai, senza andarsene mai e soprattutto votando con il partito quando ce n’è bisogno, salvo rari casi.
La stessa sinistra Pd che oggi si fa alfiere e portavoce della “sinistra” è quella che votava compatta il governo Monti, la legge Fornero, il pareggio di bilancio nella Costituzione. Insomma, c’è un concetto di sinistra molto variabile e ballerino, che si sventola oggi sì, domani no, dopodomani vedremo cosa ci conviene, e la sensazione è che possa passare qualunque porcata galattica purché la si dica “di sinistra”. Intanto, negli ultimi trent’anni la forbice tra rendite e profitti e redditi da lavoro si è allargata a dismisura: i ricchi sono più ricchi e i poveri più poveri, ma di questo – che è l’unico argomento su cui tessere una teoria di sinistra ai tempi del colera – non si occupa nessuno. Uff, che noia… uff, che palle. Vuoi mettere leggere cosa ne pensa Staino? E siamo così arrivati come sempre - “travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto” - all’oggi del cosiddetto “cambiamento”. “Cambiamento” con chi, e come? Boh! Scrive Marco Travaglio sul tempo agostano presente: (…). …che almeno prendessero esempio dal premier Giuseppe Conte: uno che non può neppure dire “Lei non sa chi sono io”, perché si sentirebbe rispondere “Già, lei chi è?”. E infatti, a parte un’intervista al Fatto, una conferenza stampa di compleanno e una diretta Facebook, non s’è mai sentito. Ieri ha detto una cosa che, in un altro paese e con altri alleati, sarebbe ovvia: “Di Maio e Salvini sanno che, per durare al governo, dobbiamo portare a casa dei risultati”. Bene: ora a questo scopo – sempre che possa permetterselo – dovrebbe assegnare ai suoi vicepremier e ai suoi ministri qualche compito semplice semplice per le vacanze. 1. Studiare le materie di cui si occupano, onde evitare che qualcuno di loro spacci il Tav Torino-Lione, un treno merci da 20-25 miliardi e 20 anni di cantieri, per un convoglio passeggeri ad alta velocità; o insegni la scienza agli scienziati; o traduca la flessibilità su certi vaccini, quelli meno necessari, con espressioni umoristico-paradossali tipo “obbligo facoltativo”. 2. Imparare a memoria la Costituzione del 1948 e pure il Contratto di governo, onde evitare che qualcuno di loro confonda la prima con lo statuto del Ku Klux Klan e il secondo con il codice penale e civile dell’Arabia Saudita (seguiranno interrogazioni a sorpresa, non programmate, durante l’anno scolastico). 3. Cancellare dal vocabolario il termine “condono”, peggio se declinato nei suoi sinonimi alla vaselina “pace fiscale”, “concordato”, “voluntary disclosure”, “rottamazione delle cartelle” (pena il pagamento di multe salatissime e non condonabili). 4. Limitare a un massimo di mezz’ora al giorno l’uso dei social network, noti fomentatori di cazzate, come si fa con i ragazzini webeti (ne guadagneranno la compattezza e la reputazione del governo). E solo per annunciare cose già pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Per quelle ancora da fare, molto meglio attendere di averle fatte. 5. Portare sempre con sé – sulla scrivania, sul cruscotto dell’auto, nel portafogli – una foto di Renzi e una di B., come amuleti e moniti imperituri sulla caducità del potere: dopo 24 anni di berlusconismo e cinque di renzismo, gl’italiani potrebbero essersi addirittura vaccinati. E impiegare molto meno tempo per riconoscere un cazzaro. Ecco, per l’appunto, “«come riconoscere un cazzaro» nell'azzurro mare d'agosto”. Odio l’estate, “tornerà un altro inverno cadranno mille petali di rose la neve coprirà tutte le cose e  forse un po' di pace tornerà”. Ma va!

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