Tratto da “Salvini
ministro subito” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 18 di agosto dell’anno 2015: (…). …Renzi dovrebbe prendere seriamente in
considerazione la proposta di Salvini: nominarlo ministro dell’Interno per tre
giorni, durante i quali il leader leghista promette di risolvere una volta per
tutte il problema dell’immigrazione. Non ci venga a dire che non può farlo
perché il suo è un governo di centrosinistra e Salvini farebbe una politica di
centrodestra: anche il Jobs Act e le altre controriforme renziane (dalla scuola
alla Costituzione, dalla responsabilità civile dei giudici ai reati fiscali)
erano nel programma del centrodestra: una più una meno, non se ne accorgerebbe
nessuno. Ma soprattutto abbiamo come il sospetto che Salvini, se facesse il
ministro per tre giorni (o settimane o mesi o anni), non combinerebbe un bel
nulla. (…). In compenso la sua propaganda sull’immigrazione a colpi di felpe, ruspe
e talk show che l’ha portato sopra il 15% nei sondaggi, messa alla dura prova
dei fatti si scioglierebbe come calippo al sole e la Lega tornerebbe là dov’era
venuta: nelle valli bresciane, bergamasche e trevigiane, col suo endemico 4-5%.
La fortuna di Salvini è che qualunque cosa dica alla pancia, alle viscere e ai
genitali degl’italiani meno alfabetizzati non avrà mai la possibilità di essere
sperimentata per vedere l’effetto che fa. E nessuno ha la memoria così lunga
per ricordare che, negli 11 anni in cui la Lega governò, occupando ministeri
chiave per la sicurezza come l’Interno e la Giustizia, gli immigrati
continuarono a entrare in Italia imperterriti e incontrollati. Senza contare
che: la legge Bossi-Fini fu la più clamorosa sanatoria di irregolari (oltre 700
mila) mai vista; il ministro Maroni finanziò – come tutti – i campi rom; il
devastante regolamento Dublino-2 (poi esteso ad altri paesi nella terza
formulazione) fu siglato nel 2003 dal governo Berlusconi-2 con dentro il Carroccio;
la decisione di bombardare la Libia di Gheddafi nel 2011 fu assunta dal
Berlusconi-3 con l’ok della solita Lega. Se Salvini andasse al Viminale,
dovrebbe fare i conti con le norme italiane ed europee, ma soprattutto con i
numeri e le realtà che – a chiacchiere – può serenamente ignorare. Intanto non
c’è nessuna “invasione” che giustifichi lo stato d’emergenza, nazionale o
padano. Nel 2014 sono sbarcati in Italia 170 mila migranti, nei primi 7 mesi
del 2015 circa 100 mila: quasi altrettanti. L’Italia ne ha lasciati fuggire dai
centri di accoglienza 170 mila, un po’ perché è vietato usare la forza per
costringere all’identificazione chi si rifiuta,un po’ perché ci conviene
chiudere un occhio, anzi due: i fuggiaschi varcano la frontiera per raggiungere
i paesi del centro e nord Europa. I quali ce ne hanno rispediti al mittente 12
mila: in base a Dublino-3, qui sono sbarcati e qui devono restare. Perciò chi
parla, oggi, di potenziare rimpatri ed espulsioni obbliga l’Italia a
identificare tutti i migranti e dunque a tenersene molti più di quanti ne tiene
oggi, e anche di quanti vogliono restare (la maggioranza preferisce proseguire
verso Nord). Ormai quasi la metà dei nuovi arrivati hanno diritto di asilo
perché fuggono da guerre e persecuzioni, dunque non c’è altra soluzione che
accoglierli. Poi c’è l’altra metà, quella di chi si vede respingere la domanda
d’asilo: questi sì vanno rimpatriati, ma le procedure di identificazione e di
esame delle richieste sono lente (nessuno spontaneamente dice da dove viene, quanti
anni ha e come si chiama; chi non ottiene asilo ha diritto di fare ricorso; e i
tribunali sono intasati da processi più importanti). Così nei tempi morti i più
si rendono irreperibili e scampano al rimpatrio forzato, sempre ché le forze di
polizia – lardellate di tagli di organico e di fondi – abbiano i mezzi per
organizzarlo. Quest’anno gli ordini di espulsione sono stati 18 mila, di cui
solo 8500 eseguiti e quasi 10 mila rimasti lettera morta. Come tutti i grandi
problemi italiani, anche l’immigrazione – di per sé irrisolvibile – potrà
essere governata e disciplinata solo quando avremo uno Stato efficiente. Cioè
quando avremo uno Stato. Matteo Bandello, novelliere del ’500, racconta che
nell’estate 1526 Giovanni dalle Bande Nere, impegnato nell’assedio di Milano,
decise di mettere alla prova Niccolò Machiavelli, fresco autore del trattato
Dell’arte della guerra. E lo sfidò a dare una dimostrazione pratica delle sue
geniali strategie militari sul campo di battaglia. Messer Niccolò, bravissimo
con la penna ma un po’ meno con la spada, si imbranò per due ore sotto il sole
cocente senza riuscire neppure a disporre i 3 mila fanti “secondo quell’ordine
che aveva scritto”, tra le risate della truppa ansiosa di andare a pranzo. Poi
Giovanni interruppe l’esperimento e, levatogli il comando e l’imbarazzo,
provvide personalmente a ordinare i soldati “in un batter d’occhio con l’aita
dei tamburini… con ammirazione grandissima di chi vi si trovò”. Poi, dopo
pranzo, invitò lo scrittore a narrare “una delle sue piacevoli novelle”,
richiamandolo al suo vero e unico mestiere. E dimostrando così – annota perfido
Bandello – “quanta differenza sia da chi sa e non ha messo in opera ciò che sa,
da quello che oltra il sapere ha più volte messo le mani, come dir si suole, in
pasta, e dedutto il pensiero e concetto de l’animo suo in opera esteriore”. E
lì si trattava del padre del Principe, non del nipote di Bossi. È una vera
fortuna per Matteo Salvini che Matteo Renzi non conosca Matteo Bandello.
Nessun commento:
Posta un commento