Tratto da “Con
le riforme la politica va al servizio della finanza”, intervista di Marco
Travaglio al professor Gustavo Zagrebelsky, pubblicata su “il Fatto Quotidiano”
del 22 di agosto dell’anno 2014: (…). – (…). I fascismi tentarono per via
autoritaria di affermare il primato della politica sull’economia. ‘Tutto nello
e per lo Stato’, dopo che lo Stato dell’Ottocento aveva visto i governi al
servizio dell’economia capitalista.
Le Costituzioni che si sono dati i popoli che hanno conosciuto il fascismo, le Costituzioni democratiche del dopoguerra, hanno cercato un equilibrio tra autonomia dell’economia e compiti della politica, aggiungendo l’elemento che i totalitarismi avevano disprezzato e deriso: la libertà della cultura, senza la quale economia e politica diventano oppressione e disgregazione. Questo è un punto importante. Una società equilibrata non vive solo di politica ed economia, ma anche di idee, ideali, progetti e speranze comuni. L’economia, da sola, tende all’accumulazione della ricchezza e produce una frattura fra ricchi e poveri. La politica, da sola, tende all’accumulazione del potere e crea una divisione fra potenti e impotenti. Economia e politica alleate moltiplicano gli effetti dell’una e dell’altra. La cultura libera invece può essere fattore aggregante, solidarizzante. L’elemento essenziale per la vita sociale è che ci sia equilibrio fra questi tre elementi. Le Costituzioni del dopoguerra, ma anche le grandi dichiarazioni dei diritti umani (Onu nel 1948, Convenzione europea nel 1950) hanno perseguito questo equilibrio. Il socialismo è un’altra cosa -.
Le Costituzioni che si sono dati i popoli che hanno conosciuto il fascismo, le Costituzioni democratiche del dopoguerra, hanno cercato un equilibrio tra autonomia dell’economia e compiti della politica, aggiungendo l’elemento che i totalitarismi avevano disprezzato e deriso: la libertà della cultura, senza la quale economia e politica diventano oppressione e disgregazione. Questo è un punto importante. Una società equilibrata non vive solo di politica ed economia, ma anche di idee, ideali, progetti e speranze comuni. L’economia, da sola, tende all’accumulazione della ricchezza e produce una frattura fra ricchi e poveri. La politica, da sola, tende all’accumulazione del potere e crea una divisione fra potenti e impotenti. Economia e politica alleate moltiplicano gli effetti dell’una e dell’altra. La cultura libera invece può essere fattore aggregante, solidarizzante. L’elemento essenziale per la vita sociale è che ci sia equilibrio fra questi tre elementi. Le Costituzioni del dopoguerra, ma anche le grandi dichiarazioni dei diritti umani (Onu nel 1948, Convenzione europea nel 1950) hanno perseguito questo equilibrio. Il socialismo è un’altra cosa -.
Eppure la nostra Costituzione non è mai
stata così impopolare non solo presso JP Morgan e i poteri finanziari
internazionali, ma anche presso la nostra classe politica, che infatti ne sta
stravolgendo un buon terzo. - Non è un fenomeno solo italiano. Quello che
accade in Italia è solo un capitolo di una vicenda mondiale. La crisi
economico-finanziaria che viviamo ha portato allo scoperto la sudditanza della
politica agli interessi finanziari. Una sudditanza che ormai sembra diventata
un destino, perché prodotta da un ricatto al quale nessuno, pare, riesce a immaginare
alternative: il ricatto del ‘fallimento dello Stato’, un concetto fino a
qualche decennio fa addirittura impensabile e oggi considerato come un’ovvietà.
Lo Stato si è trasformato in un’azienda commerciale che, in caso di difficoltà,
prima del fallimento, può essere ‘commissariato’. I politici che rivendicano a
gran voce il proprio ‘primato’ e difendono la ‘sovranità nazionale’, in realtà
vogliono fare loro quello che farebbero i commissari ad acta, nominati dalla
grande finanza. (…). La ‘finanziarizzazione’ su scala mondiale dell’economia è
una novità. Che la sua dominanza sulla politica sia proclamata e pretesa con
tanta chiarezza, anche questo mi pare una novità: il fatto, cioè, che una
simile rivelazione avvenga senza scosse, reazioni, inquietudini. Sotto i nostri
occhi velati avvengono cambiamenti profondissimi: eppure i segnali non sono
mancati -.
Per esempio? – (…). …il disegno è la
sostituzione della politica con la tecnica dell’economia finanzia-rizzata. Un
cambiamento epocale, che dovrebbe sollecitare un dibattito sui principi
fondamentali della democrazia e una presa di posizione da parte di ciascuno,
soprattutto di chi sarebbe preposto istituzionalmente a farlo. Invece niente. E
badi che non sto evocando congiure o dietrologie. Sto semplicemente osservando
vicende che accadono sotto i nostri occhi, magari mascherate dietro argomenti
anche seri ed esigenze anche giuste – i costi della politica, la necessità di
snellire, semplificare, sveltire – che però ci fanno perdere il senso generale
delle cose. Non vedo persone che occupano posti di responsabilità che si
pongano la domanda fondamentale: che senso ha ciò che stiamo facendo? E diano
una risposta a sua volta sensata -. (…).
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