Da “Il
piglio del premier e il valore del Pd” di Ilvo Diamanti, pubblicato sul
quotidiano la Repubblica dell’11 di agosto dell’anno 2014: (…). …la democrazia
rappresentativa riflette l'equilibrio instabile fra istanze di governo -
legittimo - e partecipazione - diretta - dei cittadini. Ciò che, in fondo,
Scalfari definisce "oligarchia democraticamente eletta". E che
Bernard Manin chiama "aristocrazia democratica", perché l'elezione
esprime, necessariamente, un'èlite. Non è, quindi, fonte di "democrazia in
diretta" (per citare un recente saggio di Nadia Urbinati). Ma, semmai,
"indiretta". Per tornare al presente, noi viviamo in tempi di
"democrazia ibrida", "mediata" da diversi
"media", che spingono in direzioni contrastanti. La tv e la rete, in
particolare. Alimentano, da un lato, la "democrazia del pubblico"
(come la chiama Manin), dove i cittadini sono spettatori. Dall'altro, la
"contro-democrazia" (come la chiama Rosanvallon). La democrazia
(diretta) del controllo e della sorveglianza. Al tempo della democrazia ibrida,
per governare, occorre, dunque, controllare diversi modelli e luoghi di
consenso e partecipazione. Non solo la televisione e la rete, ma anche la
piazza. Per questo Grillo, nella recente campagna elettorale, oltre a
presidiare la rete, è andato da Bruno Vespa, ma anche, di nuovo, a Piazza San
Giovanni. Per questo Berlusconi oggi è "periferico".
Rinchiuso nella tivù, oltre che, per alcuni mesi, in casa. In-credibile sui nuovi media. E, inoltre, inefficace nella mobilitazione sociale, perché il suo partito non c'è praticamente più. Per questo, (…), oggi Renzi si propone come leader di successo. Perché è in grado di dialogare con i diversi media e i diversi modelli di democrazia. Abile a comunicare in televisione, ma anche sui social media. Consigliato da esperti di marketing politico e da blogger di grande competenza. Infine, o meglio: anzitutto, Renzi dispone della principale "struttura" della democrazia rappresentativa. Il Partito. Anzi: il Partito democratico. Io, da tempo, lo definisco PdR. Partito democratico di Renzi. O Partito di Renzi. Per marcare la connotazione "personale" che ha assunto. (…). …il Pd ha perduto una parte consistente del suo elettorato "ideologico", a favore di quello "personale". Che oggi pesa, mediamente, più che negli altri partiti. Tuttavia, si tratta di un valore aggiunto, che si somma a una base "fedele" molto più ampia rispetto agli altri partiti. Per questo oggi la leadership di Renzi prevale in modo tanto evidente. Perché nel PdR coabita oltre un terzo di elettori che vota per Renzi, anche se non ama il Pd. Mentre circa il 60% voterebbe per il Pd comunque. Anche "nonostante" Renzi. Nessun altro partito, in questa democrazia personale, dispone di un leader tanto attraente come Renzi. Ma nessun altro leader dispone di un partito vero - l'unico sulla piazza - come il Pd. È questo il plusvalore del PdR. Oltre alla R, anzi: prima, c'è il Pd. E questo costituisce un grande vantaggio competitivo. Ma, per Renzi, anche un grande rischio: fino a quando sarà in grado di tenere insieme, uniti e coerenti, questi due "partiti"?
Rinchiuso nella tivù, oltre che, per alcuni mesi, in casa. In-credibile sui nuovi media. E, inoltre, inefficace nella mobilitazione sociale, perché il suo partito non c'è praticamente più. Per questo, (…), oggi Renzi si propone come leader di successo. Perché è in grado di dialogare con i diversi media e i diversi modelli di democrazia. Abile a comunicare in televisione, ma anche sui social media. Consigliato da esperti di marketing politico e da blogger di grande competenza. Infine, o meglio: anzitutto, Renzi dispone della principale "struttura" della democrazia rappresentativa. Il Partito. Anzi: il Partito democratico. Io, da tempo, lo definisco PdR. Partito democratico di Renzi. O Partito di Renzi. Per marcare la connotazione "personale" che ha assunto. (…). …il Pd ha perduto una parte consistente del suo elettorato "ideologico", a favore di quello "personale". Che oggi pesa, mediamente, più che negli altri partiti. Tuttavia, si tratta di un valore aggiunto, che si somma a una base "fedele" molto più ampia rispetto agli altri partiti. Per questo oggi la leadership di Renzi prevale in modo tanto evidente. Perché nel PdR coabita oltre un terzo di elettori che vota per Renzi, anche se non ama il Pd. Mentre circa il 60% voterebbe per il Pd comunque. Anche "nonostante" Renzi. Nessun altro partito, in questa democrazia personale, dispone di un leader tanto attraente come Renzi. Ma nessun altro leader dispone di un partito vero - l'unico sulla piazza - come il Pd. È questo il plusvalore del PdR. Oltre alla R, anzi: prima, c'è il Pd. E questo costituisce un grande vantaggio competitivo. Ma, per Renzi, anche un grande rischio: fino a quando sarà in grado di tenere insieme, uniti e coerenti, questi due "partiti"?
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