"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 3 agosto 2018

Sullaprimaoggi. 13 “Una nuova crisi e il cigno nero di Paolo Savona”.


Da “Cerved: in caso di crisi ecco chi rischia di più” di Luca Piana, pubblicato sul settimanale “A&F” del 23 di luglio 2018: (…). Ebbene, un decennio dopo la recessione che ha cambiato gli equilibri economici e politici del mondo intero, indotto le istituzioni europee ad avviare riforme più o meno riuscite e trasformato in maniera profonda l'industria italiana, l'impressione che si trae (…) è abbastanza netta: una nuova crisi avrebbe un impatto comunque drammatico sui fatturati, i profitti e le possibilità d'investimento delle imprese tricolori. Anche se, (…), la selezione naturale che in questo decennio ha cancellato le aziende più deboli renderebbe quelle sopravvissute maggiormente resistenti a un nuovo rovescio. Il problema nel 2019. Il punto di partenza (…) è il confronto tra due scenari: quello di base, elaborato sulle previsioni economiche per il prossimo triennio delle maggiori istituzioni, l'Istat, la Banca centrale europea di Mario Draghi, il Fondo monetario internazionale; e quello più cupo, basato sulle ipotesi formulate dall'Eba per effettuare le proprie simulazioni su come reggerebbero le banche di fronte a uno sconquasso di questa portata. (…). Nel primo caso, lo scenario di base, il Pil italiano crescerebbe quest'anno dell'1,3 per cento, così come nel 2019 e nel 2020. Al contrario nel secondo scenario, quello di stress, già questo 2018 vedrebbe uno stop rilevante, con un arretramento del Pil dello 0,6 per cento. La vera mazzata, però, arriverebbe l'anno prossimo, con uno scivolone dell'1,5 per cento, seguito nel 2020 da un'ulteriore contrazione dello 0,6 per cento. Se dopo questo ultimo triennio di ripresa progressiva, una serie così negativa a qualcuno potrebbe sembrare eccessivamente da menagrami, basta tornare a un passato ancora recente per rendersi conto che si tratta di ipotesi non lontane da quello che è già accaduto, in tempi ancora vicinissimi a noi. Nel 2008, per dire, il Pil italiano era caduto dell'1,1 per cento, nel 2009 addirittura del 5,5. E ancora: nel biennio 2012-2013 l'accoppiata era stata ugualmente da brividi, con un arretramento il primo anno del 2,8 per cento, seguito in quello successivo da un ulteriore calo dell'1,7. Certo, le ipotesi dell'Eba hanno unicamente lo scopo di testare la tenuta delle banche in una situazione di stress; ma, allo stesso tempo, quei dati sono in linea con quanto l'Italia e l'Europa hanno vissuto poco fa. Chi perde di più. Il set di ipotesi utilizzato nello studio è molto più ampio di quelle riassunte qui. Comprende fattori come l'andamento dei prezzi, i tassi d'interesse, le materie prime e la domanda globale. Ciò che vuole simulare, come detto, è una crisi stile 2008: una crisi di fiducia dei mercati finanziari, un aumento dei tassi d'interesse, una conseguente stretta creditizia da parte delle banche, il ritorno del tanto famigerato credit cruch. Gli effetti sarebbero crollo degli investimenti, contrazione del mercato immobiliare, caduta dei prezzi delle materie prime. Qui si arriva al punto, (…). Se le cose andranno bene, i ricavi complessivi delle imprese italiane cresceranno in media del 4,4 per cento annuo, nell'intero triennio 2018-2020. Se però finissimo sotto stress, gli imprenditori farebbero bene ad allacciare la cintura di sicurezza: anno dopo anno, infatti, il loro fatturato scenderebbe a una velocità media dell'1,9 per cento, (…), e il margine operativo lordo andrebbe ancora più in picchiata, precipitando del 3,8 per cento medio annuo. I due scenari, dunque, per le imprese sono come il giorno e la notte. Dice Nespolo (amministratore delegato di “Cerved”, società di analisi finanziaria n.d.r.): «Lo scenario di base, quello che si può trarre dalle previsioni macro delle istituzioni internazionali, è del tutto coerente con una fase espansiva che prosegue, un aumento dell'esposizione creditizia, la ripresa del mercato immobiliare, una crescita dei debiti delle imprese favorita dal fatto che il miglioramento dei margini rende possibili ulteriori investimenti ».
L'altro, invece, è il contrario, su quasi tutti i fronti. Le elaborazioni di Cerved, effettuate sui dati di 200 settori industriali e 600 mila bilanci aziendali, dicono che se la luce come previsto continuerà a risplendere, i maggiori progressi in termini di ricavi li avranno la metallurgia, l'industria dell'auto e in generale i mezzi di trasporto, l'energia e i servizi di pubblica utilità. Rubinetti chiusi. Tutti settori che, (…), viaggeranno con una crescita dei ricavi media annua compresa fra il 5,3 e il 7 per cento. Ma saranno questi stessi settori che, se al contrario calerà il buio, subiranno lo stop più pesante. (…). …basta usare il ragionamento per capire che la gelata colpirebbe Fca e l'intero settore italiano dell'automotive, renderebbe sempre più complesso il salvataggio dell'Ilva e darebbe una spallata all'intera industria siderurgica, farebbe precipitare sempre più il settore delle costruzioni. Altro fattore interessante, come già accennato, il ritorno del credit crunch: (…). …i debiti finanziari delle imprese aumenteranno nello scenario base dell'1,4 per cento medio annuo, e non sarebbe un segnale negativo, perché vorrebbe dire che si farebbero investimenti. Ma che, in caso di recessione, calerebbero molto rapidamente, del 2,3 per cento annuo, perché le banche chiuderebbero i rubinetti. Gli imprenditori si ritroverebbero stretti in una specie di tenaglia: i debiti calerebbero, perché le banche smetterebbero di finanziarli, ma i margini di guadagno scenderebbero ancora più rapidamente, rendendo comunque più fragile la sostenibilità dell'indebitamento. Il cigno di Savona. Questo fattore è misurato dal rapporto tra oneri finanziari (gli interessi passivi) e margine operativo: (…). …un aggravio particolarmente sostenuto tra il primo scenario e l'altro per le imprese di costruzioni, le più fragili di tutte (il rapporto nel 2020 passerebbe dal 21,1 al 32,2 per cento), seguite ancora da metallurgia e dall'auto e trasporti. Tra i comparti che reggerebbero meglio la botta ci sarebbero le aziende agricole (tra i due scenari il rapporto tra oneri finanziari e Mol salirebbe di 0,8 punti, al 18,1 per cento), così come i produttori di beni di largo consumo (+0,5 punti) e la chimica- farmaceutica (+0,8 punti). La domanda, a questo punto, è ovvia: che cosa potrebbe causare un rapido cambio di prospettiva, che ci farebbe passare dalle previsioni rassicuranti dello scenario di base alle ipotesi, ben più drammatiche, della situazione di stress? (…). Un fatto tranquillizzante è che non basterebbe il rallentamento della crescita ammesso di recente dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e ipotizzato in maniera più netta dal Fondo monetario internazionale, che ha ridotto la stima sull'aumento del Pil italiano in questo 2018 dall'1,5 per cento previsto in precedenza all'1,2 per cento. «Il nuovo scenario Fmi è stato rivisto al ribasso ma è solo di qualche decimo percentuale peggiore di quello che abbiamo impiegato noi. Di conseguenza ci aspettiamo effetti limitati, che potrebbero frenare leggermente la crescita rispetto a quanto previsto nello scenario base. (…). Ancora una volta, però, la lezione viene dal passato, e in particolare dal 2011. La crisi del debito greco e il timore che andasse in frantumi l'euro fecero esplodere lo spread in Italia, e ci rimandarono in recessione. Occhio, dunque: se il Cigno Nero di Paolo Savona provasse a uscire dal nido, lo stress sarebbe assicurato.

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