"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 28 novembre 2015

Sfogliature. 48 “L’Italia vincente che non ci piace”.



Il sabato 6 di giugno dell’anno 2009 compariva su questo blog – per la sezione “Zeitgeist” - il post n° 49 che portava per titolo “L’Italia vincente che non ci piace”. Queste incursioni ripetute nel passato mirano a vivificare una “memoria” che gli accadimenti degli anni successivi sembra abbiano ammorbato nel senso di una corruzione del pensiero che miri a svuotare di ogni significato le parole ed i termini e le realtà sociali per come si sono andate configurando nei processi storici, realtà che storicamente sono state sempre contrapposte ma dalle quali, svuotandone pensieri ed idealità, si prefigge il traguardo di pervenire alla creazione di una “melassa sociale” che dall’indistinto ideologico tragga il suo essere. In quegli anni il processo di ammorbamento della dialettica sociale muoveva speditamente i suoi passi stante il fatto che il quadro politico offriva scenari di governo di una destra al tempo vincente. E sin da quel tempo il tentativo di dare corso ad un indistinto trovava in quello specifico schieramento politico la fonte ispiratrice e la necessaria forte spinta affinché il processo intrapreso avesse rapido sbocco ed un buon fine. Trascorso un lustro e più da quei giorni ci si ritrova in un condizione politica – partiticamente parlando – che dovrebbe essere all’antitesi rispetto a quel tempo, per ritrovarsi invece con gli attuali protagonisti della politica che, pur professando una diversa matrice storica ed ideologica, realizzano in pieno quel progetto di snaturamento sociale. Poiché nel progetto politico in corso si ha la sensazione che l’obiettivo primo sia il superamento delle contrapposizioni storiche che inevitabilmente la dialettica sociale concorre a stabilire. Risulta essere pertanto salutare questa nuova incursione nella “memoria” con la rilettura di un Autore autorevole quale è il linguista e sociologo Raffaele Simone. Ri-sfogliamo quel post del 6 di giugno dell’anno 2009:
(…). (a) postulato di superiorità (io sono il primo, tu non sei nessuno); (b) postulato di proprietà (questo è mio e nessuno me lo tocca); (c) postulato di libertà (io faccio quel che voglio e come voglio); (d) postulato di non-intrusione dell’altro (non ti immischiare negli affari miei);(e) postulato di superiorità del privato sul pubblico (delle cose di tutti faccio quello che voglio). (…). …bisogna supporre che il punto di partenza politico dell’umano sia – per così dire – a destra, molto vicino a quello descritto dai postulati che ho indicato. Per la loro natura primigenia, questi postulati possono ricordare (…) le convinzioni che il bambino esibisce nei suoi primi rapporti con gli altri:egocentriche, relativamente aggressive, esibitive. Se quei postulati sono naturali (cioè precedenti a ogni mediazione ed elaborazione), anche l’idea di destra è naturale, dato che esprime posizioni native, precedenti a ogni mediazione e insensibili alla necessità (…) di venire a patti con i bisogni e i diritti dell’altro. Attorno al nucleo delimitato da quei postulati s’articolano le varietà storiche della destra… (…). …l’idea che il pubblico non debba immischiarsi negli affari privati e in particolare che lo Stato (forma suprema e immateriale dell’altro) non debba occuparsi della proprietà individuale; l’idea che un gruppo (un ceto, una élite culturale o sociale, una cricca, una razza, una rete di famiglie, una consorteria, secondo i casi e le dottrine: insomma un insieme che dice noi e che considera irrilevanti gli altri) sia destinato a comandare e gli altri a obbedire; che il gruppo di comando debba essere visto come il partito dei migliori, mentre gli altri sono il partito dei perdenti e così via. (…). In sostanza, la destra riconduce le differenze (cioè le disuguaglianze) tra gli uomini alla natura o alla situazione di fatto (o a Dio). In ogni caso le tratta come inevitabili e inestirpabili, o perfino salutari, perché riflettono una disparità che è nelle cose stesse, non nell’arbitrio della storia. Chi sta sopra (siano i ricchi, i componenti di un’élite o d’un comitato d’affari o una razza supposta eletta) deve avvantaggiarsi di chi sta sotto, perché le cose stanno così. Per questo le differenze non vanno corrette con provvedimenti di riequilibrio, ma devono esser lasciate come sono e messe semmai a frutto. Le riflessioni appena lette sono state tratte dal volume “ Il mostro mite “ (2008) – pagg. 159/162, di Raffaele Simone edito da Garzanti. Vi si coglie lo “spirito del tempo” vincente. Vi si può quasi scorgere e descritta con maestria l’Italia vincente dell’oggi. L’Italia che non ci piace. Non c’è atto, non c’è parola, non c’è scandalo, nei provvedimenti del governo del bel paese, che non possano trovare un riferimento ed una collocazione nelle riflessioni di Raffaele Simone, linguista e sociologo di spessore internazionale. A questa Italia vincente andrebbe contrapposta l’Italia della responsabilità, della accoglienza, della solidarietà, dello spirito universalistico, l’Italia che non vuole limitarsi solamente allo scambio delle merci e dei capitali con il resto del mondo, l’Italia che abbisogna anche dello scambio degli uomini, delle storie, delle culture planetarie esistenti. Necessita contenere l’Italia vincente dell’oggi con uno straordinario impegno democratico, con la consapevolezza della situazione estrema in cui ci si dibatte, a fronte di uno scollamento sociale di inimmaginabili conseguenze, scollamento che avrebbe come prime “vittime” proprio coloro che stanno “dietro”, coloro che sono soli, coloro che hanno ben poco per farsi ascoltare, per farsi ascoltare dallo spirito sordo della destra vincente che si nasconde sotto l’aspetto “mite” e bonario trasmesso falsamente e sub-liminalmente dagli imponenti e pervasivi mezzi di comunicazione di massa di cui essa dispone a suo piacimento. Non bisogna mancare gli appuntamenti e le opportunità per ribadire l’esistenza di quest’altra Italia, di una Italia diversa che, seppure irrisa, emarginata, resta pur sempre attenta e consapevole che le parabole anche tragiche o farsesche della storia – quelle tracciate dagli uomini piccoli piccoli – avranno un termine ineludibile che è scritto nel destino, nelle “cose” proprie degli umani. Trascrivo di seguito un’avvertenza dell’illustre Autore a proposito dei Suoi postulati: Li presento (…) in due versioni, la prima con i termini della dottrina politica, la seconda (tra parentesi) in linguaggio colloquiale.

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