Da “La
fabbrica della paura” di Clotilde Masina Buraggi, breve “saggio” pubblicato
giovedì 19 di giugno dell’anno 2008. Clotilde Buraggi Masina ha sposato il
giornalista e scrittore Ettore Masina. Figura eminente della “Società
di Psicoterapia Psicoanalitica Italiana”. Ha affrontato il problema
della pedofilia. Tra i suoi scritti da ricordare: “Psicogenesi della pedofilia”,
in “L’innocenza tradita", a cura di Salvino Leone, ed. Città Nuova (2006):
Straniero,
rom, clandestino, pericolo, paura: queste parole si rincorrono, (…) insieme a
quell’altra - “sicurezza” – (…) come se esse fossero le più adatte a liberarci
da ogni minaccia. (…). …in molti sentiamo, più o meno chiaramente, che la paura
è un’emozione che può essere incrementata artificialmente nell’opinione
pubblica; (…). Vale allora la pena di domandarsi che cosa sia la paura, come si
presenti nello sviluppo psichico delle persone, e se davvero possa essere
influenzata da chi si presenta poi come detentore di poteri salvifici.
La paura
è una emozione importante nella vita psichica. I genitori, quelli animali e
quelli umani, proteggono i loro piccoli alimentandone l’allarme nei confronti
di tutto ciò che rappresenta un pericolo per la loro sopravvivenza, e dal canto
loro i piccoli chiedono loro protezione quando hanno paura. Anche i cinque
sensi, predisposti a questa funzione e stimolati dai genitori, mettono il
bambino o il cucciolo nelle condizioni di riconoscere, per es., quando un
sapore o un odore è diverso dal consueto, da ciò che è ormai noto come innocuo
o addirittura come benefico. L’ignoto può recare danno: (…). La paura è una
emozione importante anche nello sviluppo psichico. La nostra crescita avviene
attraverso un susseguirsi di attaccamenti e di distacchi dalle figure di
accudimento e in questa vicenda la paura è un elemento essenziale. Gli
psicologi vanno sempre più sottolineando quanto siano fondamentali per la
strutturazione psichica del bambino l’attaccamento alla madre, nei primi mesi
di vita, ma quanto sia necessario, anche, che, a partire dal sesto mese, si
sviluppi un processo separativo. Da questo momento in poi, il piccolo, più
maturo dal punto di vista neuronale, diventa gradualmente capace di percepire
che lui e la madre non sono una cosa sola, che egli è limitato e quindi inerme
e dipende da un’estranea che potrebbe andare perduta e ciò gli fa paura. (…). In
un normale processo di sviluppo successivamente la madre amorevole viene
recuperata e il senso di estraneità che il bambino aveva vissuto nei suoi
confronti e che lo aveva tanto spaventato viene spostato sul padre che,
comparendo sulla scena, può apparire al bambino una fonte di paura, come, del
resto, ogni persona “nuova” cioè non ancora conosciuta. (…). Sono i genitori, (…),
i primi ad aiutare il bambino a costruirsi una propria struttura autonoma di
contenimento della paura, ad aiutarlo ad avere criteri di discernimento su ciò
che realisticamente è da temere; e anche a diventare capace di non proiettare
su altri in situazioni difficili i propri timori. (…). La paura, quindi, non è
una emozione che si sviluppa da sola nell’adulto: l’individuo è circondato, lo
voglia o no, lo sappia o no, da una rete di condizionamenti esterni. La paura
non è mai un’emozione oggettiva. Si può affermare, anche, che nel discernimento
della paura, ognuno stabilisce criteri di gravità dei pericoli che lo
circondano; e che tali criteri possono essere egoistici o altruistici. Sono
criteri egoistici quelli che ritengono pericolosi, quindi da evitare, quegli
eventi che possono essere dannosi per la categoria a cui si appartiene e,
invece, altruistici quelli che tengono conto del danno che potrebbe derivare
agli altri. Dante scriveva: “paura si dee avere di quelle cose che hanno il
potere di fare altrui male, dell’altre no che non sono paurose”. Chi ha
responsabilità di gestire l’informazione e, in termini più vasti, la cultura
dell’opinione pubblica dovrebbe, naturalmente, avere l’onestà di fornire dati
veritieri sulle dimensioni dei pericoli che minacciano la vita sociale,
aiutando l’opinione pubblica a discernere ciò che è veramente da temere da ciò
che è marginale e non rappresenta un reale pericolo. Invece è sempre avvenuto
che i detentori del potere utilizzassero ai loro fini la diffusione della
paura, la tipologia dei pericoli etc. A questo modo, essi ottenevano e
ottengono due risultati: il primo, di stornare l’attenzione dei cittadini da
problemi che metterebbero in crisi la loro egemonia e, il secondo, di spingere
i cittadini a rivolgersi proprio a loro perché i pericoli possano essere
cancellati. Questa strumentalizzazione della paura, che una volta veniva fatta
in maniera rudimentale, oggi viene elaborata da tecnici della comunicazione che
conoscono bene i meccanismi psichici; ed è fortemente incentivata dalla presa
che i mass-media hanno sulla vita di ciascuno di noi. D’altra parte anche gli
operatori dell’informazione che non dipendono direttamente dal potere, per
ragioni di mercato privilegiano nei loro programmi ciò che gli sembra
appassionare particolarmente gli utenti. Si costituisce così una sorta di
circolo chiuso: più informazioni inquietanti più audience più informazioni etc.
Entra in ballo anche il criterio della selezione delle notizie. (…). …ci si
trova spesso a constatare (basterebbe leggere le statistiche ma non è facile
trovarle) che certi allarmi che hanno massima diffusione sono ben poco
giustificati: Roma, per esempio, è una città ben più sicura di Londra o di New
York. La ripetizione martellante, inoltre, della notizia che lo stupratore
appartiene a un campo nomadi produce una generalizzazione: tutti gli abitanti
dei campi nomadi sono stupratori; se lo stupratore è un rom, tutti i rom
diventano stupratori. I rom sono spesso stranieri (ce ne sono anche di
italiani), i romeni che hanno un nome simile ai rom, sono quindi stupratori
come i rom, ma i romeni e i rom sono stranieri quindi anche tutti gli immigrati
sono potenziali stupratori. Questi passaggi così privi di logica, seguono le
regole della logica dell’inconscio: la logica che prevale nei bambini e nelle
strutture psicotiche. Questa logica. intrisa di emozioni e in particolare di
paura diventa dominante sulla logica del conscio, che segue le leggi della
razionalità, soprattutto quando ci si sposta da un livello di conoscenza
concreto di un singolo individuo, per es. arabo, a una classe generalizzata che
perde caratteristiche reali e si impregna di proiezioni emozionali. (…). In un
articolo di Antonio Gnoli (La Repubblica 23 maggio 2008) trovo scritto: “In
fondo ciò che l’Occidente nelle sue componenti più ciniche e affaristiche ha
sempre saputo gestire è la paura. Sia che si tratti di un sentimento nato da
una finzione, sia che sgorghi dai segreti meandri della realtà, la paura -
moneta che circola abbondantemente nei giorni nostri - è un motore formidabile
che alimenta immaginario e potere, i loro lati oscuri, notturni, impenetrabili.
Ma soprattutto disorientanti”. Certe paure sono un fenomeno classista. Da
sempre gli abbienti hanno temuto i poveri, come possibili aggressori. Il
povero, essendo sporco, analfabeta, malato non poteva che essere cattivo. Un
po’ dovunque, nella civile Europa, accanto ai manicomi, e spesso insieme ai
manicomi, vi furono carceri per poveri, il cui unico reato era quello di essere
costretti a vivere ai margini della società “bene”. I “marginali” erano sempre
sospetti: e tali sono oggi gli immigrati che non ricevono accoglienza e vivono
una vita precaria e misera. Tutte le minoranze sono poste in pericolo dalle
paure più o meno orchestrate. (…). Noi vecchi siamo allarmati quando ci pare di
vedere il profilarsi di comportamenti che abbiamo già conosciuto. Il ripetersi
del “dèjà vu” è estremamente doloroso. Le paure “politiche” minano gravemente
la civiltà. Fanno, per esempio, investire in armi personali (da “difesa”) o
belliche mostruosi capitali che potrebbero risolvere enormi problemi
ambientali, questi ultimi davvero minacciosi. Si pensi che la sola guerra in
Iraq costa agli Stati Uniti 3 miliardi di dollari alla settimana. Ma la paura
corrode particolarmente le democrazie. (…). …la paura può produrre mostri
perché è una specie di sonno della ragione. (…).
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