"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 18 novembre 2015

Paginatre. 8 “La paura”.



Da “La fabbrica della paura” di Clotilde Masina Buraggi, breve “saggio” pubblicato giovedì 19 di giugno dell’anno 2008. Clotilde Buraggi Masina ha sposato il giornalista e scrittore Ettore Masina. Figura eminente della “Società di Psicoterapia Psicoanalitica Italiana”. Ha affrontato il problema della pedofilia. Tra i suoi scritti da ricordare: “Psicogenesi della pedofilia”, in “L’innocenza tradita", a cura di Salvino Leone, ed. Città Nuova (2006): Straniero, rom, clandestino, pericolo, paura: queste parole si rincorrono, (…) insieme a quell’altra - “sicurezza” – (…) come se esse fossero le più adatte a liberarci da ogni minaccia. (…). …in molti sentiamo, più o meno chiaramente, che la paura è un’emozione che può essere incrementata artificialmente nell’opinione pubblica; (…). Vale allora la pena di domandarsi che cosa sia la paura, come si presenti nello sviluppo psichico delle persone, e se davvero possa essere influenzata da chi si presenta poi come detentore di poteri salvifici.
La paura è una emozione importante nella vita psichica. I genitori, quelli animali e quelli umani, proteggono i loro piccoli alimentandone l’allarme nei confronti di tutto ciò che rappresenta un pericolo per la loro sopravvivenza, e dal canto loro i piccoli chiedono loro protezione quando hanno paura. Anche i cinque sensi, predisposti a questa funzione e stimolati dai genitori, mettono il bambino o il cucciolo nelle condizioni di riconoscere, per es., quando un sapore o un odore è diverso dal consueto, da ciò che è ormai noto come innocuo o addirittura come benefico. L’ignoto può recare danno: (…). La paura è una emozione importante anche nello sviluppo psichico. La nostra crescita avviene attraverso un susseguirsi di attaccamenti e di distacchi dalle figure di accudimento e in questa vicenda la paura è un elemento essenziale. Gli psicologi vanno sempre più sottolineando quanto siano fondamentali per la strutturazione psichica del bambino l’attaccamento alla madre, nei primi mesi di vita, ma quanto sia necessario, anche, che, a partire dal sesto mese, si sviluppi un processo separativo. Da questo momento in poi, il piccolo, più maturo dal punto di vista neuronale, diventa gradualmente capace di percepire che lui e la madre non sono una cosa sola, che egli è limitato e quindi inerme e dipende da un’estranea che potrebbe andare perduta e ciò gli fa paura. (…). In un normale processo di sviluppo successivamente la madre amorevole viene recuperata e il senso di estraneità che il bambino aveva vissuto nei suoi confronti e che lo aveva tanto spaventato viene spostato sul padre che, comparendo sulla scena, può apparire al bambino una fonte di paura, come, del resto, ogni persona “nuova” cioè non ancora conosciuta. (…). Sono i genitori, (…), i primi ad aiutare il bambino a costruirsi una propria struttura autonoma di contenimento della paura, ad aiutarlo ad avere criteri di discernimento su ciò che realisticamente è da temere; e anche a diventare capace di non proiettare su altri in situazioni difficili i propri timori. (…). La paura, quindi, non è una emozione che si sviluppa da sola nell’adulto: l’individuo è circondato, lo voglia o no, lo sappia o no, da una rete di condizionamenti esterni. La paura non è mai un’emozione oggettiva. Si può affermare, anche, che nel discernimento della paura, ognuno stabilisce criteri di gravità dei pericoli che lo circondano; e che tali criteri possono essere egoistici o altruistici. Sono criteri egoistici quelli che ritengono pericolosi, quindi da evitare, quegli eventi che possono essere dannosi per la categoria a cui si appartiene e, invece, altruistici quelli che tengono conto del danno che potrebbe derivare agli altri. Dante scriveva: “paura si dee avere di quelle cose che hanno il potere di fare altrui male, dell’altre no che non sono paurose”. Chi ha responsabilità di gestire l’informazione e, in termini più vasti, la cultura dell’opinione pubblica dovrebbe, naturalmente, avere l’onestà di fornire dati veritieri sulle dimensioni dei pericoli che minacciano la vita sociale, aiutando l’opinione pubblica a discernere ciò che è veramente da temere da ciò che è marginale e non rappresenta un reale pericolo. Invece è sempre avvenuto che i detentori del potere utilizzassero ai loro fini la diffusione della paura, la tipologia dei pericoli etc. A questo modo, essi ottenevano e ottengono due risultati: il primo, di stornare l’attenzione dei cittadini da problemi che metterebbero in crisi la loro egemonia e, il secondo, di spingere i cittadini a rivolgersi proprio a loro perché i pericoli possano essere cancellati. Questa strumentalizzazione della paura, che una volta veniva fatta in maniera rudimentale, oggi viene elaborata da tecnici della comunicazione che conoscono bene i meccanismi psichici; ed è fortemente incentivata dalla presa che i mass-media hanno sulla vita di ciascuno di noi. D’altra parte anche gli operatori dell’informazione che non dipendono direttamente dal potere, per ragioni di mercato privilegiano nei loro programmi ciò che gli sembra appassionare particolarmente gli utenti. Si costituisce così una sorta di circolo chiuso: più informazioni inquietanti più audience più informazioni etc. Entra in ballo anche il criterio della selezione delle notizie. (…). …ci si trova spesso a constatare (basterebbe leggere le statistiche ma non è facile trovarle) che certi allarmi che hanno massima diffusione sono ben poco giustificati: Roma, per esempio, è una città ben più sicura di Londra o di New York. La ripetizione martellante, inoltre, della notizia che lo stupratore appartiene a un campo nomadi produce una generalizzazione: tutti gli abitanti dei campi nomadi sono stupratori; se lo stupratore è un rom, tutti i rom diventano stupratori. I rom sono spesso stranieri (ce ne sono anche di italiani), i romeni che hanno un nome simile ai rom, sono quindi stupratori come i rom, ma i romeni e i rom sono stranieri quindi anche tutti gli immigrati sono potenziali stupratori. Questi passaggi così privi di logica, seguono le regole della logica dell’inconscio: la logica che prevale nei bambini e nelle strutture psicotiche. Questa logica. intrisa di emozioni e in particolare di paura diventa dominante sulla logica del conscio, che segue le leggi della razionalità, soprattutto quando ci si sposta da un livello di conoscenza concreto di un singolo individuo, per es. arabo, a una classe generalizzata che perde caratteristiche reali e si impregna di proiezioni emozionali. (…). In un articolo di Antonio Gnoli (La Repubblica 23 maggio 2008) trovo scritto: “In fondo ciò che l’Occidente nelle sue componenti più ciniche e affaristiche ha sempre saputo gestire è la paura. Sia che si tratti di un sentimento nato da una finzione, sia che sgorghi dai segreti meandri della realtà, la paura - moneta che circola abbondantemente nei giorni nostri - è un motore formidabile che alimenta immaginario e potere, i loro lati oscuri, notturni, impenetrabili. Ma soprattutto disorientanti”. Certe paure sono un fenomeno classista. Da sempre gli abbienti hanno temuto i poveri, come possibili aggressori. Il povero, essendo sporco, analfabeta, malato non poteva che essere cattivo. Un po’ dovunque, nella civile Europa, accanto ai manicomi, e spesso insieme ai manicomi, vi furono carceri per poveri, il cui unico reato era quello di essere costretti a vivere ai margini della società “bene”. I “marginali” erano sempre sospetti: e tali sono oggi gli immigrati che non ricevono accoglienza e vivono una vita precaria e misera. Tutte le minoranze sono poste in pericolo dalle paure più o meno orchestrate. (…). Noi vecchi siamo allarmati quando ci pare di vedere il profilarsi di comportamenti che abbiamo già conosciuto. Il ripetersi del “dèjà vu” è estremamente doloroso. Le paure “politiche” minano gravemente la civiltà. Fanno, per esempio, investire in armi personali (da “difesa”) o belliche mostruosi capitali che potrebbero risolvere enormi problemi ambientali, questi ultimi davvero minacciosi. Si pensi che la sola guerra in Iraq costa agli Stati Uniti 3 miliardi di dollari alla settimana. Ma la paura corrode particolarmente le democrazie. (…). …la paura può produrre mostri perché è una specie di sonno della ragione. (…).

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