"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 10 febbraio 2015

Oltrelenews. 24 “Unpaesecoatto”.



Da “Roma, zozza e derubata. Spero migliori qualcosa” di Antonello Caporale, intervista all’attore-regista Carlo Verdone pubblicata su “il Fatto Quotidiano” dell’8 di giugno dell’anno 2013:  (…). - Scrissi la sceneggiatura di botto. Un quarto d’ora ed ero pronto alla discesa in campo -.
Il manifesto programmatico: Affida la città a chi ha sofferto. - Un mezzo bullo, sicuramente mitomane e una netta inclinazione all’esibizionismo. I politici, mi sono accorto poi col tempo, hanno un piacere assoluto nella mitomania, che è una pura devianza dell’intelligenza, una cosa da psicanalisi, una questione evidente di regressione fantastica, estrema necessità di stupire ed esibirsi -.
Gli italiani sono affascinati dai mitomani. - Gli italiani, lei dice. È un Paese così disunito, strano, distinto. A una parte di italiani il mitomane affascina, l’eccentrico fa proseliti, il miliardario conquista simpatie chiama all’emulazione, produce milizie che ingaggiano una lotta col destino per divenire ridens e pieni di banconote. Hanno un bisogno patologico di una suggestione forte, eccessiva -.
La politica ha superato il suo cinema, la curva estrema dell’impossibile. - La scena del Gallo Cedrone, con me sul palco al Gianicolo e una piccola folla che applaude, mi dice bravo, entusiasta delle mie cazzate, anticipa un po’ i tempi ma acchiappa la sostanza delle cose. La politica è stata popolata da ceffi incredibili perché è scomparsa l’etica della responsabilità, l’idea che al governo ci stai per il bene comune. Tutti a farsi gli affari propri (li cazzi sua direbbero i romani), e così il campo è stato attraversato da personaggi di elevato squallore, con un pensiero di mostruosa banalità -.
Dal comizio del candidato sindaco Verdone ai romani: non più disgregazione ma aggregazione. - Esemplare banalità. Temo che simili pronunciamenti siano elementi reali nei discorsi alle folle della fauna del Palazzo -.
La questione morale diventa un punto forte per il nostro partito. - L’involgarimento di parole importanti – (…) – conduce all’annientamento della questione. La moralità, l’etica divengono spruzzatine di prezzemolo sul sugo della pastasciutta. Cosa significano? Gnente. I politici non mostrano di credere a una parola di quel che dicono, gli elettori neanche a mezza -.
Arrivo adesso al settimo punto, il punto cardine del mio programma: ma, signori, ‘sto fiume ve piace o nun ve piace? - Il candidato con la proposta choc sul Tevere -.
La proposta choc è sempre attesa in campagna elettorale, serve a far vincere le elezioni. - Pure se è una grande fregnaccia -.
La fregnaccia, se è detta da una personalità di indiscusso potere, viene poi commentata, nobilitata da fior di opinionisti e resa possibile, pertinente, equilibrata. Perciò resta straordinaria la sua visione profetica. - Fregnacce a tutte le ore. I politici dovrebbero sottoporsi a visita medica, ma anche gli italiani andrebbero indagati bene -.
Tra trent’anni ci sarà qualcuno che chiederà: ma a questi italiani perché era venuto in mente di votare Berlusconi? - Si ritorna al punto precedente. Serve indagine sanitaria approfondita e collettiva. Lui è strano, bizzarro, esibizionista (‘sta storia di Ruby, delle escort porta solo là). Ma anche noi non scherziamo -.
Se il Tevere non ci serve (e io dico che nun ce serve signori), levamolo, sotterramolo, prosciugamolo. - Seguitemi bene in questa mia straordinaria intuizione -.
Lo choc è magnifico. Il candidato chiama a sé i riflettori con una proposta fuori dal consueto, così ribalda e incosciente. - Un pazzo furioso quel candidato -.
Al posto del fiume una lunga lingua d’asfalto, a tre corsie (Los Angeles!). - Ecco il pazzo -.
Risultato, due punti virgolette. Traffico azzerato, inquinamento disintegrato, guardo a destra (oohhh) vedo verde!, guardo a sinistra (oohhh) arivedo verde, guardo in alto e vedo le rondini senza più l’ombra di un gabbiano, non ci sono più gabbiani. Guardo davanti: se score, signori se scoreee! Finalmente se score a Roma. - E qui dal pubblico una voce: bravo! -.
Da non crederci - Da non credere sì. Eppure è stato possibile un simile intortamento, vogliamo chiamarlo in un altro modo? -. (…).

Da “I miei coatti avevano l’anima. Questi non più” di Andrea Scanzi, intervista all’attore-regista Carlo Verdone pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 24 di agosto dell’anno 2014: “Non è l’estate a essere coatta, ma il mondo”.
(…). È l’estate dei coatti? “Da anni assistiamo a un’Europa trasformata in palcoscenico di esibizionismo e volgarità. Grande volgarità. L’Italia, in questa classifica, è sicuramente tra le meglio piazzate”.
È così anche nei suoi film. Fin dagli esordi. “Quella di Viaggi di nozze o Grande grosso e Verdone era una coatteria diversa. Raccontavo una sorta di estetica del non pensiero, un vuoto pneumatico totale che nelle mie pellicole riguardava gli Ivano e le Jessica, ma che oggi colpisce tutti. Politica compresa. Mi torna in mente una frase di Alberto Sordi, poco prima di ammalarsi”.
Quale? “Eravamo a cena al ristorante. Mi disse: Carlo, faticherai molto. Gli chiesi perché. Al tavolo accanto c’era una coppia di americane piene di tatuaggi, i culi di fuori come enormi lavatrici, una coi capelli blu e l’altra viola. Terribili. Sordi aggiunse: Lo vedi? Nessuno le ha notate, ormai la gente alla volgarità neanche fa più caso. Sarà un problema per te”.
Aveva ragione? “Alberto è stato spesso un anticipatore e gli è capitato anche quella volta. Ciò che nei miei film era un’anomalia, oggi è diventata norma. La coatteria non fa più notizia e nessuno si scandalizza più. Mai come in quest’estate provo orrore, e terrore, ad aprire i quotidiani”.
Perché? “Si passa da notizie frivole, come i ragazzi italiani che vanno in giro a Barcellona con gli uccelli e i culi di fuori, alla lista di omicidi giornalieri di donne e bambini. Uno sterminio continuo che mi terrorizza. Siamo ampiamente oltre coatteria e volgarità”.
(…). “Leggo la cronaca di Roma e vedo la tomba allagata di Augusto: un’immagine coattissima, che testimonia da sola il degrado di questa epoca. L’altro giorno, attraversando il viale di una città del centro Italia, ho visto buste con la spazzatura, carte e cartoni sparsi ovunque. Cani e gatti che mangiavano per strada. La differenziata si fa così? Altra immagine coatta. Come le valigie”.
Le valigie? “I passeggeri che, in aeroporto, urlano perché i bagagli non arrivano. Qualcuno, addirittura, prova a entrare con la testa dentro il buco da cui escono tutte quelle valigie ammassate e precipitate da chissà dove. Un’immagine coattissima, che dà il polso di un mondo alla deriva”.
Sta descrivendo uno scenario irrimediabilmente compromesso. “Vorrei essere più ottimista, lo so che da me la gente si aspetta che io la faccia ridere, ma non ce la faccio. I miei coatti avevano qualcosa in grado di salvarli: una loro dolcezza, una loro malinconia. Se poi salgo di livello e penso alla coatteria “alta” di Pasolini, c’era sempre un’anima. Ecco: io quell’anima non la vedo più. È una società sprofondata dentro la pornografia e livellata verso il basso, che non si stanca mai di scendere ancora più giù”.
Lei come sopravvive? “Mi isolo in campagna, mi rifugio in biblioteca e provo a riflettere su cose più serie. Poi torno in questo mondo, ma mi accorgo che non ne faccio quasi più parte. Lo dico chiaramente e con dolore: spesso questo mondo mi fa schifo e, quando mi trovo costretto a raccontarlo, mi turo il naso e mi chiedo come sia stato possibile arrivare a una tale mancanza di educazione. A un tale schifo. Ormai è coatto pure il clima”.
Il clima? “Penso alle bombe d’acqua. Dieci giorni fa ce n’è stata una incredibile a Roma. Mai vista prima. Un enorme scroscio d’acqua e poi, subito dopo, un sole tenerissimo che spunta. Vedi in giro uomini e donne che sembrano vestiti con lo stesso maglione, poi ti avvicini e scopri che non sono maglioni ma chilometri di tatuaggi. È una coatteria indistinta, una volgarità trasversale che uniforma tutto e di cui nessuno si scandalizza più”.
Cosa potrebbe salvarci? “I sacerdoti del bello. Coloro che inseguono, e magari insegnano, non solo la bellezza estetica ma anche quella filosofica, morale e virtuosa. Chissà se prima o poi torneranno”.

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