Da “Roma, zozza e derubata. Spero migliori qualcosa” di Antonello
Caporale, intervista all’attore-regista Carlo Verdone pubblicata su “il Fatto
Quotidiano” dell’8 di giugno dell’anno 2013: (…). - Scrissi la sceneggiatura di botto. Un
quarto d’ora ed ero pronto alla discesa in campo -.
Il manifesto programmatico:
Affida la città a chi ha sofferto. - Un mezzo bullo, sicuramente mitomane e una
netta inclinazione all’esibizionismo. I politici, mi sono accorto poi col
tempo, hanno un piacere assoluto nella mitomania, che è una pura devianza
dell’intelligenza, una cosa da psicanalisi, una questione evidente di
regressione fantastica, estrema necessità di stupire ed esibirsi -.
Gli italiani sono affascinati dai
mitomani. - Gli italiani, lei dice. È un Paese così disunito, strano, distinto.
A una parte di italiani il mitomane affascina, l’eccentrico fa proseliti, il
miliardario conquista simpatie chiama all’emulazione, produce milizie che
ingaggiano una lotta col destino per divenire ridens e pieni di banconote.
Hanno un bisogno patologico di una suggestione forte, eccessiva -.
La politica ha superato il suo
cinema, la curva estrema dell’impossibile. - La scena del Gallo Cedrone, con me
sul palco al Gianicolo e una piccola folla che applaude, mi dice bravo,
entusiasta delle mie cazzate, anticipa un po’ i tempi ma acchiappa la sostanza
delle cose. La politica è stata popolata da ceffi incredibili perché è
scomparsa l’etica della responsabilità, l’idea che al governo ci stai per il
bene comune. Tutti a farsi gli affari propri (li cazzi sua direbbero i romani),
e così il campo è stato attraversato da personaggi di elevato squallore, con un
pensiero di mostruosa banalità -.
Dal comizio del candidato sindaco
Verdone ai romani: non più disgregazione ma aggregazione. - Esemplare banalità.
Temo che simili pronunciamenti siano elementi reali nei discorsi alle folle
della fauna del Palazzo -.
La questione morale diventa un
punto forte per il nostro partito. - L’involgarimento di parole importanti – (…)
– conduce all’annientamento della questione. La moralità, l’etica divengono
spruzzatine di prezzemolo sul sugo della pastasciutta. Cosa significano?
Gnente. I politici non mostrano di credere a una parola di quel che dicono, gli
elettori neanche a mezza -.
Arrivo adesso al settimo punto,
il punto cardine del mio programma: ma, signori, ‘sto fiume ve piace o nun ve
piace? - Il candidato con la proposta choc sul Tevere -.
La proposta choc è sempre attesa
in campagna elettorale, serve a far vincere le elezioni. - Pure se è una grande
fregnaccia -.
La fregnaccia, se è detta da una
personalità di indiscusso potere, viene poi commentata, nobilitata da fior di
opinionisti e resa possibile, pertinente, equilibrata. Perciò resta
straordinaria la sua visione profetica. - Fregnacce a tutte le ore. I politici
dovrebbero sottoporsi a visita medica, ma anche gli italiani andrebbero
indagati bene -.
Tra trent’anni ci sarà qualcuno
che chiederà: ma a questi italiani perché era venuto in mente di votare
Berlusconi? - Si ritorna al punto precedente. Serve indagine sanitaria
approfondita e collettiva. Lui è strano, bizzarro, esibizionista (‘sta storia
di Ruby, delle escort porta solo là). Ma anche noi non scherziamo -.
Se il Tevere non ci serve (e io
dico che nun ce serve signori), levamolo, sotterramolo, prosciugamolo. -
Seguitemi bene in questa mia straordinaria intuizione -.
Lo choc è magnifico. Il candidato
chiama a sé i riflettori con una proposta fuori dal consueto, così ribalda e
incosciente. - Un pazzo furioso quel candidato -.
Al posto del fiume una lunga
lingua d’asfalto, a tre corsie (Los Angeles!). - Ecco il pazzo -.
Risultato, due punti virgolette.
Traffico azzerato, inquinamento disintegrato, guardo a destra (oohhh) vedo
verde!, guardo a sinistra (oohhh) arivedo verde, guardo in alto e vedo le
rondini senza più l’ombra di un gabbiano, non ci sono più gabbiani. Guardo
davanti: se score, signori se scoreee! Finalmente se score a Roma. - E qui dal
pubblico una voce: bravo! -.
Da non crederci - Da non credere
sì. Eppure è stato possibile un simile intortamento, vogliamo chiamarlo in un
altro modo? -. (…).
Da “I miei coatti avevano l’anima. Questi non più” di Andrea Scanzi,
intervista all’attore-regista Carlo Verdone pubblicata su “il Fatto Quotidiano”
del 24 di agosto dell’anno 2014: “Non è l’estate a essere coatta, ma il
mondo”.
(…). È l’estate dei coatti? “Da
anni assistiamo a un’Europa trasformata in palcoscenico di esibizionismo e
volgarità. Grande volgarità. L’Italia, in questa classifica, è sicuramente tra
le meglio piazzate”.
È così anche nei suoi film. Fin
dagli esordi. “Quella di Viaggi di nozze o Grande grosso e Verdone era una
coatteria diversa. Raccontavo una sorta di estetica del non pensiero, un vuoto
pneumatico totale che nelle mie pellicole riguardava gli Ivano e le Jessica, ma
che oggi colpisce tutti. Politica compresa. Mi torna in mente una frase di
Alberto Sordi, poco prima di ammalarsi”.
Quale? “Eravamo a cena al
ristorante. Mi disse: Carlo, faticherai molto. Gli chiesi perché. Al tavolo
accanto c’era una coppia di americane piene di tatuaggi, i culi di fuori come
enormi lavatrici, una coi capelli blu e l’altra viola. Terribili. Sordi
aggiunse: Lo vedi? Nessuno le ha notate, ormai la gente alla volgarità neanche
fa più caso. Sarà un problema per te”.
Aveva ragione? “Alberto è stato
spesso un anticipatore e gli è capitato anche quella volta. Ciò che nei miei
film era un’anomalia, oggi è diventata norma. La coatteria non fa più notizia e
nessuno si scandalizza più. Mai come in quest’estate provo orrore, e terrore,
ad aprire i quotidiani”.
Perché? “Si passa da notizie
frivole, come i ragazzi italiani che vanno in giro a Barcellona con gli uccelli
e i culi di fuori, alla lista di omicidi giornalieri di donne e bambini. Uno
sterminio continuo che mi terrorizza. Siamo ampiamente oltre coatteria e
volgarità”.
(…). “Leggo la cronaca di Roma e
vedo la tomba allagata di Augusto: un’immagine coattissima, che testimonia da
sola il degrado di questa epoca. L’altro giorno, attraversando il viale di una
città del centro Italia, ho visto buste con la spazzatura, carte e cartoni
sparsi ovunque. Cani e gatti che mangiavano per strada. La differenziata si fa
così? Altra immagine coatta. Come le valigie”.
Le valigie? “I passeggeri che, in
aeroporto, urlano perché i bagagli non arrivano. Qualcuno, addirittura, prova a
entrare con la testa dentro il buco da cui escono tutte quelle valigie
ammassate e precipitate da chissà dove. Un’immagine coattissima, che dà il
polso di un mondo alla deriva”.
Sta descrivendo uno scenario
irrimediabilmente compromesso. “Vorrei essere più ottimista, lo so che da me la
gente si aspetta che io la faccia ridere, ma non ce la faccio. I miei coatti
avevano qualcosa in grado di salvarli: una loro dolcezza, una loro malinconia.
Se poi salgo di livello e penso alla coatteria “alta” di Pasolini, c’era sempre
un’anima. Ecco: io quell’anima non la vedo più. È una società sprofondata
dentro la pornografia e livellata verso il basso, che non si stanca mai di
scendere ancora più giù”.
Lei come sopravvive? “Mi isolo in
campagna, mi rifugio in biblioteca e provo a riflettere su cose più serie. Poi
torno in questo mondo, ma mi accorgo che non ne faccio quasi più parte. Lo dico
chiaramente e con dolore: spesso questo mondo mi fa schifo e, quando mi trovo
costretto a raccontarlo, mi turo il naso e mi chiedo come sia stato possibile
arrivare a una tale mancanza di educazione. A un tale schifo. Ormai è coatto
pure il clima”.
Il clima? “Penso alle bombe
d’acqua. Dieci giorni fa ce n’è stata una incredibile a Roma. Mai vista prima.
Un enorme scroscio d’acqua e poi, subito dopo, un sole tenerissimo che spunta.
Vedi in giro uomini e donne che sembrano vestiti con lo stesso maglione, poi ti
avvicini e scopri che non sono maglioni ma chilometri di tatuaggi. È una
coatteria indistinta, una volgarità trasversale che uniforma tutto e di cui
nessuno si scandalizza più”.
Cosa potrebbe salvarci? “I
sacerdoti del bello. Coloro che inseguono, e magari insegnano, non solo la
bellezza estetica ma anche quella filosofica, morale e virtuosa. Chissà se
prima o poi torneranno”.
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