"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 2 febbraio 2024

Piccolegrandistorie. 65 Massimo Giannini: «Qualcuno ha scritto che dio li ha creati senza ali per non farci capire che sono angeli. Penso che abbia ragione».


Uomini&Cani”. “Quando i cani ci guardano”, testo di Massimo Giannini pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 27 di gennaio 2024: La mia si chiamava Maya. I suoi occhi continuano a guardarmi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, attraverso lo screensaver del telefonino. Con lei ho passato momenti che mi porto nel cuore. Le domeniche mattina piene di sole, a inseguire odori insondabili e sentieri introvabili tra il verde e l’azzurro. I sabati pomeriggio pieni di niente, una poltrona, un libro, il suo respiro quieto, il suo sguardo grato soltanto di starmi vicino. Le passeggiate di notte, nel silenzio graffiato dal rumore dei suoi piccoli passi sull’asfalto. Le corse sui prati e i lunghi sonni al mio fianco, in attesa di una carezza, di un biscottino o di nulla, fa lo stesso. I salti di gioia a ogni mio ritorno, sulla porta di casa, per le scale, in garage.  Qualcuno ha scritto che dio li ha creati senza ali per non farci capire che sono angeli. Penso che abbia ragione. I cani sono la prova che esiste l’amore. Che esistono la grazia, la dolcezza, la fedeltà. Non scopro niente di nuovo, la letteratura in materia è infinita. Maya era una cavalier king a tre colori. La mia cucciola. La terza figlia, mia e di mia moglie. L’ultima sorellina dei miei due figli. Nei dieci anni della sua vita troppo breve mi ha regalato le cose semplici che ci rendono migliori, perché ci spiegano la gratuità del bene. Ho appena letto una bella notizia: la Corea del Sud ha votato una legge storica, che vieta finalmente il consumo della carne di cane. Lo facessero anche Cina e Vietnam, il mondo sarebbe un posto più civile. Su Internet girano immagini agghiaccianti su quello che accade nei wet market di quei Paesi. Poi ho letto notizie pessime. Gente che incatena cani a un palo e gli dà fuoco, come ha fatto quel verme schifoso a Palermo, pare fosse squilibrato, non lo so e non lo voglio sapere, mi basta lo schifo. Gente che li lega con una corda al paraurti della macchina e li trascina per chilometri, finché non crepano scorticati vivi dal bitume. Gente che li lancia nel lago con un sasso al collo, senza un motivo. Ho letto anche che ad Alberobello una sedicenne ha buttato un gattino in una fontana gelata, l’ha ripreso mentre affogava e poi ha postato sui social la clip, con la sua dedica: “Ciao amò, beccati un po’ di notorietà”. Il Web è pieno di storiacce del genere. Anche quelle, non meno strazianti, in cui gli animali restano vivi. Video di padri o di madri di famiglia ripresi mentre parcheggiano al volo l’auto, fanno scendere il cucciolo e poi se ne vanno via sgommando, mentre i ragazzini sui sedili posteriori piangono perché ancora non capiscono la cattiveria dei grandi. Lo so, è assurdo parlare di violenza sugli animali mentre due guerre mostruose massacrano centinaia di migliaia di donne e di bambini, a Gaza o a Mariupol. Esiste una scala delle priorità: la conosco e la condivido. Ma penso davvero che chi è capace di fare del male a un cane o a qualunque animale indifeso – senza una ragione che non sia la fame – è pronto a uccidere con la stessa indifferenza qualunque essere umano. Quando i soldati russi hanno invaso l’Ucraina per prima cosa hanno sterminato a raffiche di mitra tutti i cani per le strade di Bucha, Kharkiv, Zaporizhzhia: in rete ci sono le foto di quella mattanza. Anche i terroristi di Hamas, prima di consumare l’orribile pogrom del 7 ottobre contro gli ebrei, hanno annientato tutti gli animali nei kibbutz. C’è un video shock, di nuovo: un criminale jihadista con la go-pro in testa – prima di fare strage di mamme incinte e neonati in culla – si avvicina a una casa, un cagnolone trotterella verso di lui per fargli le feste, e quello lo maciulla senza pietà, a colpi di kalashnikov. È banalità del male, anche questa. Maurice Maeterlinck, premio Nobel nel 1911, in un libretto in cui narra la sua vita con il bulldog Pelléas (My dog, Elliot Edizioni), scrive che quando i cani ci guardano, con quegli occhi muti che dicono tutto ciò che l’amore deve dire, ci insegnano una felicità piena e assoluta che noi non conosceremo mai. Perché “il nostro destino ci fa ancora sprofondare nell’ombra, da ogni parte”.

Nessun commento:

Posta un commento