“UominicheUccidonoDonne”. “L'orrore di sempre”, testo di Massimo Giannini pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di febbraio 2024:
“Se domani non rispondo alle tue telefonate, mamma... / Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che sono stati i miei vestiti, l'alcol nel mio sangue / Ti diranno che è stato per l'orario, che ero da sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva le sue ragioni, che lo avevo tradito, che ero stata una puttana / Ti diranno che ho vissuto, mamma che ho osato volare molto in alto in un mondo senz'aria / Ti giuro, mamma, che sono morta combattendo… / Ma ti prego per tutto quello che hai di più caro, non imbrigliare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non vietare niente alle tue nipoti / Non è colpa loro, mamma, così come non è stata colpa mia / Sono quelli, saranno sempre quelli / Lotta per le loro ali che mi hanno tagliato / Lotta perché siano libere e volino più in alto di me... / E se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto / Se domani tocca a me, voglio essere l'ultima".
L'ho letta e riletta (…) la struggente poesia di Cristina Torres-Càceres, che dopo l'assassinio di Giulia Cecchettin è diventata quasi il manifesto delle donne in lotta. Per i loro diritti, la loro libertà, la loro vita. Non era il secolo scorso. Era solo 1'11 novembre, due mesi e mezzo fa. La scomparsa di Giulia, le ricerche affannose delle forze dell'ordine, l'appello accorato dei familiari, la macabra scoperta del corpo sul greto di un lago, la caccia all'ex fidanzato Filippo Turetta, l'arresto, la confessione, lo sgomento, le folle oceaniche nelle piazze, i funerali sotto la pioggia a Padova, i discorsi meravigliosi del papà Gino, i post coraggiosi della sorella Elena, il solito rancore dei social, lo sdegno retorico della politica, i richiami sinceri di Mattarella, gli annunci solenni della premier, le modifiche alla legge sul codice rosso approvate in fretta alla Camera, la parata contrita delle deputate e delle senatrici in tv, i talk pensosi e affollati da sociologi e psicologi, le colpe del patriarcato, i maschi divisi tra autoflagellanti e autoassolventi, il furore delle donne, il femminismo tradito e dimenticato. Su tutto, quel finale di Torres-Càceres, che non è solo speranza, è promessa: se domani tocca a me, voglio essere l'ultima. E invece Giulia non è stata l'ultima. È stata solo la numero 109. Dopo di lei, in altri due mesi e mezzo, la mostruosa "macchina" dei femminicidi ha continuato a correre e a macinare l'orrore di sempre. Un'altra ventina di donne, seviziate e infine uccise da assassini travestiti da compagni o mariti. Rita Talamelli, Rosa Lombardi, Meena Kumarì, Vincenza Angrisano, Rossella Cominotti, Fiorenza Rancilio, Vanessa Ballan, Iride Casciani, Carolina D'Addario, Paola Bolognesi, Rosa D'Ascenzo, Maria Rus, Delia Zarniscu, Ester Palmieri, Annalisa Rizzo. E poi ancora, chissà quanti altri nomi, altri volti, altre storie, in questa Spoon River che non ha mai fine. Eppure l'avevamo giurato, dopo Giulia. Stavolta è diverso. Stavolta mai più. Stavolta non dimenticheremo, ci adopreremo, preverremo, agiremo, faremo, puniremo. Non è cambiato niente. E anche stavolta, come le altre, dopo lo sdegno arriva l'oblio. La reazione pelosa del "sistema" - il palazzo, la società, i media - è sempre uguale. "Prima pagina, venti notizie / Ventuno ingiustizie e lo Stato che fa / si costerna, s'indigna, s'impegna / poi getta la spugna con gran dignità... ". L'eterno Don Raffaé di Fabrizio De André. Qui però non c'è nemmeno la dignità. Non è dignitosa, è spaventosa la coltre di silenzio che copre ogni nuovo caso, ogni nuovo crimine, ogni nuova violenza di uomini che odiano e ammazzano le donne. Che fine hanno fatto il dolore, l'impegno, la mobilitazione. "La rabbia, la rabbia se n'è andata / portando via con sé / i drammi della vita...". Questo invece era Lucio Battisti. Un uomo che cantava "una donna per amico".
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