"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 13 gennaio 2024

ItalianGothic. 94 «Il neofascismo è qualcosa che non evolve, che non si rinnova, che resta ancorato a un rito reiterato al cui centro c’è un’ossessione mortuaria e lugubre».

"Saluto nazista durante un congresso nella Germania di Hitler (Photo by Keystone-France/Gamma-Keystone via Getty Images), la Repubblica". 

(…). Nel lessico della lingua tedesca esiste una parola composta, coniata appositamente per descrivere il lungo processo di riflessione critica condotto dai tedeschi del dopoguerra sulle terribili colpe del nazismo e, in parte, anche la lenta, faticosa emancipazione dal senso di colpa per i crimini di esso. Il termine è Vergangenheitsbewiiltigung, traducibile letteralmente con "superamento del passato”. Nella lingua italiana non c'è nessuna locuzione analoga. Il motivo, a mio modo di vedere, è che quel processo di superamento del passato, pur avviato, non si è mai compiuto. Le ragioni sono, come sempre in questi casi, numerose e peculiari della nostra storia politica. (…). Rendersi conto del proprio nefasto passato presuppone, infatti, una preliminare e radicale assunzione di responsabilità. Per riuscire a guardare fino in fondo nell'abisso è necessario vedere l'abisso dentro di sé. Se ciò non è avvenuto nella coscienza collettiva del popolo italiano, oltre che alle numerose altre cause da ricercare nella storia politica del nostro dopoguerra, lo si deve anche alla narrazione del_fascismo rimasta egemone fino ad anni recenti.  La prescrizione - quasi un diktat culturale - a raccontare il fascismo attraverso l'antifascismo, e dunque la tendenza di un intero popolo a identificarsi con la posizione simbolica della vittima, ha ostacolato l'assunzione di responsabilità narrativa indispensabile a fare i conti con il passato. Affinché ciò potesse avvenire, sarebbe stato indispensabile partire dal presupposto che noi, gli italiani, eravamo stati fascisti, che il fascismo era stata un'invenzione del nostro popolo, che il fascismo era stato e sarebbe rimasto non una deviazione dal suo corso regolare ma il momento centrale della nostra storia contemporanea. Qualora questa rivoluzione narrativa non fosse avvenuta, il fascismo sarebbe rimasto il grande rimosso della coscienza nazionale e, come in un racconto di spettri, avrebbe continuato a infestare la nostra casa comune. (…). E, se non vado errato, la recente cronaca politica mi sta purtroppo dando ragione. (…). (Tratto da “Fascismo e populismo” – Bompiani editore, 2023, pagg. 93, euro 12 - di Antonio Scurati).

“Il tempo rotto del fascismo”, testo di Marco Belpoliti pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 12 di gennaio 2024: Un migliaio di persone, radunate nel quartiere romano Tuscolano davanti alla ex sede del Movimento Sociale Italiano, ha salutato con il braccio destro teso e il grido “Camerati” tre giovani aderenti al Fronte della Gioventù uccisi 46 anni fa per ragioni politiche. Sono i cosiddetti “morti di Acca Laurentia” dal nome della via. Lo scatto in bianco e nero è un fermoimmagine pubblicato da questo giornale in prima pagina estratto da una breve ripresa che mostra il momento conclusivo della cerimonia. Si tratta di un’immagine che ricorda le adunate hitleriane piuttosto che di quelle mussoliniane del ventennio fascista. Esistono numerosi scatti fotografici che mostrano le folle in Germania negli anni Trenta del XX secolo mentre compiono il gesto del Sieg Heil: il braccio teso accompagnato nelle piazze da un urlo ritmico. Colta dall’obiettivo in quel preciso momento la folla radunata davanti alla ex sede neofascista somiglia a quella che Elias Canetti chiama “la scarica” in un breve capitolo del suo libro Massa e potere apparso nel 1960, indagine simbolica dei fenomeni sociali. Secondo lo scrittore austriaco Premio Nobel la scarica sarebbe il principale avvenimento all’interno della massa, quello che le dà forma e la istituisce come tale. Che sia composta da un milione di persone o da un numero più piccolo di individui, la massa si crea attraverso il medesimo atto: «All’istante della scarica i componenti della massa si liberano delle loro differenze e si sentono uguali». Le differenze, precisa Canetti nel suo saggio, sono quelle di rango, di condizione e di proprietà. Presi singolarmente gli uomini sono perfettamente coscienti delle loro diversità, che gravano su di loro e li forzano a staccarsi, scrive, ovvero a tenersi distanti. La vita nella sua quotidianità è “impostata sulle distanze”, eppure nella massa queste scompaiono di colpo: «Nella scarica si gettano le divisioni e tutti si sentono uguali». Questo è un meccanismo che il fascismo e il nazismo hanno attivato nel corso dei primi decenni del Novecento. In particolare il sistema hitleriano, guidato da figure demoniache come il ministro della propaganda di Hitler, Joseph Goebbels, ha cercato di sviluppare lo spirito gregario presente nelle masse. Vedendo il breve filmato, da cui è tratta questa fotografia, si è colpiti dal silenzio che precede il gesto collettivo e il contemporaneo grido, oltre all’allineamento militare delle file dei camerati. Il fermoimmagine – fotogramma d’un video – mostra l’attimo in cui le mani scattano all’unisono, una forma di adesione totale espressa col gesto del braccio teso. Una carica emotiva in cui ogni corpo si avvicina agli altri corpi e in cui «ciascuno è vicino all’altro come a sé stesso», scrive Canetti. L’effetto è una sorta di sollievo: in «quell’istante di felicità, in cui nessuno è di più, nessuno è meglio d’un altro, gli uomini divengono massa». Ovviamente questo non è vero solo per un raduno di tipo politico, come questo al Tuscolano, ma anche per altri riti collettivi che le società di massa sviluppano. Il saluto, sia individuale che collettivo, produce socialità, come ha scritto Tilman Allert in un suo libro intitolato Heil Hitler! Storia di un saluto infausto (il Mulino), opera che analizza la genesi e il significato del braccio teso nella Germania nazista. Dal canto suo il filosofo tedesco Hans Blumenberg, che da giovane ha conosciuto il nazismo, ha sottolineato come la tecnica stessa del saluto produca ovvietà «con l’implicazione che l’affidabilità che vi è contenuta serve a ciò che non è assolutamente ovvio». Tuttavia nel fermoimmagine c’è qualcosa di più inquietante: il braccio teso fa parte di un rito funebre. Questa fotografia ha un particolare valore non solo politico ma anche antropologico; esprime l’incapacità ad elaborare un lutto, a compiere un rito che consegni al passato un’esperienza storica tragica, a partire dalla sconfitta del Fascismo. Nella cerimonia davanti alla vecchia sede del Movimento Sociale Italiano del quartiere Tuscolano si legge un elemento di ossessività, una sorta di reiterazione che manifesta l’incapacità di elaborare il lutto di una perdita, che non è solo quella dei giovani neofascisti ma del fascismo stesso sconfitto nel corso della Seconda guerra mondiale, da cui sono rinate le democrazie occidentali in una parte dell’Europa. In un suo libro, La freccia ferma (1979) lo psicoanalista Elvio Fachinelli parte da un caso clinico di nevrosi ossessiva di un suo paziente, descritto come un tentativo individuale di annullare il tempo, per arrivare a definire il fenomeno collettivo del Fascismo utilizzando la medesima chiave interpretativa. Il fermoimmagine, questa quasi-fotografia, ci riporta davanti agli occhi un passato che non sembra passare, come se l’orologio collettivo di quel migliaio di persone radunate davanti alla sede dell’MSI si fosse irrimediabilmente bloccato. Nel suo saggio Fachinelli spiega la differenza che esiste tra le società arcaiche e quelle moderne. La sua attenzione si focalizza sulla società di massa in Europa dopo la fine della Prima guerra mondiale nel momento in cui si afferma il Fascismo come risposta alla vittoria mutilata e disperato tentativo di negare la “morte della patria”, tema che ritorna con la Repubblica di Salò. Fachinelli si domanda: perché nelle società tradizionali, quelle arcaiche e “primitive”, il lutto per la perdita si compie mentre nelle società moderne fondate sul potere ossessivo la medesima esperienza non viene elaborata? L’interrogativo che solleva questa immagine così remota e insieme così attuale è davvero preoccupante, ci mostra una parte del Paese che non sembra uscire da quel passato. La fotografia indica come il vero problema psicologico degli eredi del Fascismo storico sia quello di annullare il tempo, di bloccarlo in un eterno “allora”. Il neofascismo è, per usare l’espressione di Fachinelli, una “freccia ferma”: qualcosa che non evolve, che non si rinnova, che resta ancorato a un rito reiterato al cui centro c’è un’ossessione mortuaria e lugubre.

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