«Il saluto fascista a “guerra finita”», testo di Vittorio Occorsio pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 24 di gennaio ultimo: (…). Quello che abbiamo è soltanto l'"informazione provvisoria n. 1/2024" pubblicata sul sito della Suprema Corte. In essa si legge che "La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel c.d. 'saluto romano, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645 [legge Scelba, nda], ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto Pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”. Ma prosegue poi affermando che "a determinate condizioni "può configurarsi anche il delitto previsto dalla legge Mancino, che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, in quanto "i due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente”. Possiamo intanto osservare che non è scritto da nessuna Parte, in questo documento provvisorio che però è l'unico ufficiale, che lo svolgimento di manifestazioni fasciste "a soli fini commemorativi" non costituisce reato, come è stato, invece da più parti affermato svolgendo ricostruzioni volutamente semplicistiche della questione. Occorrerà dunque attendere il deposito delle motivazioni; della sentenza per capire la reale ampiezza della decisione delle Sezioni Unite e la loro scelta su dove porre il limite del reato. Ma da questo documento si può ricavare un indizio importante, che si apprezza avendo letto 1'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, questa sì interamente pubblicata, che aveva chiesto l'intervento del supremo organo affinché sciogliesse le diverse posizioni giurisprudenziali emerse sulla questione: se "saluto romano e il rito del "presente" siano da ricondurre all'art. 5 della legge Scelba del 1952 ("Chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie, pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire cinquantamila"); ovvero all'art. 2 della legge Mancino del 1993, che tramite un rinvio, a sua volta, alla legge del '75 che recepisce la Convenzione di New York del 1966 sull'eliminazione di tutte le forme discriminazione razziale, punisce chiunque "in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni o movimenti gruppi” che abbiano tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza. per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (tra cui rientrano, dunque, i movimenti fascisti). La legge Mancino, sia pur m maniera più indiretta, punisce - dice l'ordinanza di rimessione - un reato di pericolo astratto, mentre la legge Scelba punisce un reato di pericolo concreto. La differenza, in pratica, è che la legge Mancino svolge una funzione di tutela preventiva, e non richiede che le manifestazioni siano caratterizzate da elementi di violenza, ossia dal pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista. (…). In sintesi: alcune sentenze hanno ricondotto le manifestazioni - come quella svoltasi per la commemorazione di Acca Larenzia - a una legge (la Mancino) che sembra indirettamente più severa della legge Scelba. Ed ecco dunque che il documento provvisorio emanato dalla Cassazione viene ad assumere un significato particolarmente importante: perché in queste poche righe è scritto chiaramente che, secondo le circostanze concrete, questo tipo di manifestazione può essere ricondotto tanto alla legge Scelba quanto alla legge Mancino. Non vi è, tra esse, alcun rapporto di alternatività, e possono anzi cumularsi le relative pene. Si ampliano dunque le ipotesi di punibilità, e non, come invece è stato detto, si restringono. Questa è la reale, potente, innovazione di cui le Sezioni Unite si sono fatte portatrici. Poi vi è da considerare che la Cassazione, come organo di legittimità, non può entrare nella valutazione di merito, che rimarrà consegnata ai giudizi di primo grado. A tal proposito, ci saranno sempre delle situazioni in cui la manifestazione del "saluto romano" non concretizzerà reato, ma ciò non vuol dire che un comportamento che non sia reato sia anche socialmente positivo. Questa è un'altra delle storture che hanno assunto le letture di questo fenomeno giurisprudenziale. Reato o non reato, vedere i saluti romani come a una parata degli anni 20 o 30 è un fatto che desta inquietudine e preoccupazione, e anzi ancor di più quando si veda che non tutti sono inquieti e preoccupati di fronte a essi. Si è fatta molta confusione tra ritualità fasciste e commemorazione dei defunti. Voglio dirlo con chiarezza: le vicende di Sergio Ramelli, così come dei ragazzi di Acca Larenzia, ma anche dei tanti altri militanti di estrema destra, sono crimini di inaudita gravità, ancor più gravi perché compiuti senza un motivo che non fosse avere idee diverse da quei ragazzi; inoltre, come nel caso di Acca Larenzia, i colpevoli non sono mai stati presi, e questo è inaccettabile in uno Stato di diritto. E non avrei difficoltà a sottoscrivere petizioni per il ricordo di questi ragazzi e la condanna dei loro uccisori. Ma il ricordo non deve mai diventare incentivo all'odio. La memoria non legittima la vendetta e soprattutto non deve diventare lotta di parte. Lo so, la memoria è un esercizio difficile, soprattutto per i familiari e gli amici della vittima. Queste sono storie di ragazzi innocenti, morti per un ideale, ma non siamo più in guerra, e chi li ricorda, oltre alla responsabilità di tener viva la memoria e anche l'orgoglio dell'amicizia, ha però anche la responsabilità di non rinfocolare l'odio, di non diventare o dare l'idea di essere un gruppo pronto a farsi esercito di riscossa, come invece il rito del presente e il saluto romano richiamano. E vi è un'ultima considerazione. Il rito del presente e i saluti romani, tanti saluti romani, ahimè, si sono visti ai funerali di Pierluigi Concutelli: uomo spregevole, omicida conclamato, di mio nonno come poi di due "commilitoni" uccisi in carcere a mani nude (uno di essi, Mario Tuti, era responsabile della strage dell'Italicus, di cui quest'anno ricorrono i 50 anni -una delle tante pagine oscure d'Italia, come quella di Brescia, anch'essa del '74 e anch'essa imputabile a Ordine Nuovo, su cui è ancora in corso il processo). Quando Concutelli è morto da uomo libero, nel 2023, ci sono stati momenti simili a quelli fotografati ad Acca Larenzia. Ecco, il dolore immenso, per me quale parente diretto ma anche di tanti altri, è stato di vedere il silenzio della politica. Nessuno si è alzato a dire: NO! Eppure in quel caso non era una commemorazione di ragazzi innocenti, non c'era bisogno di attendere nessuna sentenza della Cassazione: era il funerale di un neo-fascista degli anni 70, che ha ucciso almeno tre persone innocenti. E in quel caso, con la commemorazione del defunto, si è commemorato anche il delitto.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
lunedì 29 gennaio 2024
ItalianGothic. 95 Vittorio Occorsio: «La memoria è un esercizio difficile, soprattutto per i familiari e gli amici della vittima».
(…). Settimane fa, tornando verso casa, un
tizio a spasso col cane, mai visto prima, mi riconosce, sbatte i tacchi, alza
il braccio e mi fa «W il duce!» (comunque "commemorando", quindi
lecitamente per la Cassazione), aspettandosi chissà che reazione da parte mia.
Il problema è che tanto era ridicola la scena, col cane accucciato a guardare
il padrone chiedendosi cosa avesse fatto di male per averne uno così, che sono
scoppiato a ridere. «Ammazza, così stai?», ho detto senza voltarmi, e ho
pensato a quanto dovesse essere piena la sua giornata dopo quel gesto ardito.
Lo scalpore internazionale destato dalla parata "commemorativa"
(quindi lecita per la Cassazione) di mille fascisti ad Acca Larentia è oggi
tale solo perché è palese l'assenza di differenze tra chi sfilava e chi oggi
governa. Ciò non toglie che da anni, ogni anno, vedo sfilare sotto le finestre
di casa quella che sembra la scena di un film in costume senza che nessuno
abbia mai avuto alcunché da obiettare. Giovani e meno giovani urlano slogan
fascisti come il bambino urla parolacce che non si dovrebbero dire ma le dice
per vedere l'effetto che fa. «Cacca, boia chi molla, piscia, duce,
vaffanculo... », siamo lì, il proibito eccita anche quando di proibito non c'è
più nulla e tutt'intorno ci si dà di gomito alzando romanamente il braccio.
Quella voglia di dirsi e atteggiarsi a fascista esce finalmente allo scoperto,
moda vintage del momento in cui ha rotto gli indugi anche chi comanda, ben
oltre la curva di uno stadio o le passeggiate col cane, ma sugli scranni più
alti delle istituzioni. L'importante è saperlo, cercando di far passare la
moda, proponendo alternative più eccitanti, utili e intelligenti a questo
governo commemorativo. La storia di questo Paese, per fortuna di tutti, ci ha
insegnato che è possibile. (Tratto da “Tanti saluti” di Diego Bianchi pubblicato sul settimanale “il
Venerdì di Repubblica” del 26 di gennaio 2024).
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