"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 20 gennaio 2024

Piccolegrandistorie. 64 Massimo Giannini: «C'è davvero un dio delle piccole cose, che a saperlo scoprire ci riserva grandi emozioni. Mi chiedo se noi lo abbiamo conosciuto, quel misterioso dio, e se sì quando lo abbiamo perso».

          Sopra. "Pub The Cricketers", penna e acquerello (2023) di Anna Fiore. 

Vitevissuteaibordi”. 1 “Gocce di felicità”, testo di Massimo Giannini pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 13 di gennaio 2024: (…). Wim Wenders ha detto una cosa che mi ha colpito: "È la storia di mister Nobody, un signor Nessuno invisibile alla gente, addetto alle pulizie delle toilette pubbliche di Tokyo, che vive un'esistenza modesta ma molto serena...". Questo signor Nessuno ha l'aria di essere il nuovo eroe dei nostri Tempi Grami. Come Henry Miller nella folgorante prima pagina di Tropico del cancro, anche lui non ha soldi, non ha risorse, ma è "l'uomo più felice del mondo". È povero, vive in un micro-appartamento dove ci sono solo un letto e un lavandino. La mattina suona la sveglia, lui esce e va a pulire i bagni, poi mangia un panino al parco, finisce il suo turno e rientra nel suo buco, dove coltiva le sue minuscole passioni: la musica, le piante, e poi un libro da leggere prima di addormentarsi. E il giorno dopo tutto si ripete, sempre uguale a se stesso. Wenders, che abbiamo amato come mai all'epoca di Paris, Texas e Il cielo sopra a Berlino, è un maestro della routine, che sa raccontare come pochi altri e che - come sostiene lui stesso - "non è necessariamente negativa, perché dà stabilità e libertà nel modo di vedere le cose". Non vi sembra meraviglioso, tutto questo?

Alla faccia delle tronfie celebrities - quelle sì, spesso autentiche nullità famose solo per essere famose - dovremmo amare gli eroi anonimi del giorno per giorno, capaci di spremere gocce di felicità dal poco che la vita gli offre. Mi ricordo altri Mister Nobody, che popolano il nostro immaginario letterario, artistico e cinematografico. Nel primo caso, mi torna in mente il formidabile Stoner di John Williams, che trascina i suoi giorni piatti senza mai uscire da Booneville, per quarant'anni con la stessa moglie, saltuari contatti con la sua amata figlia, due soli amici, uno dei quali morto in gioventù. Nel secondo caso, mi scorrono davanti agli occhi "i nottambuli" di Edward Hopper, il ritratto neo-realista di una donna e due forgotten men qualsiasi, seduti al banco di una spoglia tavola calda nella deserta notte americana. Nel terzo caso, mi rispunta dalla memoria lo strepitoso Paterson di Jim Jarmush, con un Adam Driver in stato di grazia che presta il suo quieto faccione a un autista di trasporti pubblici, protagonista di un'esistenza mediocre e monotona nella sua cittadina del New Jersey, fatta di riti quotidiani minimi, la guida dell'autobus, il pasto su una panchina davanti alle Great Falls, la cena frugale con la moglie Laura, le passeggiatine col cane Marvin, la birra al solito Shades Bar, e le poesie di poche righe scritte su un taccuino nelle pause tra un nulla e l'altro. È pieno il mondo, ed è piena anche l'Italia di persone così. Vecchie e nuove "casalinghe di Voghera", che solo Alberto Arbasino ha saputo vedere e celebrare. Oppure moltitudini di Ragionier Fantozzi, che quel genio di Paolo Villaggio ha saputo immortalare e che oggi stiamo faticosamente riscoprendo, nelle pieghe della disuguaglianza economica che dilaga e dello strapotere finanziario che comanda. Noi non ne sappiamo niente, di questi Nessuno. Ci scorrono davanti e ci scivolano addosso come la pioggia. Ed è un peccato. Perché è da quella gente che dovremmo imparare. Perché c'è davvero un dio delle piccole cose, che a saperlo scoprire ci riserva grandi emozioni. Mi chiedo se noi della pingue generazione dei boomers lo abbiamo conosciuto, quel misterioso dio, e se sì quando lo abbiamo perso. E poi mi chiedo anche se i millennials, i giovani inquieti di quest'era da solitari interconnessi, hanno mai provato a cercarlo, nei giorni vuoti che non sanno più affrontare e che spesso riempiono di violenze, reali e virtuali, nelle quali affogano la fantasia perduta o mai avuta. Non ho una risposta, ovviamente. Ma sento che la domanda c'è, ed è opprimente. Forse addirittura dirimente, per una politica che dovrebbe ricucire in fretta la tela strappata del disagio e della marginalità sociale.

Vitevissuteaibordi”. 2 "Message in a bottle", testo di Concita De Gregorio pubblicato sullo stesso numero del settimanale "d”: (…). Cominciamo dalla fine. Un uggioso martedì di aprile del 2015 due pensionati tedeschi passeggiano sulla battigia di una spiaggia sull'isola di Amrum, Germania, Mare del Nord. Sono Marianne e Horst Winkler. Fra le alghe e i detriti trasportati a riva dalle onde vedono una vecchia bottiglia di vetro molto opaca che sembra contenere qualcosa. È un foglio su cui si legge, in inglese, break. La rompono con un sasso e spiegano il biglietto arrotolato. C'è scritto a macchina, in varie lingue, questo: "Chiunque trovi questo foglio è pregato di scrivere su una cartolina data e luogo del ritrovamento e spedirla a George Parker Bidder, laboratorio marino di Plymouth, Inghilterra. Riceverà come ricompensa uno scellino d'argento". La data sul biglietto è 1908. Futuri esami chimici lo confermeranno e questo ritrovamento entrerà nel Guinness dei Primati come la più antica bottiglia con messaggio mai rinvenuta in mare. Un viaggio lungo 107 anni. George Parker Bidder, nato a Londra da ricca aristocratica dinastia, era un biologo marino che studiava le correnti. Lo faceva anche attraverso la ricostruzione del cammino delle sue bottiglie, che affidava al mare a centinaia. Alla fine dell'Ottocento la sua università, Cambridge, lo manda a Napoli a lavorare all'Acquario Reale. La storia dell'Acquario è una storia nella storia, la raccontiamo un'altra volta. George risiede stabilmente in un bellissimo albergo che guarda sul mare, la vista abbraccia il golfo di Napoli: il Tramontano Beaurivage. Ama la città, il suo lavoro, questo posto. Non se ne andrebbe mai. Un giorno bussano alla sua stanza: un ufficiale giudiziario gli comunica che sta sgomberando l'hotel, è stato perso al gioco ed è sotto sequestro per debiti perciò anche lui deve andarsene. Segue una conversazione (…) che si apre con l'ufficiale che chiede lo sgombero "per la mezza" e si chiude con Parker Bidder che chiede al direttore dell'albergo a quanto ammonti il debito. "Bene. Metta l'albergo sul mio conto. Ora vi chiederei di lasciarmi riposare". Metta l'albergo sul mio conto è una frase obiettivamente memorabile. Nel suo testamento Parker dispone che l'hotel sia ereditato dal direttore e così accade. È poi nei decenni passato di mano in mano, amato e frequentato da Eduardo De Filippo, Vittorio de Sica, Anna Magnani. È stato infine riacquisito da una famiglia di imprenditori del luogo. La terrazza è uno dei luoghi più romantici della città e dunque del mondo. Ancora oggi, al Grand Hotel Parker's di Napoli, gli ospiti trovano in stanza una bottiglia di vetro con la copia di quel messaggio del 1908 e l'invito di consegnarlo alla reception. Ricevono, quelli che lo fanno, la copia di uno scellino d'argento come dono di congedo.

Nessun commento:

Posta un commento