“L’art. 3 della
Costituzione naufragato”. Ha scritto Diego Bianchi in “A buon mercato” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di
Repubblica” del 12 di gennaio 2024: «Vedi là sotto? Se guardi bene c'è una persona
che dorme. Là ce ne è un'altra. Sono persone
che non hanno casa e dormono in mezzo alla strada dove vendono la merce per
sopravvivere». La sagoma della persona che mi indica
Edoardo,"mercataro" di 70 anni, è a malapena distinguibile, confusa
com'è nella montagna di rifiuti che tracima dai cassonetti vicini, e la merce
che di lì a pochi minuti si proverà a vendere. In realtà è proprio il confine
tra rifiuti e merce ad essere indistinguibile. «Le cose che vendo le prendo per
lo più dai cassonetti», dice Edoardo, «buttano cose rotte, le prendo e le
aggiusto, come questa bilancia. Se la vendo sarà a mezzo euro, due euro
massimo, a cinque è impossibile. Purtroppo siamo in quest'epoca, costretti a
vivere così perché non ce la facciamo, è un periodo troppo triste». Sono le 5
di mattina, è buio e fa freddo al mercato dell'usato dell'Albergheria, Palermo,
costola del più turistico mercato di Ballarò. Edoardo, ex operaio che vive di
questo e della sua pensione minima da 500 euro («quella dei poveri»), espone la
sua poca merce sul marciapiede davanti alla chiesa ancora chiusa. Il cartello
che annuncia la Ztl è storto, le illuminazioni di Natale sono ancora operative,
ma quelle più vispe sono le luci delle torce di chi allestisce le bancarelle e
dei primissimi avventori. Livio, rumeno, in Italia da 23 anni, sulla bancarella
ha soprattutto gabbiette per gli uccelli, ma i primi 5 euro di giornata li fa
vendendo un superalcolico, alle 6 di mattina. Giovanni, ex detenuto, ha appena
perso il reddito di cittadinanza e vende piatti e bicchieri. Carmela, 57 anni,
vende vecchi computer abbandonati e aggiusta joystick rotti della PlayStation.
Niente in questo mercato costa più di 5 euro, quasi tutto va via a meno di 2.
Il mercato dell'Albergheria esiste dal 1995, ingrandendosi e
"arricchendosi" negli anni di nuove povertà. Da sempre irregolari e a
rischio sgombero, spesso additati come ricettatori, i "mercatari"
vogliono essere regolarizzati per vivere del proprio lavoro evitando
scorciatoie pericolose. Si sono riuniti per questo in associazione (Sbaratto,
il nome) e con residenti e varie realtà del territorio tra cui il comitato di
quartiere Sos Ballarò, l'università e i suoi studenti, hanno fatto rete
proponendo idee di rigenerazione urbana e contrasto alla povertà, valutando
l'impatto ecologico del tutto. I mercatari (nessuno degli italiani con cui ho
parlato vota più da anni) sono in attesa di risposte dalle istituzioni,
rovistando tra i rifiuti da riciclare per tirare a campare in quest' «epoca
triste», ogni anno di più.
“Senza
giusto reddito non c’è dignità”, testo di Luca Sommi pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 16 di gennaio ultimo: (…). "Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale", inizia così (…) l’art. 3 della nostra
Costituzione. Dunque già dall'inizio la nostra Carta usa questo sostantivo:
"dignità". Parola che sottende tante cose, (…), ma soprattutto rimarca
un principio fondamentale del grande progetto di convivenza sociale che essa è:
ci dice che tutti i cittadini e le cittadine della Repubblica - oltre a poter
vivere, appunto, in modo dignitoso - hanno il diritto di iniziare la loro
esistenza dallo stesso punto di partenza: poveri, ricchi, sfortunati,
fortunati, per la Costituzione siamo tutti uguali e tutti, belli e brutti,
dobbiamo poter seguire le nostre ambizioni dallo stesso trampolino sociale.
Come dire che il valore della dignità umana possa addirittura trascendere la
dimensione giuridica per rincorrere, invece, la più nobile vocazione universale
dei diritti dell'uomo. Nella Costituzione italiana, infatti, il concetto di
dignità è stato ancorato a una dimensione sociale attraverso principi
innovativi e fra loro complementari. Due esempi: l'uguaglianza sostanziale, in
connessione con il principio di solidarietà, o il diritto al lavoro, posto a
fondamento della stessa democrazia repubblicana nel suo primo articolo. L'art.
3 poi prosegue rafforzando questo concetto estendendolo ad altri ambiti della
vita, ad altre (…) "dignità": tutti i cittadini "sono eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Pensate a come è moderna la nostra Costituzione, non fa distinzione trai suoi
cittadini e le sue cittadine per nessun aspetto del nostro vivere sociale. Poi
è vero che i princìpi vanno applicati, ma questo è un altro discorso. Andiamo
avanti, il secondo comma dell'art. 3 è uno dei più belli dell'intera Carta,
scritto con la grazia di una poesia e il contenuto fa venire i brividi ogni
volta che lo si legge. Recita così: "È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese". Cominciamo dall'inizio dicendo
che la Costituzione è una norma dispositiva, ossia che non contiene
prescrizioni né obblighi ma, semplicemente, disegna la "carta topografica"
morale e istituzionale del nostro Paese. Tuttavia questo secondo comma esorta,
quasi obbliga, qualcuno a fare qualcosa: e non esorta i cittadini bensì la
stessa Repubblica, figlia dei suoi articoli, a rimuovere gli ostacoli sociali
che impediscono a una persona di ambire ai propri sogni, di rincorrere, come
detto, le proprie ambizioni. Se c'è qualcosa che impedisce a un cittadino o a
una cittadina di sviluppare le proprie potenzialità - la propria persona -
bene, questo deve essere rimosso dagli organi costituzionali, legislativo ed
esecutivo in primis. Quindi la promozione della dignità della persona umana
permette di cogliere lo spirito e l'essenza dell'intera Costituzione. La
dignità sociale evocata dall'art. 3 trova piena corrispondenza nel primo comma
dell'art. 36 della stessa Costituzione. Eccolo: "Il lavoratore ha diritto
a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in
ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e
dignitosa". Torna la dignità sotto forma di aggettivo,"
dignitosa", riferito alla vita del lavoratore ma non solo, anche a quella
della sua famiglia. In sostanza la Carta stabilisce che la retribuzione,
qualunque essa sia, deve garantire dignità al nucleo familiare del lavoratore. Fa
riflettere molto questo comma sul fatto che questo principio sia totalmente, a
oggi, disatteso. E perché? Perché in Italia esistono dei contratti pattuiti tra
le parti sociali, ossia non quei contratti cosiddetti "pirata", che
stabiliscono una retribuzione oraria di 5 o 6 euro lordi all'ora. Sono i contratti
"fiduciari": guardiania, sorveglianza, guardaroba, etc. E una paga oraria
di 5 euro lordi all'ora per otto ore fanno 40 euro lordi: cifra che non
garantisce una vita dignitosa a nessuno in questo momento storico abbracciato
mortalmente da inflazione e carovita a livelli che non si vedevano da tempo. Anzi,
in un momento storico di stagflazione (stagnazione+inflazione) 40 euro lordi al
giorno contraddicono il dettato costituzionale, dunque questi contratti
sarebbero anticostituzionali - il condizionale è d'obbligo visto che nessuno
solleva la cosa davanti alla Corte. E un governo come questo di Giorgia Meloni
ha rifiutato la proposta delle opposizioni di fare una legge sul salario minimo
a 9 euro (in Germania attualmente è a 12 euro) adducendo come giustificazione
il fatto che spetta alla contrattazione collettiva questo compito. No, non è
così, perché la Costituzione, come detto, esorta la Repubblica a rimuovere gli
ostacoli anche di carattere economico che impediscono il pieno sviluppo della
persona e garantisce una retribuzione che permetta una vita dignitosa, ergo
spetta alla Repubblica, non ai corpi intermedi rappresentanti di questa o
quella categoria. Anzi, proprio dove non arriva la contrattazione collettiva
deve arrivare lo Stato, ce lo dice la Costituzione stessa! Se a questo
aggiungiamo che il governo Meloni ha tolto un ammortizzatore sociale come il
Reddito di cittadinanza - temporaneo come ogni strumento di questo tipo - senza
trovare un'alternativa efficace, ecco che milioni di famiglie si trovano sulla
soglia della povertà, che tradotto vuol dire non avere la possibilità di
riempire i piatti di pranzo e cena per l'intero mese, per tutta la famiglia. Ed
è forse anche per questo che la nostra Costituzione è
così bella, perché sembra rivolgersi direttamente a noi e dirci: "Non
abbiate paura, ci sono qui io a proteggervi". O a riempirvi il piatto
della cena. A patto che il governo la ascolti.
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