“Pensieriniperilprimodell’anno”. 2 Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli», recita Meloni, nel suo comizio di fine mondo e fine Atreju. Si prende tutte le pause del caso, si appoggia sul fiato sospeso del pubblico che la venera, guarda negli occhi le prime file tracimanti di ministri e lacchè, infine scioglie la tensione di chi si sentiva già ghermito, prossimo alle catene. «Tolkien aveva ragione, l'anello del potere ti lusinga, cerca di farti perdere il senso della realtà, ma più forte di quell'anello c'è una compagnia che ti accompagna». La compagnia in questione a quelle parole finalmente si rilassa e applaude a scroscio convinta che lei, Meloni, non avrà mai bisogno di compagnia migliore. Del resto, che mondo sarebbe, ma soprattutto, che governo sarebbe senza Tolkien, e che ne sarebbe di quella compagnia che sembra aver fatto del book crossing (lasciare un libro già letto a disposizione di altri) la pratica principale per l'assalto all'egemonia culturale finalmente contesa, anzi strappata, all'odioso snobismo di sinistra? Che dopo i tentativi di intestarsi Dante o Manzoni sia dunque un britannico l'alfiere dell'orgoglio italiano in parata è, tutto sommato, incoerenza di poco conto, soprattutto se il ministro competente, per esaltare il pensiero dell'autore cui ha perfino dedicato una mostra, parla di "valori di umanità e solidarietà", non esattamente i primi che vengono in mente pensando al governo attuale. Stando dunque ai comizi e alle frasi da Wikipedia utili per i primi, non si capisce se Tolkien sia stato travisato da chi lo declama come dopo aver scartato un bacio Perugina o sfogliato la Smemoranda, o se il fantasy sia genere che trascende davvero tutto al punto da negare se stesso nel momento in cui viene traslato sul reality politico. Non si capisce soprattutto perché Tolkien abbia sfrattato dal Pantheon sovranista ogni altro autore possibile. Di certo c'è che io, purtroppo, Tolkien non l'ho mai letto, e se agli hobbit e agli elfi non ho mai trovato ragione per appassionarmi nemmeno ben prima che Gandalf divenisse carne da Atreju, dopo un anno di esasperanti spoiler meloniani la voglia di colmare la lacuna si è oltremodo affievolita (e se a nulla sono valse serie tv e film di successo, dubito mi convinceranno le mostre dedicate). Dell'ignoranza, diversamente da buona parte di classe dirigente contemporanea, non ho mai fatto vanto: solo rammarico, quando non senso di colpa. Il problema è che ho ancora tanto da leggere prima di conoscere Frodo e so già che difficilmente ce la farò. Sicuramente, non con questo governo in carica. (Tratto da “Gandalf di governo” di Diego Bianchi pubblicato sullo stesso numero del settimanale “il Venerdì di Repubblica”).
“Pensieriniperilprimodell’anno”. 3 (…), la destra antifascista (…) appartiene alle memorie del secolo scorso. La conosco bene, anche per ragioni familiari: nella borghesia colta e tra i signori il fascismo era considerato, prima ancora che violento, volgare e incolto. Ma si trattava, soprattutto in Italia, di una stretta minoranza, un’élite travolta dagli eventi. Dice la storia (o narra la leggenda) che la vecchia Krupp, saputo che a cena nella sua magione c’era Adolf Hitler, non volle scendere dai suoi appartamenti perché considerava il Führer un cafone e un parvenu. (Cosa che non impedì certo ai Krupp di fare affari d’oro fornendo quantità esorbitanti di acciaio per gli armamenti del Reich). In uno dei miei purtroppo tradivi incontri con Montanelli, il vecchio Indro, già in piena diaspora anti berlusconiana, mi disse che il borghese, così come il proletario, erano figure mitologiche del ’900 che la storia aveva cancellato (…). Quanto accaduto da allora a oggi è una conferma sostanziale di questa tesi: il populismo ha ben poco a che fare sia con la borghesia sia con la classe operaia. È l’espressione di un nuovo rancore interclassista, massificato e smemorato, sprovvisto di una propria autonoma cultura “di classe”, direi di un proprio “stile” (Marx avrebbe detto: piccoloborghese, ma anche questa è una categoria del passato). La destra liberale, quella per la quale votava mio padre, non amava gli eccessi. Stimava il benessere, diffidava del lusso. Valutava la medietà del borghese, compreso il suo understatement, come la condizione ideale per essere davvero signori. Difficilmente, dunque, il miliardario poteva essere visto come un signore. E ancora non si erano visti i mega padroni di oggi, cento volte più ricchi, potenti e vanitosi di quanto sia accaduto nel secolo scorso. Mio padre fece in tempo a detestare Berlusconi, mi chiedo che cosa avrebbe detto di uno come Musk. Credo che si debba risalire ai secoli precedenti la Modernità per trovare una venerazione popolare così diffusa per lo straricco. Musk, alla festa dei populisti italiani, non ha fatto che raccogliere l’adulazione, già scontata, che i nostri tempi riservano a quelli come lui. (Tratto da “Il populismo non ha classe” di Michele Serra pubblicato sullo stesso numero del settimanale “il Venerdì di Repubblica”).
“Pensieriniperilprimodell’anno”. 4 (…). …un basilare principio del buon riformismo è che bisogna combattere la povertà, non la ricchezza. È giustissimo: se hai guadagnato tanto faticando, se paghi le tasse e rispetti le leggi, nessuno ti può lapidare per questo. Ma c’è un limite alla dignità e alla decenza, e quel limite ce lo siamo già bevuto da un pezzo. Colpa anche nostra, che accettiamo tutto e che contribuiamo alle mostruose contraddizioni della modernità. La beneficenza rapinosa di Chiara Ferragni ci ha mandato di traverso il pandoro di Natale: si è scusata via social del suo «errore di comunicazione» pubblicitaria, per nascondere il dolo della sua appropriazione indebita che forse – insieme alla nostra deficienza di webeti adoranti – è stato l’artifizio grazie al quale ha costruito la sua ricchezza fondata sul nulla. La munificenza pelosa di Elon Musk è stata il dito nell’occhio alla kermesse di Atreju: si è presentato ai festosi Fratelli d’Italia con uno dei suoi 11 eredi sulle spalle dicendo «fate più figli», proprio lui che da quando ha comprato l’ex Twitter (ora X) dall’ottobre 2022 ha licenziato 36 dipendenti al giorno. Sono un cieco pauperista. E anche un bieco qualunquista. (…), non sopporto più che 81 miliardari detengano più ricchezza dei quattro miliardi di persone che rappresentano la metà più povera della popolazione mondiale (dati Oxfam). Mi indigna sapere che l’1 per cento più ricco dell’umanità è responsabile di più emissioni di C02 di quella imputabile al 66 per cento più povero. Mi inquieta pensare che se uno guadagnasse diecimila dollari alla settimana, dovrebbe lavorare dal giorno della nascita di Gesù fino ad oggi per arrivare a un miliardo. Musk, nuovo eroe dei patrioti de’ noantri, di miliardi ne ha oggi 220,2 (classifica Forbes): chiunque di noi volesse eguagliare il suo patrimonio netto dovrebbe aver cominciato a lavorare dalla comparsa sulla Terra dell’uomo di Neanderthal. Bill Gates, di miliardi, ne ha “solo” 104, e con la sua Fondazione fa almeno molte donazioni. Ma da solo inquina il Pianeta manco fosse la Exxon, con una flotta imponente di jet privati e una “villetta” vista lago Washington (6 cucine, 24 bagni), adagiata su bianchissima sabbia fatta arrivare su enormi chiatte direttamente dai Caraibi. Detto questo, scusate, mi ritiro in buon ordine: vado a controllare quanti nuovi follower ho conquistato con questo pezzo. E come diceva Checco Zalone: grazie, pancia del Paese. (Tratto da “Anche i ricchi ridono” di Massimo Giannini sempre sullo stesso numero del settimanale “il Venerdì di Repubblica”).
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