Ha scritto Tomaso Montanari in “Raggi di speranza” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 29 di dicembre dell’anno 2023: (…): tale è il senso di smarrimento verso un futuro prossimo che si annuncia come una prosecuzione dei disastri del presente. Guerre, apocalisse climatica, diseguaglianze abissali, governi neofascisti, caduta a picco del discorso pubblico... Non mancano le ragioni di pessimismo, ed è forte la sensazione di essere appunto inghiottiti da un indistinto e minaccioso mare di nebbia. E tuttavia quell'opera simbolo del Romanticismo (“Viandante di fronte al mare di nebbia” di Caspar David Friedrich n.d.r.) enfatizza in modo iper-retorico la nobile grandezza del singolo viandante (ovviamente maschio e altoborghese), accentuando un titanismo individuale che è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno: il superuomo è sempre un rimedio peggiore del male. Al contrario, (l)'altro dipinto dallo stesso autore (“Le bianche scogliere di Rugen” n.d.r.), apre una prospettiva decisamente diversa. Tre viaggiatori, e non uno solo, si affacciano a un paesaggio che, certo, è vertiginoso e inquietante nel precipizio che si apre e nei minacciosi picchi di roccia, aguzzi come coltelli. Ma il mare, nella sua vitalità inquieta, riverbera i raggi del sole, ed è solcato da vele bianche che parlano, malgrado tutto, di una speranza di approdo. Il quadro ha un movente auto-biografico: Caspar ritrae se stesso, con il fratello e la moglie appena sposata, durante il viaggio che portava quest'ultima a conoscere i suoceri. Quell'apertura verso un paesaggio sublime e terribilmente vasto, ma anche luminoso, è una sorta di traduzione visiva di quella situazione di costruzione speranzosa del futuro. Esiste anche un'esegesi simbolica del quadro: la donna vestita di rosso sarebbe la Carità, l'uomo inginocchiato la Fede e quello che guarda verso l'orizzonte la Speranza. Una singolare versione romantica e laica delle tre virtù teologali. Ed è qui che si capisce che forse è proprio l'opera giusta per affacciarci al nuovo anno: non con l'aspettativa di ricevere amore, fiducia e speranza, ma anzi con l'impegno di ciascuno a esercitare anche unilateralmente queste tre virtù. Con tutta l'apprensione, e anche con il sano scetticismo, di chi sa ormai cosa aspettarsi dal resto del viaggio, ma anche con la gioia di vivere che può dare il sole caldo sul viso, in una giornata fredda intorno al solstizio d'inverno. Quando ormai è chiaro che no, anche quest'anno, le tenebre non hanno, malgrado tutto, prevalso.
“Non illudetevi. Anche nel 2024 nulla cambierà”, testo di Ray Banhoff pubblicato sul settimanale “L’Espresso del 29 di dicembre dell’anno 2023: «Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando». Dite la verità che ci sperate tutti. Anno nuovo, vita nuova. Invece, sotto c'è sempre l'insidia che niente cambi veramente. Me ne sono reso conto l'anno scorso quando, a gennaio, ho iniziato ad appuntarmi in agenda gli avvenimenti importantissimi che accadevano tutti i giorni. Solo a metterli in fila c'era da rimanerne impressionati. Mi ero fatto l'idea di montarci un progetto editoriale, un piccolo libro di testi e foto, un racconto come quei fantastici volumi enciclopedici tipo "1994. Libro dell'anno", che mio padre non vuole assolutamente butti via per fare spazio ad altri volumi. Ogni singolo giorno sembrava il più importante da un sacco di tempo. Sentivi il grande passo della Storia scandire il tempo, sentivi di farne parte. Faccio un po' di esempi: 31 dicembre, morte di papa Ratzinger (lo inserisco per prossimità di ore al 2023); 6 gennaio, morte di Gianluca Vialli; 8 gennaio, il Brasile preso d'assalto dai sostenitori di Jair Bolsonaro (si temeva il colpo di Stato); 15 gennaio, viene ufficializzata la presenza di Volodymyr Zelensky a Sanremo; 16 gennaio, arresto di Matteo Messina Denaro; 18 gennaio, diventa virale la storia della bidella che fa Napoli-Milano ogni giorno. Sono solo alcuni degli eventi del mese di gennaio 2023, ma fanno un certo effetto messi in fila. Ero partito con tutte le buone intenzioni su questo progetto, mi immaginavo a presentarlo nelle librerie di tutta Italia, ma già a febbraio avevo calato l'intensità con cui appuntavo gli eventi. Succedevano cose importanti, sì, ma avevo sempre meno voglia di continuare, a dire la verità me ne scordavo. Ero troppo distratto dal fare parte di quell'anno, dal conoscere persone o dare una direzione alla mia vita. Non avevo tempo di fare l'amanuense, infatti nel diario ci sono dei vuoti, poi ogni tanto uno sprazzo. Che ne so: 26 febbraio, Elly Schlein diventa segretaria del Pd (mi parve importante, vedete a volte la fretta?). Così un giorno smisi. Solo quando morì Silvio Berlusconi mi tornò in mente che avrei dovuto scrivermi la data, ma ormai era troppo tempo che non lo facevo e, preso dal senso di colpa, evitai. Il mio progetto era naufragato. Eppure adesso, come ogni anno, rischio di cascarci e mi dico: e se lo riprendessi in mano? Solo gli eventi delle ultime settimane sono clamorosi: Elon Musk ad Atreju, Chiara Ferragni e la storia della beneficenza. Il progetto è lì, che mi fissa, ma già so che non lo seguirò. Mi viene in mente una canzone di Manuel Agnelli: «I geniali progetti che sono tutti uguali / ed i geniali discorsi diventano banali / ma la cosa più strana, della nostra vita è che ci scivola tra le dita». Alla fine dell'anno abbiamo tutti questa smania di progettare in vista del nuovo inizio, ma l'1gennaio continui solo quello che avevi cominciato il 31 dicembre. (…). Non abbiamo bisogno di grandi progetti per gennaio. Abbiamo bisogno di grandi progetti per la vita, questo scriveteci in agenda. Buon anno.
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